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Venerdì 23 MARZO 2018
Stop all’obbligo di certificati medici sportivi. Non chiamatela vittoria
Gentile Direttore,
ho avuto modo di leggere l’articolo “Certificati medici sportivi. Fimp: 'Bene Governo su stop obbligo per bambini da 0 a 6 anni’" del 19 marzo 2018, che proclamava la “vittoria” ottenuta dalla Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri) circa l’eliminazione dell’obbligo del certificato medico per la pratica dell’attività sportiva in età prescolare.
Le affermazioni riportate nell’articolo, e nell’Atto Ministeriale a cui l’articolo stesso fa riferimento, lasciano passare il messaggio che si elimina l’obbligo del certificato per favorire la partecipazione all’attività sportiva e per combattere la sedentarietà.
Ci si poteva aspettare una tassa sui videogames, un regalo per il bambino che fa almeno 10.000 passi al giorno, strategie per incentivare l’efficienza delle strutture sportive…..e invece no! Si elimina l’obbligo del certificato tra 0 e 6 anni! È come se per incentivare la circolazione di macchine elettriche al fine di limitare l’inquinamento, decidessimo di togliere le multe per eccesso di velocità a chi le guida!
Il problema qui non è la frattura o lo strappo muscolare, il plantare per il piede piatto, la scoliosi o l’eritema da sforzo. Qui il problema è che i bimbi muoiono! Sarò drastico ma è così!
Togliere questa procedura obbligatoria, ritenuta “inutile burocrazia” trascura alcuni aspetti fondamentali della visita medico sportiva in età prescolare e vorrei entrare, per quanto concerne le mie competenze di medico fisiatra e di medico sportivo, nella parte più cosiddetta “medico-scientifica” della questione.
Un illustre collega americano, Barry J. Maron, della Minneapolis Heart Institute Foundation nel 2000 pubblicava sul The New England Journal of Medicine (Volume 343, Numero 19) un editoriale dal titolo affascinante “The paradox of exercise”. Riassumendo, il messaggio principale era che l’attività sportiva può essere considerata una lama a doppio taglio (“two-edged sword” dell’Autore). Infatti è noto che l’attività fisica ha una serie infinita di effetti positivi sulla salute ma rappresenta di per sé un fattore di rischio per lo slatentizzarsi di patologie cardiache sottostanti. Però, facendo un “commercialistico” calcolo di entrata-uscita, di rischio-beneficio, i vantaggi sono di gran lunga maggiori dei rischi e pertanto l’attività fisica va promossa nella popolazione generale.
Nonostante questo lavoro non si riferisse a fasce di età particolari e riguardasse prevalentemente la patologia coronarica dell’adulto piuttosto che la salute del bambino sottoposto ad attività sportiva, altri Autori nel mondo ci hanno tenuto a farci sapere che questa “spada” non risparmia nessuna età.
Nel 2016 infatti, R.D. Bagnall ed altri autori dell’Università di Sydney, con uno splendido lavoro sempre sul The New England Journal of Medicine (A Prospective Study of Sudden Cardiac Death among Children and Young Adults - n engl j med 374;25 nejm.org June 23, 2016), ci hanno fornito dati riguardo il rischio di morte improvvisa cardiaca nella popolazione pediatrica e ci hanno detto che una parte di queste morti, seppur rara, avviene durante o dopo l’attività sportiva. Gli autori confermano che il rischio di morte cardiaca improvvisa è di 1.3 su 100.000 persone per anno in un campione da 1 a 35 anni della popolazione australiana e ciò è leggermente più basso di quanto riportato da studi europei (2.8 per 100.000 persone per anno tra 1 e 35 anni e 1.5 per 100.000 persone per anno tra 1 e 18 anni, in due studi condotti in Danimarca). Ovviamente non tutto è tra gli 1 e i 6 anni e non tutto è diagnosticabile. Il 40% di queste morti resta inspiegato anche dopo una attenta autopsia. Ma il resto no!
Inoltre, il tasso di incidenza più basso si ha tra i 6 e i 10 anni, mentre il rischio tra gli 1 e i 6 decresce regolarmente in questo intervallo, oscillando comunque tra gli 1 e lo 0,3 per 100.000 bambini per anno.
Giusto per ragionare…..il portale EpiCentro (Portale di Epidemiologia per la Sanità Pubblica) ci consente di accedere ai dati di sorveglianza delle malattie batteriche invasive in Italia. L’incidenza di malattia invasiva da meningococo (Neisseria Meningitidis) è pari a 0.83 casi per 100.000 nella fascia di età 1-4 anni e a 0.24 casi per 100.000 nella fascia di età 5-9 anni.
Se analizziamo attentamente i dati danesi possiamo calcolare una incidenza di 0.34 casi per 100.000 bambini per anno per morte cardiaca improvvisa tra gli 1 e 6 anni.
Dunque, in Italia 0,84 bambini su 100.000 tra gli 1 e i 4 anni e 0,24 bambini su 100.000 tra i 5 e 9 anni hanno una malattia invasiva da meningococco per anno, mentre in Danimarca 0,34 bambini tra gli 1 e i 6 anni su 100.000 muoiono per morte cardiaca improvvisa per anno.
Ovviamente il paragone con una malattia infettiva è “difficile”, ma per la meningite siamo finiti per mesi sui giornali, per la morte cardiaca improvvisa togliamo il certificato e la raccontiamo come un segno di progresso sociale.
Il certificato serve per escludere alcune patologie come ad esempio una cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, una sindrome di Brugada, una sindrome da QT lungo, che sono condizioni non diagnosticabili con una semplice visita medica. Per condizioni come questa, quando avremo un “fondato sospetto clinico” probabilmente staremo già incollando le placche del defibrillatore.
C’è da dire che fortunatamente l’incidenza è bassa e la stragrande maggioranza delle visite mediche condotte a quella età è nella norma. Questa è una fortunata certezza. Ma questo è il senso della medicina preventiva. È il senso delle analisi cost-effectiveness che ci stimano costi in “anni di vita” guadagnati.
Se questa è la indispensabile premessa, ci si domanda: ma il Tavolo in materia di medicina dello sport istituito presso l’Ufficio Legislativo del Ministero della Salute a cui fa riferimento l’Atto Ministeriale oggetto della discussione, ha raccolto motivazioni valide per arrivare a decretare quanto ha decretato? A me tutto questo sembra incomprensibile.
Il moderno Giuramento recita: "Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro: […] di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale". Con impegno scientifico, culturale e sociale non possiamo promuovere l’attività sportiva eliminando il certificato.
Non possiamo lasciare passare il messaggio che si elimina l’obbligo del certificato per favorire la partecipazione all’attività sportiva e per combattere la sedentarietà.
Si ritiene una vittoria poter dire: “caro bimbo non ti serve il certificato, così non perdiamo tempo inutile e fai più facilmente attività sportiva”…io da padre e da medico specialista, non avrei il coraggio di affermazioni simili.
Felice Sirico
Specialista in Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico
Specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa
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