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Giovedì 13 DICEMBRE 2018
La Governance farmaceutica del 18 politico
Il documento ministeriale tocca diversi aspetti (MEAs outcome based, tetti di spesa regionali, costo efficacia e QALY, associazioni di pazienti), ma il cuore è: si sceglie il farmaco dal prezzo più basso tra equivalenti terapeutici. Non competendo sul prezzo la concorrenza si sposta quindi sui volumi con rischio di maggiore spesa finale, inficiando così i risparmi attesi.
Non sappiamo se diverrà reale o rimarrà solo un onirico elenco d’intenti, visto come ci ha abituato questo pur giovane Governo del Cambio (soprattutto in Retromarcia), ma il documento Ministeriale sulla Governance Farmaceutica è ben scritto e di grande interesse. Ne tento una analisi neutrale, tra le diverse fatte dai diversi portatori d’interesse.
L’obiettivo di risparmiare almeno 2 miliardi l’anno mantenendo lo stesso livello di assistenza è perseguito attraverso la declinazione di varie proposte che ruotano di fatto intorno al suo asse centrale, l’equivalente terapeutico che costa di meno (vedi i tedeschi “Jumbo Groups”). Nella revisione del prontuario, nei processi di acquisto nazionale regionale o locale (procurement, gare, ecc.) così come nelle lineeguida di indirizzo prescrittivo e altro.
Fondamentale quindi per l’obiettivo di risparmio l’attestazione di tale equivalenza. Decisa da AIFA, in cui si propone di “sciogliere” la CTS nella CPR, luogo più funzionale all’obiettivo economico. Strategia confermata anche dall’inserimento ex novo nel CdA di AIFA di un membro del Ministero dell’Economia e Finanza.
Il documento tocca anche altri aspetti (MEAs outcome based, tetti di spesa regionali, costo efficacia e QALY, associazioni di pazienti) condivisibili, ma il cuore è: si sceglie il farmaco dal prezzo più basso tra equivalenti terapeutici. Già in passato materia per Tar e Consiglio di Stato. Ritenuto una specie di 18 politico, a bravi e somari, compreso chi copia.
Simili, terapeuticamente equivalenti, ma non identici, per caratteristiche intrinseche ed utilizzo, secondo la specificità dei pazienti (età, sesso, condizioni generali, comorbilità, trattamenti concomitanti, ecc.), argomentazioni oggi usate persino contro la mutua reciprocità tra generici e soprattutto coi biosimilari, quindi tra stessi INN, sostenute specialmente da società scientifiche specialistiche. Tant’è che la “precedente” AIFA non aveva preso posizione definita rimanendo in un comodo limbo di ambiguità. Temi per i nostri (davvero eccellenti) farmacologi clinici.
In merito posso contribuire al dibattito solo con l’occhio dell’economista. Da un lato mi pare una strada per aumentare l’efficienza del sistema: soddisfare uno stesso bisogno a costi minori. Purché il bisogno sia lo stesso e lo strumento parimenti efficace, poiché l’efficienza può risultare subdolamente migliore perché a discapito di una ridotta efficacia, se il costo è molto più basso. Ma è l’efficacia a dover essere prioritaria nel nostro caso.
Il prezzo di rimborso di un farmaco ne è anche strumento di mercato. Dalla concorrenza al reinvestimento dei profitti. Il suo appiattimento, in un contesto pseudo-monopsonista (SSN) e fortemente regolamentato, fa da antitesi, anzi nemesi, ad un per quanto possibile libero scambio di mercato. Non accade infatti persino tra le commodities, gas, luce, acqua, benzina, dove beni di diversi fornitori, pur essendo identici, costano diversamente.
Il profilo di “bene” economico e industriale di farmaci simili è poi comunque diverso, per materiali, costi di ricerca, sviluppo, produzione, economie di scala del produttore, ecc. (es.: “first in class” vs. “followers” o persino “me too”) Differenze il cui riflesso nel prezzo ne determina, appunto, la collocazione nel mercato (Marshall e Co.)
Non solo. Appiattendo i prezzi su quello minimo (il suddetto 18 politico) narra la dottrina economica, supportata in merito dalla “praxis” concreta, la competizione finisce con lo spostarsi sui volumi, portando a concorrere prevalentemente sulle quantità. Con conseguenze discutibili proprio sull’agognata efficienza.
Non competendo sul prezzo la concorrenza si sposta quindi sui volumi con rischio di maggiore spesa finale, inficiando così i risparmi attesi. Si spingerà su pratiche promozionali e commerciali più aggressive con tutti i rischi connessi (“deja vù” anni ’80 che non rimpiangiamo) Detto brutalmente: meno qualità e più consigli per gli acquisti. Allora meglio invece percorrere una strada opposta all’omologazione, selezionando e premiando selettivamente secondo “merito” (farmacoeconomia, HTA, ecc.), concetto questo storicamente poco praticato da noi.
Non scomodando l’ontologia Aristotelica in merito, ma rimanendo ad una cifra di pensiero molto più trivial, anche la Skoda Octavia e la Jaguar X-type, tanto per fare un esempio, appartengono alla stessa categoria di auto. Difficile però reputarle equivalenti o mutuamente sostituibili. Infatti costano diversamente.
Invece il documento sulla Governance Farmaceutica sembra optare minimalisticamente per la prima. Come diceva Longanesi: “vivevano da poveri, perché così costava meno!”.
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria
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