quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Giovedì 22 MARZO 2018
Malattia di Fabry. Dall’associazione Aiaf 35.000 euro all’Università di Firenze per un nuovo strumento diagnostico
Il dosaggio di Lyso-Gb3 è un esame che può accelerare la diagnosi, ma non viene eseguito sistematicamente in Italia. Spesso, per i pazienti che vengono sottoposti al test nel nostro Paese, i campioni di sangue devono essere inviati a laboratori specializzati all’estero, con costi elevati di trasporto a temperatura controllata. Lo studio è finalizzato a validare il dosaggio del Lyso Gb-3 su cartoncino.
Fabio Villanelli del dipartimento di Scienze biomediche, sperimentali e cliniche dell’Università di Firenze si è aggiudicato il bando di ricerca indetto dall’Associazione Italiana Anderson Fabry (Aiaf) Onlus finalizzato alla messa a punto di una nuova metodica diagnostica per la malattia di Fabry.
L’assegno messo a concorso è del valore di 35.000 euro.
La malattia di Fabry è una rara patologia causata da un deficit funzionale dell’enzima α-galattosidasi A che determina un progressivo accumulo di glicosfingolipidi non correttamente degradati in vari organi, tra i quali reni, cuore, occhi e sistema nervoso, causando seri danni.
Oggi la malattia viene efficacemente trattata con delle terapie farmacologiche, ma il punto debole rimane la diagnosi, che spesso arriva dopo molti anni, quando i danni si sono già verificati. La comunità scientifica si sta sforzando di elaborare metodi sempre migliori per la diagnosi, tra questi la determinazione dell’accumulo di Lyso-Gb3, esame che attualmente viene eseguito all’estero ma non in Italia.
“Oggi il dosaggio di questo marcatore non viene effettuato in modo sistematico ai pazienti italiani e spesso i campioni di sangue devono essere inviati a laboratori specializzati all’estero, con costi elevati di trasporto a temperatura controllata”, ha spiegato la presidente di Aiaf Onlus, Stefania Tobaldini. “Per questo, con la consulenza del nostro Comitato Scientifico e in collaborazione con il professor Giancarlo la Marca, è stato elaborato un progetto, interamente finanziato da Aiaf Onlus, finalizzato a validare il dosaggio del Lyso Gb-3 su cartoncino, con un notevole risparmio sui costi di trasporto dei campioni. Auspichiamo che i risultati dello studio che abbiamo finanziato confermino la validità di questa metodica, perché vorremmo poter proporre, successivamente, l’inserimento di questo dosaggio tra gli esami garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale”.
“Questo studio – ha spiegato il coordinatore del progetto, Giancarlo la Marca – intende, intanto, dimostrare anche sulla popolazione Fabry italiana che il marcatore Lyso-Gb3 è effettivamente in grado di diagnosticare la patologia. Lo studio verrà eseguito su 100 pazienti Fabry con diagnosi certa e su 200 controlli sani di età compresa tra i 4 e i 75 anni. L’esame sarà fatto contemporaneamente su campioni di sangue intero – come viene fatto in altri paesi – e su gocce di sangue raccolte su cartoncino (DBS), una metodica che evita un vero e proprio prelievo e rende la raccolta e la spedizione molto più economica. Comparando i valori delle due metodiche potremo dimostrare se questo tipo di raccolta è praticabile ed eventualmente stabilire la correlazione tra i valori riscontrati. C’è poi un obiettivo secondario in questa ricerca, ma non meno importante: vedere se la concentrazione del marcatore può darci una misura dell’efficacia delle terapie effettuate dai pazienti, permettendone dunque nel tempo un utilizzo ottimale. Tutto questo permetterebbe di migliorare gli esiti terapeutici e anche la qualità della vita dei pazienti, in particolar modo di quelli dal profilo più complesso, che pur mostrando i sintomi della malattia hanno una attività enzimatica normale. Per loro la diagnosi certa arriva solo a seguito di una biopsia, un metodo invasivo e doloroso, che l’utilizzo di questo marcatore potrebbe in futuro evitare”.
“Con l’inizio della determinazione del Lyso-Gb3 anche in Italia si compie un notevole passo in avanti nello studio e nel monitoraggio del paziente con malattia di Fabry”, ha detto Renzo Mignani del Dipartimento di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale degli Infermi di Rimini, coordinatore del Comitato Scientifico di AIAF Onlus. “La ricerca scientifica ha oramai confermato il ruolo fondamentale che tale Marker biochimico ha non solo nella diagnosi di malattia ma anche nel discriminare varianti geniche responsabili di fenotipi classici o di varianti atipiche tardive o ancora di varianti non patogene, cioè non responsabili della malattia in cui tale sostanza, e quindi la malattia, è del tutto assente. Ma la sua determinazione è altrettanto importante per valutare l’efficacia della terapia enzimatica o chaperonica in grado di ridurre significativamente la concentrazione del Lyso-Gb3 nel plasma. Noi tutti medici del Comitato Scientifico siamo veramente entusiasti di aver proposto e poi realizzato, grazie all’associazione pazienti che ha finanziato l’iniziativa, tale progetto di estrema utilità per il paziente con malattia di Fabry”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA