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Lunedì 12 NOVEMBRE 2018
Se la stampa diventa “cattiva” stampa. Quegli attacchi immotivati al Policlinico Tor Vergata
Un articolo contro il nostro ospedale contenente informazioni non veritiere e fuorvianti sta creando un clima di tensione insostenibile. Operatori arrabbiati e demotivati, alcuni pazienti che si sono rifiutati di entrare in sala operatoria perché non si sentivano protetti, altri utenti che, senza motivo, hanno minacciato denunce e richieste risarcitorie. Questo fa la cattiva informazione in sanità. Un male fatto a chi deve curare la povera gente e a chi avrà ora difficoltà a fidarsi di noi
Gentile Direttore,
tante volte dalle pagine di questo quotidiano ho chiesto e sostenuto la necessità che la buona stampa aiuti, in un momento tanto difficile, il SSN. Sono orgogliosa e felice di lavorare per il SSN. E non perché, come ho sentito dire a qualche politico poco informato o molto demagogo, i direttori generali siano pagati troppo.
Sono pessimamente pagati. Sono i dirigenti meno pagati della pubblica amministrazione. Il loro stipendio è fermo dal 2001, mai aggiornato, nonostante ognuno di noi abbia ogni giorno responsabilità civili, penali, erariali anche per quello che ci è impossibile controllare e nonostante trattasi di lavoro che annulla la vita privata di chiunque lo faccia con dedizione e passione. Noi tutti operatori della sanità sappiamo che lavorare per la gente malata non è come fare un qualunque altro lavoro.
Ti prende la mente, il cuore, l’emotività, ti dà gioie immense, ma anche enormi ansie, perché l’operatore è l’ultimo baluardo tra l’aggressione della malattia e la voglia di guarire e ogni processo di cura porta con sé il mondo del paziente, le sue speranze, le sue paure.
Eppure, gli operatori della sanità di questo Paese, mal pagati (l’ultimo contratto per il personale non medico ha stanziato, dopo anni di blocco, aumenti risibili e il contratto dei medici è anch’esso praticamente fermo), hanno fatto del SSN un gioiello del quale essere davvero orgogliosi.
Mio figlio diciottenne si ruppe un legamento negli Usa, durante una competizione sportiva. Non trovava il certificato assicurativo e non l’hanno visitato finché non lo ha trovato. Da noi chiunque ha diritto al trapianto di cuore, se ne ha bisogno.
Moltissima strada abbiamo da fare, soprattutto per l’equità e la facilità di accesso, che, quando negata, è indegna di un paese civile. Ma dobbiamo pur sempre essere orgogliosi di un sistema che ci colloca tra le performances sanitarie migliori al mondo, nonostante sia oggi alle prese con una trasformazione demografica che rischia di farlo collassare.
Ma cosa c’entra la buona o la cattiva informazione? La buona informazione aiuta ad aprire dibattiti, a confrontarci, a capire come risolvere le criticità, a migliorarci, a denunciare, quando necessario. La cattiva informazione incoraggia la violenza verso gli operatori, sviluppa un approccio scorretto e viscerale, insinua e istiga all’odio sociale, crea allarmi ingiustificati, dà percezioni sbagliate, mina la fiducia sociale in un sistema che, di massima, non lo merita, e questa sfiducia certo non ci aiuta a dare un servizio migliore al cittadino.
Ne avremo a breve testimonianza con gli articoli sui Ps di tutta Italia, con la caccia alle foto più scabrose, alle testimonianze più arrabbiatee mentre migliaia di operatori correranno per prestare aiuto a chi è in difficoltà, ci sarà chi approfitterà per denunciare e, talora, denigrare.
Io credo che la notizia non dovrebbe essere solo quella delle tante persone in attesa durante i picchi influenzali di una popolazione che ha una aspettativa di vita di oltre 82 anni in un paese ormai impoverito, e, quindi, più esposto e più fragile, che spesso pone domande inappropriate all’emergenza, ma quanto siano bravi gli operatori a far fronte a queste difficoltà, essendoci sempre, comunque, in qualunque condizione.
Per esempio aiuterebbe il cittadino che aspetta in Ps sapere che le degenze sono diventate più lunghe perché i pazienti sono più anziani, anche grazie alla bontà del nostro SSN, ed hanno più comorbilità e che, se non si liberano velocemente i posti letto delle medicine, anche per le difficoltà di dimettere persone che a casa non trovano un supporto socio assistenziale, non si riescono a liberare i posti per ricoverare le persone provenienti dal Ps, con conseguente allungamento delle attese.
