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Lunedì 23 LUGLIO 2018
Carenza medici: no a inutili allarmismi. Ecco perché lo studio della Fiaso sbaglia

Esaminando i risultati dello studio Fiaso ci troviamo di fronte ad un quadro in cui per poche specializzazioni esiste un deficit e per altre un surplus. Il problema è che non si è tenuto conto nè della riorganizzazione in atto negli ospedali (nuovi standard) nè dei nuovi bisogni di salute della popolazione sempre più orientati verso l'assistenza socio-sanitaria territoriale. Per questo serve una reale stima del fabbisogno quali-quantitativo dei medici e professionisti sanitari, che includa il personale dipendente e convenzionato SSN, il privato e la libera professione

Lo studio prodotto dal laboratorio Fiaso sulle politiche del personale ci offre uno spaccato real world circa i pensionamenti e le fuoriuscite dal Ssn di altro tipo che sono avvenute negli anni 2012-2017 e che avverranno fino al 2025. Si tratta, però, di un dato che, da solo, non può bastare ad informare le decisioni di programmazione sanitaria né, tanto meno, deve far giungere ad allarmismi o conclusioni affrettate. Viene, infatti, preso in considerazione solamente il numero delle uscite dal SSN sulla base del dato storico e, pertanto, si ritengono opportune alcune considerazioni di merito.
 
Innanzitutto, il DM 70/2015 sulla riorganizzazione della rete ospedaliera ha introdotto una serie di provvedimenti che possono essere considerati l’alba di una nuova fase per il nostro SSN. Le strutture ospedaliere vengono ridimensionate e suddivise sulla base dell’intensità di cura.
 
Tra le innovazioni degne di nota, un’organizzazione della rete ospedaliera sul modello Hub & spoke, attenzione e valutazione dei volumi e degli esiti di una struttura per garantire una qualità adeguata dell’assistenza, nuova importanza ai servizi territoriali per la gestione delle cronicità. Una corretta applicazione del DM 70 ha determinato la chiusura o una revisione dei piccoli ospedali e delle strutture periferiche che, secondo i suddetti criteri, non avrebbero potuto garantire un’assistenza di qualità. In molte regioni questo è avvenuto a rilento a causa di resistenze da parte della politica locale, per differenti interessi strategici o, anche, per ridotte capacità regionali di management.
 
Si vuole far notare, quindi, che l’applicazione più o meno parziale di questo decreto comporta inevitabilmente una contrazione delle strutture ospedaliere e di concerto una contrazione del fabbisogno di specialità prettamente ospedaliere. Considerando, quindi, che i dati prodotti da Fiaso si riferiscono esclusivamente al personale dipendente, è verosimile che si stia parlando di personale ospedaliero per cui, da tali dati, emerge un dato soltanto parziale grazie al quale non è dato capire se gli effetti e le ricadute future del suddetto decreto siano stati o meno considerati.
 
Si deve poi porre l’accento anche su altri aspetti: è in corso una transizione demografica, epidemiologica e sociale rappresentata dall’invecchiamento della popolazione, dall’aumento delle cronicità, ovvero da un aumento della quantità di vita ma da una riduzione degli anni vissuti in salute, del ritardato accesso al mondo del lavoro e dall’impoverimento delle reti sociali.
 
Tutto ciò sta determinando, e determinerà sempre più, un fabbisogno di salute della popolazione abbastanza differente rispetto a quello espresso finora. In questo scenario le Cure Primarie e l’assistenza socio-sanitaria territoriale avranno un ruolo sempre più determinante, così come appare necessaria una maggiore attenzione alla promozione della salute, al prolungamento degli anni di vita in salute, dell’autonomia e dell’autosufficienza.
 
La sfida alla cronicità attraverso un approccio per intensità di cura e la risposta ai nuovi fabbisogni di salute rappresentano un’importante sfida per il SSN, una sfida che passa obbligatoriamente per il potenziamento delle cure primarie e per la valorizzazione del personale sanitario non medico attraverso il task-shifting.
 
C’è chi sostiene che questo possa mettere in dubbio la qualità di assistenza fornita dal nostro SSN, ma a tal proposito si vuole ricordare che l’efficienza e la qualità dell’assistenza erogata da un sistema sanitario nazionale non dipende dal numero di medici per abitante, quanto semmai dal complesso del sistema di cure che si riesce a mettere in grado  di rispondere ai bisogni della popolazione. Di tale sistema il valore aggiunto è e deve sempre più essere rappresentato dalle cure primarie.
 
