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Venerdì 12 OTTOBRE 2018
Regionalismo differenziato. Il j’accuse di Anelli (Fnomceo): “Si rischia di sgretolare il Ssn”
Lettera del presidente dell’Ordine dei medici alla Gazzetta del Mezzogiorno sul tema della richiesta di autonomia differenziata avanzata da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. “Il processo delle autonomie differenziate rischia di sgretolare il Ssn concepito come organico, flessibile, solidaristico”.
“Ci troviamo di fronte a una situazione che rischia di scardinare il sistema sanitario regionale con gravissime ricadute su regioni come la Puglia. I pre accordi sanciscono nuove importanti autonomie in tema di sanità: dagli accessi alle scuole di specializzazione, all’ingresso nel Ssn, ma anche per i farmaci equivalenti e i ticket. Il Veneto avrà anche spazio di manovra sulla libera professione e l'Emilia Romagna sulla distribuzione diretta dei farmaci. Ciò che rischia di accadere è di fatto una redistribuzione sul territorio delle risorse destinate alla Sanità, proprio in Regioni in cui il SSR è più ricco ed efficiente, con inevitabile impoverimento del sud del Paese, dove già si rileva un sistema in grave crisi”.
Così scrive il presidente della Fnomceo, Fillippo Anelli in una lettera aperta al Direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, Giuseppe De Tomaso in riferimento alla richiesta di autonomia differenziata avanzata da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
“La Legge istitutiva del nostro servizio sanitario - prosegue, la 833 del 1978 - di cui ricorrono i 40 anni - è fondata sui principi di universalismo, uguaglianza e solidarietà. A tutti i cittadini va quindi garantita la Salute nello stesso modo, negli stessi termini, con uguali diritti, in ossequio agli articoli 3 e 32 della nostra Costituzione. Vuol dire quindi che se un cittadino, o una Regione, si trovano in difficoltà, gli altri cittadini, le altre Regioni devono adoperarsi per aiutarli. Un sistema, dunque, concepito come organico, flessibile, solidaristico, che il processo delle autonomie differenziate rischia di sgretolare”.
Qui di seguito il testo integrale della lettera:
Gentile Direttore,
ho letto con grande interesse l’intervista pubblicata oggi sul vostro quotidiano al Professor Gianfranco Viesti, che in riferimento alla richiesta di autonomia differenziata avanzata da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, prefigura la possibilità che si creino delle differenze nei diritti fondamentali dei cittadini, con italiani di serie A e di serie B, a seconda della regione in cui vivono. Partendo dalla riflessione di Viesti, vorrei evidenziare quali gravi conseguenze potrebbero esserci qualora le richieste di maggiore autonomia in ambito sanitario venissero approvate dal Consiglio dei Ministri.
Di fatto, ci troviamo di fronte a una situazione che rischia di scardinare il sistema sanitario regionale con gravissime ricadute su regioni come la Puglia. I pre accordi sanciscono nuove importanti autonomie in tema di sanità: dagli accessi alle scuole di specializzazione, all’ingresso nel Ssn, ma anche per i farmaci equivalenti e i ticket. Il Veneto avrà anche spazio di manovra sulla libera professione e l'Emilia Romagna sulla distribuzione diretta dei farmaci. Ciò che rischia di accadere è di fatto una redistribuzione sul territorio delle risorse destinate alla Sanità, proprio in Regioni in cui il SSR è più ricco ed efficiente, con inevitabile impoverimento del sud del Paese, dove già si rileva un sistema in grave crisi.
Come si evince dall’indagine Istat Health for all Italia (2016), dal punto di vista della Sanità esiste già un’Italia divisa in due, in cui a sud c’è un’assistenza scarsa, i cittadini sono insoddisfatti dei servizi sanitari che ricevono e la spesa sanitaria rispetto al Pil è più pesante. Sussistono evidenti sperequazioni che penalizzano le regioni meridionali, come emerge dai dati su mortalità e speranza di vita del Rapporto OsservaSalute 2017. Un divario evidente anche a livello di spesa sanitaria pubblica pro capite: nel 2015, in Puglia è pari a 1.799€ (contro una media nazionale di 1.838€). Inoltre, secondo il rapporto OASI 2016 (SDA Bocconi), al nord, che pesa per il 45% della popolazione italiana, si concentra il 58% di Ospedali ad Alta specialità, mentre al sud solo il 24%, nonostante pesi per il 35% della popolazione. Questo squilibrio nella distribuzione del know-how medico-clinico ha senz’altro un ruolo nell’alimentare la mobilità ospedaliera. Il Sud ha un indice di emigrazione sanitaria più che doppio rispetto al Nord (16,7 vs 7,3 – Elaborazione Dati ISTAT 2017). Si verifica la situazione paradossale per cui le regioni che hanno un sistema sanitario con più finanziamenti - proprio grazie alle ampie autonomie già riconosciute dal titolo V della Costituzione - finiscono con il drenare ulteriori risorse a regioni che sono già in difficoltà e hanno una sanità sottofinanziata.
Alla luce di questi dati, come Ordine dei medici abbiamo più volte chiesto di rivedere i criteri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, attraverso l’introduzione di un indice di deprivazione che riesca a superare le diseguaglianze in Sanità tra le diverse aree del Paese. Paradossalmente, invece, le maggiori autonomie in ambito sanitario rischiano non solo, come prefigurava Viesti, di creare cittadini sempre più poveri, ma anche cittadini cui viene negato il diritto alla salute.
La Legge istitutiva del nostro servizio sanitario, la 833 del 1978 - di cui ricorrono i 40 anni - è fondata sui principi di universalismo, uguaglianza e solidarietà. A tutti i cittadini va quindi garantita la Salute nello stesso modo, negli stessi termini, con uguali diritti, in ossequio agli articoli 3 e 32 della nostra Costituzione. Vuol dire quindi che se un cittadino, o una Regione, si trovano in difficoltà, gli altri cittadini, le altre Regioni devono adoperarsi per aiutarli. Un sistema, dunque, concepito come organico, flessibile, solidaristico, che il processo delle autonomie differenziate rischia di sgretolare.
Filippo Anelli
Presidente Omceo Bari
Presidente Fnomceo
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