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Martedì 11 SETTEMBRE 2018
Razionalizzare e accorpare, il “mantra” degli ultimi anni che non ha risolto i problemi della sanità
Gentile Direttore,
sono 56 i miliardi di tagli cumulati dal Servizio sanitario nazionale tra il 2011 e il 2015, con contrazione o soppressione di prestazioni e servizi, come certificato dalla Corte dei Conti e per il 2016 altri 14,5 miliardi di tagli, più della ‘povera’ Grecia. L’ultimo rapporto della Corte dei Conti afferma che i tagli in sanità hanno comportato una riduzione dell’equità nell’accesso alle cure e nessuno capisce che l’emergenza delle emergenze è, senza ombra di dubbio, il mancato Finanziamento in Sanità!
Dopo oltre 10 anni di tagli drastici, le risorse disponibili non sono più sufficienti a mantenere in equilibrio il Servizio Sanitario Regionale/Nazionale ed una conseguenza sono i Pronto Soccorso al collasso.
Nei prossimi 5 anni andranno in pensione 40.000 dirigenti medici e 6/7.000 dirigenti sanitari (Psicologi, Farmacisti, Biologi, ecc.) ed il problema delle attese in Pronto Soccorso lo risolveremo unicamente assicurando alle strutture sanitarie le risorse economiche aggiuntive per le assunzioni.
Senza un piano straordinario di assunzioni, nell’arco temporale di un quinquennio, oltre il 40% delle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali chiuderanno per mancanza di personale specializzato.
L’intasamento nei PS cittadini è solo una conseguenza di una politica che ha permesso accorpamenti "monstre" di reparti specialistici/aziende sanitarie che sono diventati elefanti ingestibili; dove ci vogliono 10 mesi e solleciti infiniti, per la sostituzione di una sega da gessi, dove se chiedi 5 flaconi di Betadine, te ne allungano 2 e ti dicono pure di risparmiare nell'uso.
Unità operative complesse ridotte del 25% per il blocco del turn over, primari che si devono clonare in strutture sparse su 4 o 5 ospedali del territorio e che si arrabattano per organizzare i servizi con il poco personale rimasto, lasciando gli oneri dell’assistenza ad altri medici-schiavi che ogni giorno tirano la carretta tra mille difficoltà, aggressioni, pastoie burocratiche e denunce. Fino a quando noi medici saremo disposti a sopportare questo sfacelo che ci circonda?
Chi siede in parlamento è a conoscenza che esiste un ‘caporalato’ anche in medicina, che si realizza pagando meno di 10 euro lordi l'ora, un turno di guardia in una qualsiasi branca chirurgica, sfruttando il lavoro del medico all’inverosimile, considerato che 20 minuti di mano d’opera di un elettricista per montarmi un lampadario, mi sono costati 60 euro e 15 minuti di revisione auto di un meccanico mi sono costati 75 euro ed una badante, a notte, costa 150 euro, in nero! Noi medici veniamo pagati meno di una badante.
Alla faccia dell’assioma: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e ‘dignitosa’. Ma che film stiamo girando? Dov'è finita la nostra dignità e la dignità del nostro lavoro?
E poi ci si meraviglia se non si trova più un medico disposto a lavorare nei Pronto Soccorso di una città avanzatissima come Bologna o Parma?
Ma troverete sempre meno disposta a sacrificarsi per un piatto di lenticchie!
Mi piacerebbe che qualche Direttore Generale analizzasse i report dei turni di guardia dei tanti colleghi dei vari ospedali nazionali, delle migliaia di ore di straordinario non pagate, né recuperate, dei turni di riposo non rispettati; è esplicativo che, da aprile a settembre 2018, abbiano lasciato 11 ortopedici del Maggiore.
Razionalizzare e accorpare è il “mantra” che ho sentito pronunciare in questi anni (governi di destra, sinistra, centro, di sopra e di sotto) e che equivale inesorabilmente ad un taglio dei servizi, peggiorando la qualità delle prestazioni sanitarie.
