quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Mercoledì 13 GIUGNO 2018
Nasce in Toscana l’infermiere di famiglia e comunità. Si occuperà di cronicità e territorio e dell’assistenza a domicilio
La Giunta regionale lo ha deciso con la delibera 597 del 4 giugno, con cui ha indicato il quadro di riferimento, la definizione, le caratteristiche del modello, le responsabilità, le funzioni e le competenze e il relativo percorso formativo per la nuova figura che, come afferma la stessa delibera, rappresenta lo sviluppo di specifici percorsi assistenziali che affrontino l'area della cronicità. LA DELIBERA.
Un modello assistenziale infermieristico orientato alla famiglia e alla comunità capace di garantire un'azione snella e flessibile nella rilevazione dei bisogni, la continuità e l'adesione alle cure, la sorveglianza domiciliare e la presa in carico dell'individuo e della famiglia con l'intento di evitare inutili ricoveri, favorire la deospedalizzazione, presidiare l'efficacia dei piani terapeutico-assistenziali, allo scopo di migliorare la qualità di vita della persona nel suo contesto di vita: nasce in Toscana l’infermiere di famiglia e di comunità.
Quello che secondo l’Oms è colui che aiuta gli individui ad adattarsi alla malattia e alla disabilità cronica trascorrendo buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio della persona assistita e della sua famiglia.
La Giunta regionale lo ha deciso con la delibera 597 del 4 giungo, con cui ha indicato il quadro di riferimento, la definizione, le caratteristiche del modello, le responsabilità, le funzioni e le competenze e il relativo percorso formativo per la nuova figura che, come afferma la stessa delibera, rappresenta lo sviluppo di specifici percorsi assistenziali che affrontino l'area della cronicità, come ha previsto il Piano socio sanitario regionale in cui si afferma la necessità di “intervenire sulla fragilità dell’anziano per evitare la non autosufficienza”, prevedendo che la gestione della cronicità e della fragilità da parte dei team multiprofessionali sia realizzata in modo proattivo, nell’ambito della sanità di iniziativa, attraverso interventi di identificazione e di follow-up e attraverso la diffusione di esperienze di infermiere di famiglia o di comunità.
Questo modello, che fin dall'inizio della sua sperimentazione, ha fatto registrare importanti risultati di salute per gli assistiti – spiega la stessa delibera - specificatamente per quanto attiene all'infermieristica, necessita di un consolidamento e di alcune linee di sviluppo, anche alla luce di importanti cambiamenti organizzativi già attuati o in atto:
• nuova organizzazione della Medicina Generale con la costituzione di 116 aggregazioni funzionali territoriali (AFT);
• implementazione del modello "Casa della Salute";
• incremento dell'assistenza in regime di domiciliarità per far fronte ai bisogni degli assistiti e delle loro famiglie;
• promozione del self management delle malattie croniche e l'autogestione della propria salute anche per il cambiamento degli stili di vita e la prevenzione della conseguente disabilità;
• supporto alle funzioni e competenze assistenziali dei caregiver;
• accesso al sistema in rete dei servizi territoriali di cure primarie;
• gestione della continuità assistenziale e costituzione delle Agenzie di Continuità Ospedale - Territorio (ACOT).
L'obiettivo è mantenere e migliorare nel tempo, l'equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute.
Sotto il profilo organizzativo il modello prevede che la nuova figura sia responsabile di un gruppo predefinito di assistiti/"famiglie" e oggetto della sua assistenza è l'intera comunità, di cui la famiglia rappresenta l'unità di base.
In questo senso l'Infermiere di famiglia svolge il suo ruolo nell’ambito comunitario di cui fanno parte la rete dei servizi sanitari e socio-sanitari, le scuole, le associazioni e i vari punti di aggregazione ed è quindi coinvolto nel processo di potenziamento di Comunità perché questa riesca a trovare soluzioni ai propri problemi.
La delibera definisce l’infermiere di famiglia e di comunità (IFC) “il professionista responsabile della gestione dei processi infermieristici in ambito familiare. Promuove un'assistenza di natura preventiva, curativa e riabilitativa differenziata per bisogno e per fascia d'età, attraverso interventi domiciliari e/o ambulatoriali risposte ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale di riferimento”.
