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Martedì 23 OTTOBRE 2018
Chi dovrebbe preparare le linee guida?

Su una delle riviste di una prestigiosa associazione professionale statunitense, uno tra i ricercatori più famosi del mondo non risparmia critiche alle società scientifiche. Una provocazione? Forse, ma perderemmo un’occasione se non tornassimo a riflettere su una questione centrale per la salute dei cittadini

C’è un comparto industriale che tiene testa a quello farmaceutico quanto a redditività: l’editoria medico-scientifica. Come ha spiegato dati alla mano uno studio uscito nel 2015 su PLOS One, pubblicando libri ma soprattutto riviste, si riescono a ottenere profitti superiori al 30% e vicini al 40%. Risultati migliori di quanto riescano a ottenere i più avveduti istituti di credito (Industrial & Commercial Bank of China 29%) o le aziende automobilistiche più popolari (Hyundai Motors 10%).
 
Uno dei più importanti driver dei guadagni del medical publishing internazionale sono le linee guida: è il tipo di documento più scaricato dai siti editoriali e forse di conseguenza il più citato, anche perché la loro diffusione è molto ampia essendo spesso distribuite da industrie direttamente ai medici. Le linee guida sono in grado di orientare la pratica clinica di milioni di professionisti sanitari e di far crescere o ridurre la spesa sanitaria di miliardi di dollari, ha sottolineato di recente un contributo uscito sul Lancet (Brownlee S , 2017). È giusto che a redigere documenti così rilevanti per la sanità pubblica siano le società scientifiche che operano nell’ambito specialistico sul quale queste stesse linee guida avranno inevitabilmente un impatto?

Certamente sì, se consideriamo che nessuno più di persone estremamente competenti può valutare al meglio le tante questioni cliniche e organizzative che devono essere prese in considerazione nella preparazione di una raccomandazione. Ma se a sollecitare la riflessione è un ricercatore come John Ioannidis sulle pagine di una delle riviste dell’American Heart Association (Circulation: Cariovascular Quality and Outcomes), è difficile fermarsi alla prima e più ovvia risposta. Il condirettore del Meta-Research Innovation Center di Stanford fornisce i dati che illustrano l’intreccio tra produzione di linee guida da parte di associazioni professionali, la loro pubblicazione su riviste curate dalle stesse società scientifiche e citazioni: “L’attività di scrittura di linee guida è particolarmente utile per promuovere la carriera dei medici specialisti, per costruire e sostenere gerarchie di potere riconoscibili, aumentare l’impact factor delle riviste, la visibilità delle società che le patrocinano e i congressi che promuovono l’insieme delle attività delle associazioni”.

Per la loro capacità di influenzare le decisioni dei medici e per l’utilità che possono avere per la pratica clinica, disporre di linee guida rigorose è sicuramente utile. Ma, nonostante si discuta da diversi decenni della necessità che una metodologia corretta e indipendente informi il processo di preparazione delle linee guida, ricordava Steve Nissen lo scorso anno in uno degli articoli della serie del JAMA sui “conflicts of interest”, ancora oggi non tutte le società scientifiche hanno adottato le contromisure che possono mettere al riparo i documenti da influenze esterne.
 
Conflitti di interesse dei partecipanti al panel, finanziamenti non condizionanti di industrie, scarsa multidisciplinarità dei comitati di esperti e assenza di metodologi e rappresentanti dei malati, inadeguata revisione esterna: ricordando queste mancanze, frequenti e note da tempo elencate anche da Primiano Iannone in un contributo pubblicato su Recenti progressi in medicina pochi mesi fa (Iannone, 2017). Ioannidis, inoltre, sottolinea come un numero ancora troppo modesto di società scientifiche abbia deciso di adottare la metodologia GRADE come framework di riferimento nel percorso di preparazione delle raccomandazioni concludendo che la relazione tra evidence-based medicine e società scientifiche è ancora caratterizzata da un reciproco sospetto.

Le linee guida dovrebbero essere redatte da gruppi interdisciplinari coordinati da metodologi ed esperti in critical appraisal, sostiene Ioannidis, tanto più in anni in cui le fonti primarie – sperimentazioni controllate randomizzate e studi osservazionali – sono fortemente a rischio di distorsioni per quello che lui stesso ha definito il “dirottamento della EBM”. Per Ioannidis, aspettarsi dalle società scientifiche uno sguardo critico sul proprio ambito di lavoro sarebbe da ingenui.

Una visione probabilmente eccessivamente pessimista, anche considerato il lavoro rigoroso e attento che molte associazioni professionali – anche italiane – garantiscono in modo disinteressato. Anche se, in effetti, qualche dubbio a questo riguardo è venuto da chi ha analizzato gli interventi e le procedure segnalate come inopportune o non più appropriate dalle associazioni che hanno risposto alla campagna Choosing wisely, poiché in diversi casi è mancato l’auspicato sguardo critico sulle possibili azioni di disinvestimento prescrittivo da parte di alcune società scientifiche. Come vigilare sul rischio che anche le linee guida si trasformino in strumenti che incentivano l’overuse?
 
Potrebbe essere uno dei compiti delle agenzie istituzionali preposte alla verifica della metodologia di preparazione e di stesura dei documenti. E si potrebbe anche chiedere che le linee guida rendano esplicite non solo le indicazioni, ma anche le controindicazioni a procedure diagnostiche e al trattamento, come sollecitavano Morgan e la Brownlee sul BMJ nel 2015.

Di questo e di altro discuteremo a Roma il prossimo 8 novembre nel corso della Riunione annuale della Associazione Alessandro Liberati e del network italiano Cochrane, appuntamento condiviso in questa occasione con la Società italiana di statistica medica ed epidemiologia clinica. Come ci racconta anche la cronaca politica, uno degli aspetti più critici della sanità dei nostri anni è il diffuso sospetto di un’eccessiva medicalizzazione: qualsiasi sforzo possa contribuire a far recuperare credibilità agli attori del sistema può rivelarsi prezioso.
 
Luca De Fiore
Associazione Alessandro Liberati network italiano Cochrane 

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