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15 GENNAIO 2012
“Ho 35 anni e non c’è concorso che possa vincere. Per questo ho aperto una parafarmacia”

Così il dottor Andrea Russo, proprietario di una parafarmacia da quattro anni, che mi scrive sollecitandomi a spiegare le ragioni della mia (presunta) "avversione" verso la sua categoria. Ecco la sua lettera e la mia risposta (vedi le altre lettere ricevute sullo stesso tema)

Egregio dottore,
sono un titolare di Parafarmacia, leggendo su Quotidianosanità.it la sua opinione mi è venuta voglia di chiederle cortesemente le sue motivazioni in merito alla sua avversione verso chi come me ha fatto una scelta di autonomia e di libertà, decidendo di essere un professionista e un imprenditore. Quattro anni fa ho deciso di esercitare la mia professione, o meglio la mia professionalità, visto l'oggettivo impedimento del “sistema Farmacia” esistente in Italia, e mettere alla prova le mie capacità (il merito dovrebbe contare qualcosa) come titolare di “farmacia”, ma avendo solo "35" anni non c'è concorso che possa vincere, inoltre venendo da una famiglia dignitosa, ma non ricca, non ho quei 2-3 milioni di euro per acquistarne una, per questo ho aperto una Parafarmacia. Non ho trovato altra soluzione, potrebbe lei darmi una soluzione alternativa alla Parafarmacia?
Vorrei anche sapere quale futuro immagina per delle strutture come la mia, e gli sforsi e i sacrifici fatti in questi anni sono meritori o dobbiamo essere “puniti” per aver alzato la testa.?
Certo della sua attenzione, in attesa di risposta le porgo i miei più distinti saluti
dott. Andrea Russo

Gentile dottor Russo,
Prima di tutto le voglio chiarire che da parte mia non c’è alcuna avversione verso i farmacisti che hanno scelto di aprire una parafarmacia. Ne conosco diversi e alcuni di questi anche molto bene.
Sperando di aver sgombrato il campo da valutazioni di tipo “emozionale”, in questo e in altri precedenti articoli ho infatti cercato di spiegare il perché ritengo “non strategica” l’opzione parafarmacia. Soprattutto dal punto di vista di chi vi lavora e vi ha investito risorse.
Come lei giustamente ricorda la scelta di aprire le parafarmacie nasce in primo luogo dalle difficoltà oggettive di aprire nuove farmacie. Una difficoltà antica che sono il primo a sostenere debba essere superata rendendo più semplici le procedure e l’accesso ai concorsi.
Il fatto di aver sviato da questo obiettivo con l’avvio delle “lenzuolate” del 2006 penso sia stato un grave errore. Ma non da parte vostra, ovviamente, quanto da parte della politica che, anziché prendere il toro per le corna (ovvero adottando misure utili a sbloccare e semplificare i concorsi,) ha preferito inventarsi quel “para” che, lo ripeto, è una vera anomalia.
In altre parole, visto che non si riusciva (o non si voleva) metter mano alle piante organiche si è pensato di creare delle realtà parallele che potessero vendere anche loro una certa tipologia di farmaci (come se si trattasse di “para” farmaci).
Come è ovvio quel primo passaggio non è stato sufficiente a dare margini importanti a quelle nuove realtà imprenditoriali così si è iniziato a parlare di ampliamento della fascia di farmaci da liberalizzare.
E arriviamo ad oggi, con un primo decreto Monti che va in parte in quest’ultima direzione (pur se in modo meno drastico di quanto inizialmente previsto) ed ora un secondo decreto Monti che sembra invece voler spingere sul primo fronte, quello che ho sinteticamente definito di “liberalizzazione dei negozi anziché dei prodotti”.
Penso che la battaglia dei farmacisti non titolari di farmacia dovrebbe concentrarsi con forza verso questo secondo obiettivo, nella consapevolezza, però, che le farmacie restano un presidio convenzionato del Ssn. Il quale, in quanto tale, è soggetto a regole e procedure che non possono essere totalmente liberalizzate, pena il rischio che alcune comunità possano restare di fatto senza farmacia perché residenti in aree commercialmente e numericamente poco attrattive.
D’altra parte, mi chiedo e le chiedo, se le parafarmacie dovessero vendere sempre più tipologie di farmaci perché non dovrebbero aspirare ad entrare anch’esse nel mercato della fascia A convenzionata?
Sarebbe un’aspirazione giusta. Ecco, il mio punto di vista è che quella aspirazione debba essere perseguita puntando direttamente all’obiettivo (cioè più farmacie) piuttosto che ricercata con continui cambi di direzione riuscendo a conquistare una specialità oggi e un’altra domani.
Detto questo, non possiamo far finta del fatto che stiamo parlando della possibilità di aprire un esercizio commerciale privato, la farmacia, il cui valore è dettato dal mercato. Quindi a tali valori bisogna far riferimento. In questo senso, a meno di ipotizzare la statalizzazione di tutte le farmacie e quindi di renderle esercizi pubblici con operatori pubblici al suo interno, stipendiati dalle Regioni o dai Comuni, l’obiettivo di acquistarne una (soprattutto se in un’area ricca) resterà per forza nei limiti di chi ha certe possibilità economiche.
E queste sono le leggi del mercato, quello stesso mercato al quale, forse con troppa enfasi ed aspettative, anche il mondo delle parafarmacie sembra guardare come unica via per uscire dall’impasse.
Un caro saluto
Cesare Fassari

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