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Venerdì 06 APRILE 2018
Parkinson. Una app per monitorare i sintomi quotidiani
Come per il diabete, una app messa a punto da un team di scienziati americani si è dimostrata in grado di monitorare, minuto per minuto, i sintomi della malattie di Parkinson, per poi archiviarli e inviarli ai medici. Il dispositivo è stato presentato sulle pagine di Jama Neurology
(Reuters Health) – Un’app in sperimentazione per smartphone sarebbe utile nel monitorare i cambiamenti nei sintomi della malattia di Parkinson durante il giorno, consentendo di inviare poi i dati ai medici. È quanto afferma un team di scienziati, guidato da Suchi Saria, della Johns Hopkins University di Baltimora, che ha presentato il sistema sulle pagine di JAMA Neurology.
La app. L’applicazione chiede ai pazienti di portare a termine cinque attività che valutano linguaggio, finger tapping, andatura, equilibrio e tempo di reazione. Da questo viene generato un cosiddetto mobile Parkinson’s Disease score che i medici possono usare per valutare la gravità dei sintomi e regolare le terapie. L’app è stata sviluppata per funzionare con il sistema Android.
Il test. Per testare l’applicazione, i ricercatori americani hanno preso in considerazione 129 pazienti che avevano completato più di seimila valutazioni dai loro smartphone. I punteggi variavano da 0 a 100, con i numero più alti a indicare i sintomi più gravi. I partecipanti dovevano fare le valutazioni prima e dopo la prima dose giornaliera di dopamina. E si sono anche sottoposti alle normali valutazioni cliniche. I sintomi variavano, in media, di 14 punti durante il giorno.
Inoltre, i ricercatori hanno trovato una forte correlazione tra il punteggio dell’app per telefonini e le scale di valutazione completate presso lo studio medico. Inoltre, i compiti eseguiti subito dopo l’assunzione di dopamina avrebbero portato a punteggi inferiori, dimostrando la sensibilità e l’accuratezza del monitoraggio dei sintomi in tempo reale. “Come per il diabete, anche il Parkinson ha una variabilità nella sintomatologia che potrebbe anche determinare dei cambiamenti di terapia. Per misurare questi cambiamenti, però, bisognerebbe eseguire tante misurazioni in clinica”, spiega l’autore principale dello studio, Suchi Saria.
Fonte: JAMA Neurology
Carolyn Crist
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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