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Giovedì 09 AGOSTO 2018
Nulla di “scorretto” nelle mie affermazioni verso Morresi sull’uso della triptorelina



Gentile Direttore,
l’8 agosto Lei ha cortesemente pubblicato un mio articolo circa la Risposta del CNB a AIFA sull’eticità di un uso prudente della triptorelina nelle situazioni di disforia di genere. Tra altre considerazioni, osservavo che “le critiche di Morresi [alla Risposta] non fanno altro che riprendere alcuni rilievi contenuti nella pagina dell’inserto è vita di Avvenire del 12 aprile 2018. Accettando aprioristicamente la linea prefissata, Morresi ha semplicemente ripetuto il messaggio, e si è diffusa un po’ di più sulla presunta assenza di dati scientifici sulla sicurezza” del farmaco.

Morresi ha immediatamente replicato osservando che avrei attribuito “motivazioni scorrette, quando non fantasiose” al suo voto contrario e ha chiesto di pubblicare la Postilla critica da Lei redatta alla Risposta del CNB. La richiesta di pubblicazione, da Lei prontamente accolta, tuttavia non prova né che le mie tesi siano “scorrette” né tantomeno che siano “fantasiose”.
 
Per stabilire il punto bisogna confrontare quanto affermato da Morresi nella Postilla con quanto contenuto nell’inserto di è vita del 12 aprile 2018 da me ricordato. È ciò che, brevemente, cercherò di fare, sperando di non abusare della pazienza Sua e dei lettori.
 
In via preliminare un’osservazione circa quanto affermato da Morresi nella premessa della Postilla, e cioè che “Allo stato attuale delle conoscenze […] non ci sono evidenze della efficacia della TRP per il trattamento della DG nei minori nella fase dell’adolescenza, al contrario: dalle audizioni e dalla letteratura di settore sono emersi pesanti dubbi e perplessità che, posti all’attenzione del CNB e degli esperti auditi non hanno avuto risposta, e non hanno trovato spazio nel documento finale”.

Avendo partecipato con piacere e profitto a tutte le audizioni, confesso di non aver affatto colto né che siano “emersi pesanti dubbi e perplessità” né tantomeno che i tanti problemi sollevati (questi sì: abbiamo discusso molto!) non abbiano “avuto risposta”, come rilevato da Morresi. Al contrario ricordo che, per ragioni e con sfaccettature diverse a seconda delle diverse competenze scientifiche, tutti gli esperti hanno sostenuto l’opportunità di un uso prudente della triptorelina assieme a molti altri ausilii da coordinare sapientemente, come per altro suggerito nella Risposta. Può darsi io abbia capito male, ma mi conforta il fatto che anche tutti gli altri componenti del Comitato abbiano capito più o meno come me, e che solo Morresi abbia capito diversamente. Senza aspettare i posteri, i lettori sono chiamati a stabilire chi è che scambia fantasia con realtà.
 
Venendo al punto in questione, nella Postilla Morresi avanza tre obiezioni diverse. La prima riguarda il piano scientifico. Scrive Morresi: “per quanto riguarda la corretta valutazione dell’efficacia della TRP, cioè rispetto alla DG, la letteratura scientifica mostra un caso singolo, con un follow up dopo ventidue anni dal trattamento. L’altro follow up disponibile in letteratura è uno studio olandese su 55 giovani transgender, ad almeno un anno dopo l’intervento chirurgico. Gli stessi autori, pur giudicando molto positivamente i risultati ottenuti, sono consapevoli delle complessità in campo e ribadiscono si tratti di dati preliminari. In queste condizioni non è possibile parlare di evidenze scientifiche”.

Ebbene, nella pagina di è vita ricordata, il farmacologo Mario Eandi affermava che "nel bambino e nel giovane in fase puberale questa reversibilità [del processo fisiologico] è più incerta e meno documentata.
 
Lo sviluppo puberale è un processo unidirezionale e lo stato di salute di un soggetto che ha subìto una castrazione chimica di due o tre anni durante le fasi critiche della pubertà non è dimostrato che sia equivalente a quello che ha potuto svilupparsi senza interferenze farmacologiche […] La casistica è limitata, la durata dei trattamenti variabile, il periodo di osservazione a lungo termine ancora insufficiente per concludere che il profilo beneficio-rischio sia accettabile.
 
Gli effetti collaterali poi non sono del tutto noti […] Non esistono i presupposti scientifici per ipotizzare una reale e importante utilità di bloccare lo sviluppo puberale di un giovane che presenti manifestazioni anche gravi di disforia di genere".
Giungeva così alla tesi subito enunciata in partenza: sopprimere "la pubertà, nella speranza di ottenere esiti positivi, è scientificamente illogico".
 
In un’intervista si va all’essenziale, ma le parole citate mostrano che il fulcro di quest’obiezione era già indicato da Eandi, e che Morresi non ha fatto altro che diffondersi “un po’ di più sulla presunta assenza di dati scientifici sulla sicurezza” del farmaco, come ho rilevato nel mio articolo.

La seconda obiezione di Morresi riguarda il piano del metodo. Si legge nella Postilla: “Secondo la letteratura dedicata, questo uso della TRP porta a un “limbo in cui possono esplorare il proprio genere senza lo stress di sviluppare un corpo in cui si percepiscono come alieni”, “il corpo resta in uno stato neutrale di prima pubertà”. Di qui l’obiezione: “Come è possibile in queste condizioni di non appartenenza a nessun genere, “esplorare la propria identità di genere”?”.

Ebbene, nella pagina citata di è vita la psicanalista Grazia Aloi lamentava che “sono tanti i medici ad ignorare la complessità e la delicatezza del problema” e che prescrivono il farmaco credendo che sia la soluzione. Al che il commento del giornalista: “Evidente comunque che il farmaco non risolve nulla, anzi nella maggior parte delle situazioni rischia di aggravare una situazione in cui la difficoltà è pari soltanto all’incertezza”.
 
E Aloi spiegava: "Nell’età puberale […] nessun ragazzo ha la piena consapevolezza della propria identità sessuale. In questa fase congelare la crescita sessuale, vuol dire confondergli le idee in modo gravissimo. Quel ragazzo o quella ragazza finirà per non sapere più nulla di se stesso". Anche qui troviamo il nucleo dell’obiezione di Morresi: bloccare la crescita sessuale è confondere le idee perché impedisce di esplorare la propria identità di genere.

La terza obiezione di Morresi riguarda quello che viene indicato come il punto di vista bioetico e concerne “la necessità di informare il minore e la sua famiglia riguardo le conseguenze per la propria fertilità”. Ebbene, nella pagina di è vita, il farmacologo Eandi affermava: “Un problema aperto è la ripresa della fertilità dopo la sospensione del trattamento”.

La Postilla di Morresi è ampia (oltre 13.000 caratteri) e ovviamente contiene anche qualche considerazione in più della pagina di è vita. Tuttavia, come ho mostrato, le tesi centrali della Postilla erano già contenute nella pagina citata: inserto che certamente era ben noto a Morresi, che ne è collaboratrice frequente.
 
Pertanto, la mia affermazione: “Morresi ha semplicemente ripetuto il messaggio” [di è vita 12 aprile 2018], non fa altro che rilevare un dato di fatto verificabile e, spero, ora verificato. Conclusione: nulla di “scorretto” né tanto meno di “fantasioso” nelle mie tesi sostenute nell’articolo.
 
Maurizio Mori
Ordinario di bioetica, Università di Torino
Presidente della Consulta di Bioetica
Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica. 

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