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Lunedì 14 GENNAIO 2019
Contro l'alcol non serve il terrorismo mediatico



Gentile Direttore,
in materia di alcol e salute tanti sono gli sproloqui che si leggono e sentono in giro, sia nella divulgazione dei mass media sia nella letteratura istituzionale, ad opera di sedicenti esperti che pontificano disinvoltamente e più o meno apertamente portano avanti politiche di cattiva informazione le quali  talora addirittura demonizzano l’alcol etilico  ed implicitamente ne caldeggiano l’eradicazione dalla faccia della terra.
 
Chiunque conosca e pratichi l’Alcologia laica sa che non c’è bisogno di ricorrere al terrorismo mediatico per educare la gente ad un uso responsabile ed adeguato di bevande alcoliche, posto che certamente l’alcol è un cancerogeno di classe A e che anche se bevuto da soggetti perfettamente sani ed in quantità minime, ma  prima di guidare, lavorare ed espletare qualsiasi attività umana che richieda alti livelli di attenzione e destrezza motoria  si rivela un micidiale fattore di rischio per traumi, malattie e morte, sia nei giovani sia negli adulti.
 
Fatte queste premesse desidero chiosare brevemente quanto QS ha pubblicato 3 giorni fa a firma Lisa Rapaport, con titolo ” Se i genitori bevono, anche moderatamente, nei bambini rischio ansia e depressione”.
 
L’articolo prende in esame uno studio scientifico norvegese appena pubblicato su di una rivista medica blasonata come è JAMA Pediatrics. Esso però pecca, a mio parere, di imprecisione.
 
Il pezzo infatti trasmette il concetto che bere alcol sebbene in modo non allarmante “può provocare”, e meno male che la giornalista non scrive “provoca” tout court, ansia e depressione nei figli. Beh, non è mica un’affermazione da poco! Provocare qui significa evidentemente “causare”.
 
Cosa può mai desumere il povero collega Medico, lettore di QS e magari non proprio addentro alle problematiche Alcologiche? E magari non astemio? Forse un : “Porco cane, lo sapevo che bere anche 2-3 bicchieri di vino al giorno, anche rosso, che una volta sembrava che proteggesse il cuore e poi invece no, e berli anche ai pasti e molto lontano da guida e lavoro, mi aumenta il rischio di tumore del colon; e della mammella; e mi alza la pressione,  oltre a tutto il resto che lo si sapeva da decenni, ossia che ingrassa il fegato e rovina il pancreas….ma adesso, caspita, non si può più nemmeno bere  quel pochino tutti i giorni perché va a finire che rovini mentalmente i tuoi figli ?!!” ?
 
E cosa potrà mai desumere il collega Medico putativamente acculturato in materia  sol perché ha attinto comodamente e passivamente al Sapere Medico Alcologico che “passa il convento”, quello per cui l’alcol è una sorta di tossina, incompatibile con una vita sana? Forse un :“ Ecco, vedi ? Pure lì l’alcol, anche se bevuto poco ed in sicurezza, fa male ! E allora capiamola una buona volta e fino in fondo che l’alcol fa male e basta, no ?!!”?
No. Lo studio norvegese in questione non dice questo.
 
I ricercatori norvegesi infatti affermano, a ben vedere, che non si può non considerare che alla base dei disturbi mentali osservati nei bimbi più che il bere siano sussistiti molto banalmente i problemi mentali dei genitori a seguito dei quali si era consolidata in loro l’abitudine, ancorchè non clinicamente significativa, al bere.
 
In altri termini: la causa plausibile di ansia e depressione dei bimbi risiederebbe in analoghi disturbi dei genitori e non già nel loro bere.
 
Bingo!  Questo è quello che mio parere sta a significare lo studio in esame!
 
In ogni caso nessun passaggio del testo norvegese riporta che l’alcol “subclinico” o, come traduce Rapaport “non  allarmante”,  “provoca” disturbi mentali nei bambini. Nessuna conclusione, insomma, viene posta nell’articolo originale sull’esistenza di un nesso di causa tra bere “non patologico”, “subclinico” o “non allarmante” e ansia e depressione nella progenie.
 
Tutt’al più vi si scrive che è stata osservata, e già ben prima del loro lavoro, un’ associazione tra i due fenomeni. Ma associazione o compresenza o concomitanza tra più fenomeni  non significa mica che l’uno determina, provoca o causa l’altro !! 
 
La Rapaport consegna al Lettore il seguente take home message: è stato provato che il consumo di alcol  ancorché non patologico alias “subclinico” o “non allarmante” da parte dei genitori può generare problemi mentali nei bimbi, e dunque in Norvegia, ma attendibilmente anche in Italia, se vorremo essere davvero attenti alla salute mentale dei nostri figli e nipoti sarà meglio d’ora in avanti  guardarsi bene dal bere alcol tout court in famiglia.
 
Il messaggio in parola è però evidentemente da cassare.
 
Fulvio Fantozzi
 
Medico Addittologo, Libero Professionista
 
Gentile dottor Fantozzi,
l'articolo cui si riferisce è stato stilato da una giornalista della Reuters Health, la più grande agenzia di stampa mondiale con la quale Quotidiano Sanità ha stretto un accordo in esclusiva per la pubblicazione di articoli  di carattere medico-scientifico. Tutto ciò che compare nella versione italiana è contenuto nell'originale estensione dell'articolo.
 
Tuttavia, sollecitati delle sue osservazioni, siamo andati a rivedere lo studio pubblicato da Jama Pedtrics, oggetto dell'articolo.
 
Pur non avendo lo studio, come obiettivo principale, l'esclusiva verifica o meno di una correlazione tra il consumo di alcol dei genitori e l'eventuale insorgenza di ansia e/o depressione nei figli, gli autori hanno ricordato, nelle note metodologiche (8-10, che di seguito riportiamo), come il fenomeno del subclinical drinking - tema centrale dell'articolo giornalistico -sia stato indagato anche da precedenti studi.
 
Questo il passaggio: “This focus on children of parents with alcohol use disorder has eclipsed the potentially wider-reaching detrimental effects from the more common subclinical parental drinking, as the number of children at risk may be substantial if even nonclinical levels of parental alcohol consumption are also harmful. Indeed, some studies suggest that even moderate parental alcohol consumption is detrimental to children”.
 
La Redazione

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