L'IFC rappresenta l'evoluzione di funzioni professionali già svolte per la salute della collettività che il mutamento dei bisogni socio-sanitari dei cittadini rende necessaria per la qualità delle cure.
Gli ambiti di esercizio professionale dell'IFC sono il domicilio, l'ambulatorio, le strutture intermedie e residenziali e l'intera comunità.
Le parole d’ordine che definiscono – e che la delibera spiega in modo articolato – l’IFC sono: prossimità alla famiglia e alla comunità, proattività, equità e multiprofessionalità.
L’infermiere di famiglia gestisce i processi infermieristici in ambito familiare e di comunità di riferimento e opera in collaborazione con il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta, il medico di comunità e l'équipe multiprofessionale per aiutare individuo e famiglie a trovare le soluzioni ai loro bisogni di salute e a gestire le malattie croniche e le disabilità.
Dieci le sue funzioni indicate nell’articolata delibera toscana:
• valutare lo stato di salute e i bisogni della persona nelle diverse fasi della vita (adulta, infanzia, adolescenza), del contesto familiare e conoscere quelli di comunità;
• promuovere e partecipare ad iniziative di prevenzione e promozione della salute rivolte alla collettività;
• promuovere interventi informativi ed educativi rivolti ai singoli, alle famiglie e ai gruppi, atti a promuovere modificazioni degli stili di vita;
• presidiare e facilitare i percorsi nei diversi servizi utilizzando le competenze presenti nella rete;
• pianificare ed erogare interventi assistenziali personalizzati alla persona e alla famiglia, anche avvalendosi delle consulenze specifiche degli infermieri esperti ( es. wound care, sto mie e nutrizione artificiale domiciliare, ventilazione domiciliare, cure palliative ed altre);
• promuovere l'aderenza ai piani terapeutici e riabilitativi;
• partecipare alla verifica e monitoraggio dei risultati di salute;
• sostenere i percorsi di continuità assistenziale tra sociale e sanitario, tra ospedale e territorio e nell'ambito dei servizi territoriali sanitari e socio-sanitari residenziali e semi-residenziali;
• garantire le attività previste per la realizzazione degli obiettivi della nuova sanità di iniziativa;
• partecipare nell'integrazione professionale al perseguimento dell'appropriatezza degli interventi terapeutici ed assistenziali, contribuendo alla relazione di cura, al rispetto delle volontà del paziente espresse nella pianificazione delle cure, anche in attuazione della Legge 219/17.
La formazione costituisce un presupposto fondamentale e un impegno sia per la Regione Toscana sia per le aziende sanitarie. Il percorso formativo sarà organizzato nella prima fase a livello regionale e sarà rivolto alla formazione degli infermieri delle zone distretto nelle quali avrà avvio lo sviluppo operativo del modello di IFC.
Si prevede una fase pilota di durata annuale che sarà condotta in almeno 2 zone per azienda USL della Toscana, individuate a livello aziendale.
E' prevista anche la costituzione di una Cabina di regia tecnica regionale composta dai Responsabili dei settori della Direzione Diritti di Cittadinanza e Coesione sociale direttamente interessati, dai Direttori dei Dipartimenti delle Professioni Infermieristiche ed Ostetriche, dai Direttori dei Dipartimenti delle Cure Primarie e dai rappresentanti legali o loro delegati degli Ordini degli Infermieri della Toscana, con funzioni di monitoraggio su avvio e andamento fase pilota, definizione del percorso formativo regionale e identificazione degli indicatori di valutazione impatto nel SSR del nuovo modello assistenziale.
Infine, la delibera fissa anche una serie di indicatori per la verifica della qualità del processo.
Tra questi il numero casi condivisi e discussi con MMG in rapporto al numero totale pazienti presi in carico IFC e anche il numero di chiamate inappropriate al 118 da parte dei pazienti presi in carico durante l'orario di presenza dell'IFC in rapporto al numero totale di chiamate al 118.
© RIPRODUZIONE RISERVATA