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Mercoledì 16 GENNAIO 2019
Cassazione. Errore medico: va sempre considerata  la distinzione tra colpa lieve e colpa grave

Per la Cassazione il sistema delle linee-guida dà al medico la legittimità a essere giudicato sulla loro base. In base a questi principi la suprema corte (sentenza 412/2019) ha annullato le condanne penali di tribunale e Corte di Appello perché prescritte, ma anche quelle civili relative a tre medici accusati di omicidio colposo per il decesso di un paziente. LA SENTENZA,

La responsabilità medica e l’adesione alle linee guida sono fondamentali nel giudizio di responsabilità per il quale va ricordato che è ancora attuale e valida la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia nella fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate al caso.

Per i giudici va considerato che la colpa lieve per imperizia esecutiva è idonea a delimitare l'area di irresponsabilità del professionista sanitario.

In base a questi principi la Cassazione (sentenza 412/2019 della IV sezione penale) ha annullato le condanne penali del tribunale e della Corte d’Appello perché prescritte, ma anche quelle civili relative a tre medici – uno operatore, il secondo aiuto e il terzo anestesista rianimatore – accusati di omicidio colposo per il decesso di un paziente.

Il fatto
I tre medici avrebbero provocato la morte di un paziente sottoposto ad intervento chirurgico di innesti ossei con impianti in titanio. In particolare, gli imputati avrebbero omesso di procedere alla estubazione protetta del paziente per ridurre al minimo il rischio di spasmi glottidei da risveglio, a fronte di intervento eseguito in anestesia totale di lunga durata con prolungata apertura della bocca; e, all'insorgenza di spasmi glottidei, omettevano di eseguire una corretta tracheotomia chirurgica ed eseguivano una inidonea incisione alla base dell'epiglottide, a monte della sede del fenomeno ostruttivo, rendendo inevitabile la morte del paziente per asfissia, intervenuta durante il trasporto in ambulanza dalla clinica al Pronto soccorso dell'ospedale.

La sentenza
La sentenza ha ricordato prima di tutto che è ancora attuale e valida la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia nella fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate al caso.

Per la Cassazione non può non considerarsi che la colpa lieve per imperizia esecutiva, in determinate situazioni, può delimitare l'area di irresponsabilità del professionista sanitario.

La Corte ha poi ribadito che le linee guida costituiscono un sapere scientifico e tecnologico codificato e rappresentano un utile parametro per orientare le decisioni terapeutiche e che è proprio su questa base che l'articolo 5 della legge 24/2017 ha regolato i meccanismi di esercizio delle professioni sanitarie.

La legge 24/2017 ha costruito un "sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell'attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme, appropriato, conforme ad evidenze scientifiche controllate" e ha imposto al professionista sanitario di attenersi alle raccomandazioni con gli adattamenti al caso concreto.

Questa regola però dà anche al medico "la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli".

La Cassazione, si legge nella sentenza, “ha evidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi lettura della rilevanza dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel processo penale, non può avere l'esito di accreditare l'esistenza, nella regolazione processuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione del convincimento del giudice; che il ricorso a competenze specialistiche con l'obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi dell'uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti ad impulso del giudicante e a formazione progressiva; e che la valutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi causali imposti dalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e conformità alle regole della logica dimostrativa dell'opinione espressa dal giudice di merito, quale approdo della sintesi critica del giudizio”.

Il sapere scientifico quindi costituisce uno strumento indispensabile per il giudice di merito e “deve rilevarsi che, non di rado, la soluzione del caso posto all'attenzione del giudicante, nei processi ove assume rilievo l'impiego della prova scientifica, viene a dipendere dall'affidabilità delle informazioni che, attraverso l'indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo”.

La sentenza sottolinea che “la distinzione tra culpa levis e culpa lata aveva acquisito una nuova considerazione alla luce della disposizione, in tema di responsabilità sanitaria, che era contenuta nell'oggi abrogato art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ove era tra l'altro stabilito: ‘L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve’”.

Quindi, la novella del 2012 aveva escluso la rilevanza penale della colpa lieve, rispetto alle condotte lesive coerenti con le linee guida o le pratiche terapeutiche mediche virtuose, accreditate dalla comunità scientifica.

“In particolare – si legge ancora nella sentenza -  si era evidenziato che la norma aveva dato luogo a una abolitio criminis parziale degli artt. 589 e 590 cod. pen., avendo ristretto l'area penalmente rilevante individuata dalle predette norme incriminatrici, alla sola colpa grave. I concetti di colpa lieve e di colpa grave erano poi destinati ad intrecciarsi con l'ulteriore questione, posta dalla novella del 2012, afferente all'impiego in sede giudiziaria delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”.

“Si era, invero, osservato – prosegue la Cassazione - che alle linee guida accreditate doveva assegnarsi valenza di direttiva scientifica per l'esercente le professioni sanitarie; e la loro osservanza costituiva uno ‘scudo protettivo’ contro istanze punitive non giustificate”.

La Cassazione, ricorda la sentenza, “aveva chiarito che le linee guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, in modo che possa costituire un'utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche”.

E la sentenza chiarisce che “la legge 24/2017 regola specificamente le modalità di esercizio delle professioni sanitarie, muovendo da tale alveo interpretativo. La norma stabilisce, infatti, che ‘Gli esercenti le professioni sanitarie .... si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida’ accreditate, espresse cioè da istituzioni individuate dal ministero della Salute”.

Tali linee guida – prosegue la sentenza - sono sottoposte a verifica dell'Istituto superiore di sanità in ordine alla conformità a standard predefiniti ed alla rilevanza delle evidenze scientifiche poste a supporto delle raccomandazioni. In mancanza di tali raccomandazioni, i professionisti si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali”.

“Il legislatore del 2017 – spiega ancora la sentenza -, con scelta sovrana, ha ritenuto di limitare l'innovazione alle sole situazioni astrattamente riconducibili alla sfera dell'imperizia. Sono così state troncate, per il futuro, le incertezze verificatesi nelle prassi, anche quella di legittimità, in ordine all'applicabilità della legge n. 189/2012 alle linee guida la cui inosservanza conduce ad un giudizio non di insipienza tecnico-scientifica (imperizia) ma di trascuratezza, e quindi di negligenza. L'art. 590 sexies cod. pen., si applica solo quando sia stata elevata o possa essere elevata imputazione di colpa per imperizia. Non di meno, ove a carico dei sanitari, per il fatto lesivo verificatosi nel cao di specie, emergano nel giudizio di rinvio profili di colpa per negligenza, può assumere rilevanza il riferimento alla n. 189/2012, in quanto legge più favorevole, ai sensi dell'art. 2, comma 4, cod. pen. Le Sezioni Unite, infatti, hanno chiarito che l'art. 3, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, oggi abrogato, risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario commessi prima della entrata in vigore della novella del 2017, connotati da negligenza o imprudenza con configurazione di colpa lieve, che, per il citato decreto Balduzzi, erano esenti da responsabilità in caso di rispetto delle linee guida o delle buone pratiche accreditate”.

“In conclusione – termina la Cassazione - la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. La medesima sentenza viene annullata agli effetti civili, ex art. 622 cod. proc. pen., con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, per nuovo giudizio, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati”.

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