Alla luce di ciò i dati forniti da Fiaso, e lo spaccato di sanità reale che ne deriva, non considerando i fabbisogni di salute odierni e, soprattutto, quelli in prospettiva, sono importanti ma parziali.
 
Non viene inoltre considerato che la menzionata carenza di profili specialistici, seppur vera, riguarda meno di 10 specializzazioni mediche sulle 57 esistenti. Capita molto spesso, infatti, che giovani medici formati nelle branche specialistiche non citate nello studio vivano in una condizione di precariato trovando molte difficoltà ad accedere al mondo del lavoro per il settore in cui si sono formati.
 
Ci troviamo quindi di fronte ad un quadro in cui per poche specializzazioni esiste un deficit e per altre un surplus. Ci chiediamo quindi: sulla base di cosa vengono oggi stimati i fabbisogni indicati dalle regioni, in ragione dei quali vengono distribuiti i contratti di formazione specialistica?
 
Altro vulnus è la considerazione marginale della formazione in medicina generale. Purtroppo in Italia, al contrario della stragrande maggioranza dei paesi europei, la medicina generale non è una specializzazione, e ciò comporta una divisione a compartimenti stagni anche quando si parla di formazione medica post-lauream.
 
A tal proposito il SIGM da anni auspica una valorizzazione della Formazione Specifica in Medicina Generale che passi dal riconoscimento della Medicina Generale come disciplina specialistica dotata di una propria specificità, autonomia e peculiarità fino all’ istituzione di una specializzazione. Proprio a ribadire ciò in tema di stima del fabbisogno medico-specialistico, si vuole ricordare che in Francia la metà dei contratti di specializzazione sono destinate proprio alla Medicina Generale.
 
La valorizzazione dei medici, in particolare di quelli che aspettano di accedere ad un percorso di formazione post-lauream, passa attraverso un aumento delle borse sia della medicina generale sia della specializzazione. Questo aspetto è e resta l’aspetto preminente ma una riflessione è oggi doverosa rispetto a come viene calcolato il fabbisogno medico e medico specialistico, in quanto basarsi sul dato storico è anacronistico e non rispetta in nessun modo i canoni della programmazione.
 
Formare medici senza considerare i cambiamenti epidemiologici, demografici, sociali è formare medici destinati alla disoccupazione, al precariato, all’esodo, alla frustrazione di percorsi, investimenti, sogni.
 
Piuttosto che pensare a proposte al ribasso quali l’utilizzo degli specializzandi all’ultimo anno nelle strutture del SSN creando specializzazioni di serie A e specializzazioni di serie B, impiegando i medici per lenire le carenze dovute ad una programmazione fatiscente avvenuta negli anni passati, occorre oggi pianificare fin dall’accesso alle facoltà di medicina, non aprendole ma studiando i numeri e i trend e regolandosi di conseguenza.
 
Rendere attive e più funzionali le reti formative già previste dai DIM 68/2015 a 402/2017, che includono già le principali strutture ospedaliere non universitarie all’interno delle scuole di specializzazione, è imperativo.  A tal fine, e proprio perché l’Associazione Italiana Giovani Medici crede fortemente in una formazione di qualità che debba passare anche per le strutture non universitarie, invitiamo i Direttori Generali che stipulano le convenzioni con le scuole di specializzazioni universitarie a ragionare nei suddetti termini: la formazione extra universitaria è fondamentale ma non è la soluzione. Gli specializzandi non dovranno mai essere considerati dei tappi ai buchi degli errori passati.
 
Oggi più che mai SIGM non ritiene sia opportuno evocare scenari apocalittici per l’SSN, mentre è il caso di riaffermare la centralità della programmazione nelle scelte relative al capitale umano e alla workforce medica. 
 
Come Giovani Medici, auspichiamo che si arrivi quanto prima a una reale stima del fabbisogno quali-quantitativo dei medici e professionisti sanitari, che includa il personale dipendente e convenzionato SSN, il privato e la libera professione, auspichiamo che la formazione sia sempre centrale e la programmazione sia la stella polare delle scelte.
 
I medici in formazione specialistica non dovranno essere mai messi nelle condizioni di scegliere una formazione in università o nel territorio, solo la sintesi tra i diversi “mondi” della sanità, in base a numeri reali e programmati, potrà portare un ulteriore valore aggiunto al futuro del nostro SSN.
 
Segretariato Italiano Giovani Medici

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