Io assisto ad una incapacità cronica della politica ad affrontare i veri problemi del SSR/SSN che vengono quotidianamente sottostimati: Tagli PL, blocco turn over, con riduzione personale sanitario e chiusura dei reparti ad essi collegati, con conseguente allungamento delle liste d’attesa, invecchiamento della popolazione, aumento delle patologie croniche, riduzione risorse economiche, aumento delle richieste sanitarie.
Sono questi i veri problemi!
Problemi che non si affrontano con l’accorpamento/integrazione delle aziende sanitarie che rappresentano solo una scorciatoia per risolvere i deficit organizzativi. Un collega faceva l’esempio della casa con due bagni, in cui decido di chiuderne uno per risparmiare, è ovvio che le spese di acqua, luce, scaldabagno, sapone e carta igienica non diminuiranno perché, anche con un bagno solo, le spese dipendono dal numero dei residenti della casa. Più numerosi sono gli abitanti della casa, più aumenteranno le attese per usufruire dell’unico servizio igienico rimasto, con disagio aggiuntivo per tutti.
Chiudere 3 sale operatorie su 5, dove spesso sono state eseguite spese di modernizzazione per migliaia di euro, allungherà le liste di attesa, quindi quanto ho risparmiato? Creare nuovi spazi in altri ospedali e adeguarli alle nuove attività, quanto mi costa? Trasferire le apparecchiature e/o ricomprarne di nuove perché, come sempre succede, le vecchie attrezzature non sono adattabili è davvero un risparmio?
Perché nessuno in Assessorato mi ha mai mostrato uno straccio di preventivo di spesa e i reali risparmi ipotizzati sul piano di riordino/integrazione dei servizi sanitari? Qualcuno mi fornisca dei dati certi sul risparmio ottenuto con l’accorpamento dei reparti, quando alla “razionalizzazione” non è corrisposto un adeguato sviluppo dell’assistenza territoriale (leggasi case della salute, consultori, PDTA,etc..).
Perché prima di ogni accorpamento/razionalizzazione non si è mai provveduto a tracciare un profilo sanitario della popolazione di quell’ambito territoriale, a disegnarne i fattori epidemiologici, la mappa dei possibili rischi, conoscere l’orografia del territorio, intesa come le infrastrutture territoriali, le strade di accesso, i trasporti, la vicinanza o meno ai centri abitati, se si siano censite le strutture sanitarie dal punto di vista edilizio, se siano stati analizzati i bisogni di salute dei residenti, se siano state valutate le competenze professionali del personale sanitario e tecnico-amministrativo in servizio?
I risparmi possibili in sanità dovrebbero essere condivisi con il personale che si trova a contatto con il paziente, mentre la classe medica non è mai stata coinvolta, MAI, nei processi decisionali, peggio, li subisce!
Ribadisco il concetto che il Sistema Sanitario Nazionale non è una fabbrica metalmeccanica nella quale più si produce e a minor costo, più si guadagna. La Sanità è un servizio fornito ai cittadini e chi richiede una prestazione sanitaria, mediamente, l’ha già pagata con le tasse. La Sanità non deve produrre ricchezza o risparmi sulla pelle dei cittadini, ma deve produrre salute.
Ci si riempie la bocca sui bisogni dei cittadini, ma alla fine dei giochi, la salute dei cittadini diventa l’ultima delle preoccupazioni del politico di turno...che tristezza...ma credo ancora che la mia categoria sia in grado di ribaltare questa situazione perché volere è potere e non andrò all'estero, perché non tutto è perduto e, come dicono i Marines: “Does not kill us, makes us stronger” ossia “Ciò che non mi uccide, mi rende più forte”. Forza colleghi!
Dr.ssa Mirka Cocconcelli
Chirurgo ortopedico
Bologna
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