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Martedì 07 AGOSTO 2018
Farmaci, farmacisti e governance clinico-farmaceutica
Gentile direttore,
vorrei rivolgermi al Ministro dlla Salute leggendo del Suo interessamento circa la soluzione da porre sul nodo farmacie e parafarmacie, e sulla riforma complessiva del sistema di cui è stata proponente.
La ringrazio a nome di tutti i laureati in Farmacia per aver voluto porre attenzione tangibile sulla problematica, anche convocando in audizione parte delle sigle sindacali delle Parafarmacie.
Chi Le scrive è un farmacista 37enne che dopo una decennale esperienza vissuta da titolare in mondi diversi del settore parafarmaceutico (sia esercizi di vicinato che Gdo), può affermare oggi, quanto il sistema parafarmacia sia per la maggior parte insostenibile per i cosiddetti "esercizi di vicinato" che rappresentano il 90% dell'intero mondo parafarmaceutico.
L’ultima ipotesi al vaglio del precedente Governo e poi fortunatamente sfumata è stata quella del riassorbimento delle parafarmacie nel SSN: l’intervento ipotizzato avrebbe portato nient’altro che ad una ennesima levata di scudi dalle due sigle sindacali (rappresentanti titolari di farmacie e parafarmacie), alla quale si sarebbe aggiunta inevitabilmente anche quella dei farmacisti collaboratori che avrebbero visto negato loro il medesimo diritto alla titolarità di una sede farmaceutica.
E se anche si fosse raggiunto un accordo tra sigle, avrei immaginato catastrofica l’ipotesi del riassorbimento delle parafarmacie nel SSN: visione miope di chi non pensa alle future e medesime difficoltà già oggi vissute con l’arrivo delle grandi catene di capitali proprietarie di Farmacie e di cui non si reggerebbe la concorrenza.
Allo stato attuale, il nodo da sciogliere, a differenza di quanti molti credono, non è il diritto alla titolarità di una sede (che prevedrebbe un insostenibile abbassamento del quorum e avrebbe peraltro poco senso con l’ arrivo dei giganti del capitale), ma il diritto al libero esercizio della professione, coniugandone tre elementi essenziali:
- la diminuzione della spesa farmaceutica privata e pubblica, ponendo attenzione ai cittadini e allo Stato
- l’elevazione della qualità delle cure, ponendo attenzione ai pazienti
- la lotta all’abusivismo professionale, ponendo attenzione alle competenze di una categoria professionale
I tempi son cambiati e con essi tutti i processi alla base del ragionevole conseguimento della laurea in Farmacia.
La vera criticità sta nel collasso di uno dei settori dell’intera catena farmaceutica ed esattamente quello distributivo-commerciale cui si sono riversati la maggior parte dei farmacisti non per propria scelta e vocazione, piuttosto per i ristretti ambiti e percorsi lavorativi offerti loro dalla legislazione vigente.
La nascita di oltre 3500 parafarmacie ha rappresentato nell’80% dei casi la sola valvola di sfogo cui contrapporre la dilagante disoccupazione di laureati che, anche questa volta e in maniera del tutto errata, hanno avuto l’opportunità di riempire l’unico settore della catena, quello distributivo-commerciale, già visibilmente saturo e attualmente non competitivo con le attuali normative.
A mio parere, dunque, utile favorire il libero esercizio della professione imprenditoriale e commerciale, con la liberalizzazione della vendita di tutti i farmaci di fascia A e C (ma acquistabili dal cittadino solo a pagamento) nelle parafarmacie che rappresenterebbero i nuovi presidi non convenzionati col SSN (esattamente così come, per l’ambito clinico e chirurgico sono esistenti strutture pubbliche e private).
Soluzione necessaria e da attuare, ma non sufficiente per la futura sostenibilità dell’intero comparto, per il quale dovrebbe esser d’accompagnamento anche la netta suddivisione dei percorsi professionali dei laureati in Farmacia: quello puramente distributivo-commerciale e quello intellettuale.
I tempi sono ormai maturi per un passo verso una svolta epocale che dovrebbe essere attuata anche ricalcando validi modelli europei ed extraeuropei da tempo esistenti: slegare il trinomio “farmacista-farmacia-parafarmacia”, in favore del binomio “farmacista-farmaco”, desaturando il settore commerciale (farmacie e parafarmacie) attraverso la legittimazione del lavoro intellettuale dei laureati in farmacia, quali unici sanitari esperti nella gestione dei medicinali, combattendone così il ricorso all’abusivismo professionale e riqualificandone il profilo sanitario, in processi di ampliamento del ruolo operativo, in maniera obbligatoria, in tutti i contesti ove sia presente la gestione del farmaco, tanto in ambito clinico quanto in ambito economico e tecnico-legislativo.
A supporto di questa ipotesi di riordino normativo spiccano il DDL Mandelli-Lettieri e la più recente proposta di legge regionale dell’On Borraccini in Puglia, appartenenti a schieramenti politici nettamente contrapposti, ma che ritrovano in comune l’obiettività della causa posta.
Un utile strumento legislativo di riordino del comparto e della figura professionale del Farmacista porrebbe dunque rimedio alla problematica farmacie-parafarmacie, determinando peraltro nuova occupazione per i laureati in tale disciplina e traghettando l’Italia verso un nuovo e più efficace modello di sanità organizzata e all’avanguardia, al pari di numerose altre realtà in cui già da anni figurano professioni specializzate come quelle dei Clinical Pahrmacist, Prescriber Pahrmacists e Pharmacist Counselors.
Si assisterebbe ad un aumento degli stati occupazionali dei laureati e l’elevazione della dignità professionale del dottore in farmacia (non necessariamente legato ad un esercizio commerciale) di cui si delineerebbe finalmente il ruolo sanitario ben distinto da quello medico e infermieristico, ad essi sicuramente complementare. D’altronde, studi e sperimentazioni già conclusi danno valevole ragione di introdurre la figura del “farmacista clinico” nel team sanitario già composto da medici ed infermieri per sgravare il lavoro ad essi caricato, prevenire e diminuire la percentuale di errori in terapia, abbassare la spesa sanitaria pubblica, aumentare il grado di governance clinico-farmaceutica e, conseguentemente, limitare l’abusivismo della professione del farmacista.
Il “farmacista clinico” opportunamente formato quale unico sanitario abilitato (in funzione di una professione intellettuale) alla gestione del farmaco e del relativo rischio, alla supervisione della spesa farmaceutica, alla revisione ottimizzazione e ricognizione delle terapie, alla monitorizzazione dell’aderenza terapeutica e alla presa in carico dei pazienti cronici, prevedrebbe, dunque, la complementarietà nella gestione associata dei pazienti con le figure mediche ed infermieristiche cui si dovrebbe obbligatoriamente accostarne la figura per specifica competenza.
I nostri laureati potrebbero così scegliere se orientarsi sul percorso lavorativo intellettuale o commerciale e troverebbero riscontro della loro presenza obbligatoria, dunque, sia nei compartimenti sanitari pubblici che privati, vedendo aumentato il possibile ventaglio delle proprie posizioni occupazionali e garantendo un’ elevazione della qualità dell’ offerta sanitaria nel panorama nazionale.
Sicuro di non averla annoiata e di aver contribuito in piccolissima parte ad una idea di ristrutturazione complessiva da Lei prevista, colgo l’occasione per augurarLe un ottimo lavoro, rendendomi disponibile ad eventuali apporti in fase di studio ed elaborazione della Riforma da Lei preannunciata.
Dr. Alessandro Cordiano
Farmacista
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