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Giovedì 15 FEBBRAIO 2018
Quale specializzando vogliamo per avere futuri buoni medici?
Gentile Direttore,
il Consiglio dei Ministri, l'8 febbraio scorso, ha impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale la legge della Lombardia in materia di formazione specialistica dei medici che prevede una progressiva autonomia dello specializzando dal punto di vista dell’assistenza clinica all’interno delle corsie delle Cliniche universitarie e, laddove è possibile, di quelle ospedaliere.
Secondo il CdM “alcune norme riguardanti la formazione specialistica dei medici contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni e tutela della salute, in violazione dell’art. 11, terzo comma, della Costituzione”.
Ora come sempre accade quando ci si deve confrontare con le normative, i regolamenti, le disposizioni di legge, ecc. non esiste mai un solo modo per giudicare della bontà o meno di un provvedimento. In particolare, l’art.38 della stessa legge 33/2009 precisa che il medico in formazione specialistica “si impegna a seguire, con profitto, il programma di formazione svolgendo le attività teoriche e pratiche previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici…Ogni attività formativa e assistenziale dei medici in formazione specialistica si svolge sotto la guida di tutori…” (art. 38, comma 1).
Dunque appare evidente che chi è riuscito ad accedere ad una Scuola di specializzazione, magari proprio quella che desiderava e dopo una lunga ed accurata preparazione (avendo anche pagato lo scotto di un anno perduto a causa di una laurea che dopo 6 anni di Corso non è neppure abilitante), ha la necessità ed anche la forte motivazione a capitalizzare quanto ha appreso e, soprattutto, quanto apprende tutti i giorni tramite la sua presenza ed il suo lavoro in corsia.
Ed è evidente che tutto il suo percorso formativo debba avvenire sotto la guida e lo sguardo attento del tutor ma questo, nello stesso tempo, non deve significare deresponsabilizzazione o tanto meno mortificazione delle capacità professionali, scientifiche ed empatiche che ogni giovane medico in formazione possiede e che sta al tutor individuare e far venire allo scoperto.
Che poi in questi anni, in molte situazioni, lo specializzando sia stato e sia utilizzato per riempire i tanti buchi degli organici o sopperire alla scarsa volontà di impegno di questo o quel docente è una realtà ben conosciuta e, purtroppo, piuttosto diffusa a causa delle tante lacune di un servizio sanitario nazionale sempre più boccheggiante ed in affanno.
Se dunque il richiamo del Governo ad un impiego più corretto e qualificante del ruolo degli specializzandi ha una sua apprezzabile ragione, non bisogna però eccedere nell’atteggiamento opposto che è quello di considerare chi si appresta a svolgere una professione impegnativa come quella del medico (ed ancor più vale per coloro che si specializzano in branche di tipo chirurgico) sia considerato uno “scolaro” a vita, salvo poi doversi improvvisamente scontrare – una volta uscito dalla Scuola di specialità – con la dura, rischiosa e quotidiana realtà assistenziale e clinica e sentirsi perduto perché non ha gli strumenti tecnici e umani per affrontarla.
A maggior ragione oggi, con la prospettiva di avere da qui a 10 anni un esodo (in termini di pensionamento) che riguarderà oltre 80.000 medici, desertificando le piante organiche e privandole dei professionisti con maggiore esperienza. Come ho già scritto, non è accettabile che dopo un Corso di laurea così lungo ed impegnativo (il più lungo ed impegnativo tra i Corsi di laurea) un medico chirurgo abilitato alla professione non sia ancora considerato sufficientemente maturo per agire in modo autonomo, provando il brivido di assumersi la responsabilità di ciò che sta facendo, seppure sotto l’occhio attento di un tutor presente, capace e generoso.
Non so se chi si è occupato, nel disegno della Riforma della sanità lombarda, di questi aspetti formativi lo ha fatto con più o meno buona fede, ma soltanto se ci si disporrà a considerare la medaglia dell’assistenza sanitaria da entrambi i suoi lati potremo continuare ad avere buoni medici, perché così sono i medici italiani.
Sandro M. Viglino
Presidente AGITE
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