Aiuta il Paese avere creato nel cittadino l’idea di una mala sanità, a fronte di un servizio che si mantiene universalistico, innovativo, teso a trovare nuove soluzioni organizzative in un mondo che sta invecchiando ed è sempre più difficile da gestire? E’ sacrosanto che i media esercitino un controllo sociale e critichino quello che non va, ma nella piena consapevolezza che è altresì etico spiegare al cittadino quanto faccia la nostra sanità per tutti, le difficoltà oggettive nelle quali spesso ci troviamo ad operare, la necessità del rispetto per chi ogni giorno si prodiga, le tante risorse utilizzate che non sono ancora sufficienti, ma sicuramente impegnano una parte consistente del nostro PIL e certo non possono surrogare la mancanza di servizi sociali causata da carenze di risorse sul territorio.
Quando, poi, l’informazione non è strumentale, al servizio di interessi personali e molto miopi, come ritengo sia avvenuto in una recente vicenda che ha coinvolto l’ospedale che dirigo.
Mi riferisco a quanto riportato nell’articolo intitolato “Il policlinico degli errori” apparso recentemente su Repubblica.it (contro il quale ho presentato formale richiesta legale di immediata rimozione e rettifica in quanto contenente informazioni non veritiere e fuorvianti, gravemente ed altamente lesivo della reputazione e dell’immagine del Policlinico Tor Vergata e dei suoi dipendenti).
L’articolo prende spunto dalla pubblicazione, prevista dalla legge Gelli, dei risarcimenti liquidati negli ultimi 5 anni. Noi abbiamo liquidato molto negli ultimi 5 anni, ben 94 risarcimenti. Ho ritenuto un dovere etico e una forma di rispetto sociale nei confronti di chi attendeva da anni che le pratiche risarcitorie si chiudessero, accelerare la liquidazione di eventi risalenti, in alcuni casi, a 15 anni fa. Il risarcimento più risalente si riferisce al 2002. Gli addetti ai lavori sanno bene che quello che liquidiamo oggi è, di prassi, di 5 anni indietro.
Ovviamente la pubblicazione dei risarcimenti nel nostro caso riportava il riferimento all’anno di competenza dell’evento, ma l’articolo lo ha volutamente omesso.
E, nell’immaginario pubblico, un conto è pensare a 94 risarcimenti concentrati in un periodo di cinque anni, tanto da far pensare ad un ospedale fuori controllo, un conto sono 94 riferibili ad un periodo di 15, che era quanto risulta dal nostro debito informativo pubblicato, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
L’articolo, inoltre, riportava “chirurgicamente” episodi risalenti, alcuni dei quali infondati, presi, fior da fiore, per mettere in cattiva luce l’attuale performance ospedale, che ha, ad oggi, ottimi risultati PRE.VA.LE., anch’essi pubblicati sul sito del Ministero della Salute.
Inoltre, il 74% delle strutture ha un indice di performance migliore rispetto alla media regionale e il 65% delle strutture un indice di case mix superiore alla media regionale (dati ufficiali della regione Lazio), due hub (stroke e cardio) di grande rilievo, un centro trapianti di fegato e rene tra i più produttivi della regione, un coordinamento della rete ematologica che ci porta ad avere il più alto numero di trapianti allogenici di cellule staminali della regione, il terzo centro regionale di farmaci file F (oltre 50 ml l’anno) erogati da centri di riferimento regionali presso il nostro Policlinico di grandissima autorevolezza.
Siamo nella più povera area della città, bellissimo ospedale di una frontiera poverissima, da sempre orgogliosi di mettere a disposizione l’ospedale forse più bello della capitale per gente che davvero ha tanto bisogno di noi.
Risultati dell’articolo ad oggi? Operatori arrabbiati e demotivati, dato il taglio palesemente strumentale dell’articolo (i quasi duemila operatori di Ptv scommetterebbero tutti sulla fonte interna delle informazioni scorrette e strumentali, fonte che, a detta dei più, avrebbe esclusivamente l’obiettivo di vendette personali), alcuni pazienti che si sono rifiutati di entrare in sala operatoria perché non si sentivano protetti, altri utenti che, senza motivo, hanno minacciato denunce e richieste risarcitorie.
Questo fa la cattiva informazione in sanità. Un male fatto a chi deve curare la povera gente e a chi avrà ora difficoltà a fidarsi di noi.
Ps. Ieri sera la vigilanza dell’ospedale ha rinvenuto una busta, a me indirizzata, con il simbolo delle Brigate Rosse. Un episodio che non ha certamente nulla a che vedere con quanto raccontato in questa mia lettera. Ma mi sembrava giusto metterne al corrente i suoi lettori.
Tiziana Frittelli
Direttore generale Policlinico Tor Vergata
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