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Mercoledì 23 NOVEMBRE 2011
Consiglio nazionale Fofi. Mandelli: “Rivedere criteri remunerazione dei farmacisti”

Il presidente della Fofi traccia il bilancio dei suoi tre anni di mandato. Farmacia dei servizi, parafarmacie, riforma degli Ordini e, oggi, la grande sfida per il riconoscimento di un diverso metodo di remunerazione dei farmacisti e delle farmacie.

Una relazione ampia, dettagliata, puntuale (approvata all'unanimità e con convinzione da tutti i presidente di Ordine), che ripercorre le tappe di un triennio. Un periodo che, lo stesso Andrea Mandelli, ha definito “il più difficile che la professione ha dovuto affrontare”.  Ma anche il “più ricco di sfide e di obiettivi da raggiungere”. Ad ascoltarla il Consiglio nazionale della Fofi a Roma. L’appuntamento è importante. Quello di martedì è stato infatti un Consiglio di bilancio del triennio della presidenza Mandelli,  giunto ormai verso l’appuntamento con le nuove elezioni federali previste per la prossima primavera.
E il bilancio tra cose fatte, progetti avviati e partite ancora tutte da giocare vede senza dubbio al primo posto la questione della sostenibilità del sistema sanitario italiano del quale i farmacisti e le farmacie rappresentano un asse tra i più importanti per numeri e compiti.

La sostenibilità del sistema si gioca sul territorio
Una sostenibilità che deve ancora fare i conti, spiega Mandelli, con “tendenze che sotterraneamente stavano già da tempo modificando la sanità italiana: la costante riduzione delle risorse e la crescita del fabbisogno a causa dell’invecchiamento e del costante aumento delle cronicità”.
Nonostante ciò, sottolinea Mandelli, “l’assistenza ospedaliera assorbe ancora il 51% delle risorse, mentre gli altri servizi si fermano al 30% e la farmaceutica all’invalicabile 14%”.  Uno sbilanciamento che mal si concilia con la domanda di assistenza delle cronicità e che tuttavia non appare ancora influenzare realisticamente le politiche di bilancio, che puntano ancora ad interventi tampone proprio su quei servizi territoriali, farmaci in testa, che dovrebbero al contrario avere nuova linfa per rispondere al meglio ai nuovi bisogni che non possono certo essere soddisfatti dall’ospedale.
Perché avviene tutto questo? Per Mandelli non basta la tesi, vera ma parziale, della maggiore facilità di intervento sul farmaco (tracciabilità, generici, ecc.). “C’è un motivo più profondo e sta nel fatto che chiudere un ospedale viene percepito come una perdita di valore per la società, mentre per il farmaco e ancor più per il servizio farmaceutico nel suo complesso non scatta questo meccanismo o almeno non con la stessa rilevanza”. Se questo è vero, per Mandelli la soluzione è una sola: “dobbiamo rilanciare e rivalutare la nostra professionalità che vale tanto quanto il bene dispensato”.

La farmacia dei servizi: “E ora rimbocchiamoci le maniche”
Da queste considerazioni prendeva avvio nel 2006 il progetto federale per la nuova farmacia dei servizi che ora è diventata legge dello Stato. “Tuttavia sappiamo bene che ciò non basta”, riconosce Mandelli. “Perché il momento non è infatti favorevole a investimenti da parte delle Regioni e siamo ben consci delle difficoltà delle farmacie (locali piccoli, collocazione in zone ad alta tensione abitativa, diminuzione della redditività)”. “Ma in questa situazione – incalza Mandelli – l’errore peggiore sarebbe accantonare l’opportunità che ci si offre. Siamo noi che dobbiamo dimostrare che la farmacia dei servizi è in grado di incidere realmente sulla tutela della salute. Dobbiamo provarlo, sperimentarlo e dimostrare che funziona come hanno già fatto i nostri colleghi francesi e svizzeri, ma come si sta facendo anche in alcune esperienze pilota italiane”.
Una logica di innovazione per la professione rilanciata anche con la sperimentazione del farmacista di dipartimento con la quale “abbiamo dimostrato come la maggiore integrazione del farmacista ospedaliero nel processo di cura possa migliorare sensibilmente il risultato clinico e la sicurezza, ma anche il profilo farmaco-economico”.  
   
La riforma del servizio farmaceutico
Un’altra partita aperta è la riforma del servizio farmaceutico, sulla base di un lavoro parlamentare avviato da tempo per garantire sul territorio la certezza di un acceso equo e uniforme al farmaco.  In questo quadro si inserisce la questione delle parafarmacie che, sottolinea Mandelli, “rischiano di essere la risposta sbagliata a problemi reali”. E questo perché “le eventuali carenze del servizio farmaceutico e le difficoltà di questi colleghi si risolveranno veramente solo aumentando il numero di farmacie a concorso”. “Anche perché – sottolinea Mandelli – i farmacisti titolari di parafarmacia non rappresentano la totalità del settore. “Società di capitali, distributori e altre entità economiche, compresi i titolari di farmacia, giocano un ruolo importante e forse determinante nel costruire gli orientamenti”.
 
Dal prezzo del farmaco all’atto professionale
E poi la grande sfida per i prossimi anni. La rivoluzione del sistema di remunerazione del farmacista e della farmacia. “Dobbiamo uscire dalla logica commerciale del margine sul prezzo del farmaco, non soltanto perché è economicamente sbagliata in una fase di discesa dei prezzi – sottolinea Mandelli – ma perché si apre la strada alla valorizzazione dell’atto professionale, a cominciare proprio da quelli legati alla dispensazione del farmaco”. Come? “Controllo della prescrizione, verifica della terapia, modalità di assunzione, offerta di consiglio sull’automedicazione anche quando non viene richiesto, argomentare la proposta di sostituzione della specialità con il generico”. Tutto questa è prestazione professionale che, per Mandelli, va remunerata in quanto tale seguendo una tendenza ormai affermata in Europa.
 
La riforma degli Ordini
E infine la riforma degli Ordini, una sfida anch’essa dirimente. Per i farmacisti la situazione è comunque già oggi contrassegnata dall'assenza di tariffe minime e dal fatto che l'Ordine, come ha ricordato Mandelli, "non si può certo accusare di costituire una restrizione all'accesso alla professione". Ma in ogni caso il presidente della Fofi suggerisce di affrontare il tema, abbandonando ogni “autoreferenzialità” . Per farlo bisogna “aumentare la vicinanza agli iscritti e ai cittadini, con regole più attuali e  commisurate alla complessità dell’attività professionale in ambito sanitario”. E questo vuol dire anche “un più forte impegno a comunicare sulle criticità che di volta in volta possano presentarsi nella pratica e quindi potenziare il ruolo di consulente del cittadino che usufruisce dei servizi del professionista”.

                                                                                

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