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Mercoledì 31 GENNAIO 2018
Anche l’Italia in prima linea contro l’antibioticoresistenza. La Simit commenta il report Oms e illustra le strategie del nostro Paese
Secondo Marco Tinelli, Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, però, nel report Oms, su 52 nazioni che hanno aderito al sistema GLASS fornendo alcune informazioni di base , solo 22 hanno trasmesso per esteso i loro dati, “rendendo in parte incompleto e in qualche caso sottostimato un grande lavoro di sintesi a livello planetario. In Italia è attivo AR-ISS, sistema di sorveglianza che trasmette i dati al sistema di monitoraggio epidemiologico europeo EARS-Net, governato dall'ECDC e a cui aderiscono tutti i paesi Ue.
La Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, interviene sul report Oms che riguarda il sistema di sorveglianza GLASS (Global Antimicrobial Surveillance System) che si integra in un più vasto piano a livello mondiale di contrasto all’antibiotico resistenza e vuole essere di aiuto alle nazioni per prendere, a livello globale, appropriate decisioni in merito.
Secondo Marco Tinelli, Membro del Consiglio Direttivo della Società, però, nel report Oms, su 52 nazioni che hanno aderito al sistema GLASS fornendo alcune informazioni di base , solo 22 hanno trasmesso per esteso i loro dati, “rendendo in parte incompleto e in qualche caso sottostimato un grande lavoro di sintesi a livello planetario. Alcune nazioni già impiegano sistemi di raccolta dati differenti da GLASS, come Stati Uniti, Francia, Spagna, Italia ed altre come Cina, India, Russia hanno difficoltà a raccogliere dati su una popolazione vastissima e non sempre omogenea”.
“In Italia – spiega Tinelli - il sistema di sorveglianza sulle antibiotico resistenze si chiama AR-ISS e, a sua volta, trasmette i dati ad un sistema di monitoraggio epidemiologico europeo chiamato EARS-Net che è governato dal Centro di controllo e sorveglianza delle malattie (ECDC) con sede a Stoccolma. Al sistema aderiscono tutti i paesi dell’Unione europea, è molto efficiente e rilascia ogni anno dei report molto dettagliati sulle resistenze della gran parte dei batteri circolanti sia a livello ospedaliero che territoriale. Tuttavia non è semplice stabilire i numeri con certezza”.
Secondo Tinelli il report dell’Oms lancia comunque un ennesimo allarme che da tempo le Società Scientifiche sia Internazionali che Italiane, in particolar modo la Simit e le istituzioni come il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, hanno evidenziato nei confronti della comunità scientifica con un importante riscontro anche da parte dei media.
“Ricordiamo, di recente, a dicembre scorso – spiega - la campagna mediatica della Simit su tutti i canali televisivi RAI sul buon uso degli antibiotici e, a oggi, rammentiamo la distribuzione gratuita presso le farmacie italiane di una rivista sulla stessa tematica realizzata e stampata sempre dalla Simit”.
Il problema rilanciato dall’Oms, secondo l’infettivologo, pone l’attenzione sul fatto che attualmente qualunque tipo di infezione dalle più banali come semplici infezioni cutanee o urinarie a infezioni gravi quali polmoniti e sepsi, possono essere causate da batteri antibiotico-resistenti. Anche una persona che non ha mai preso antibiotici corre il rischio di avere un’infezione da batteri resistenti, soprattutto se si trova in ospedale o nelle altre strutture di assistenza sanitaria. I batteri non conoscono frontiere e le stesse resistenze che si trovano in Europa o negli Stati Uniti si possono evidenziare in villaggi sperduti in Africa e in America Latina come anche il report dell’Oms dimostra chiaramente.
La diffusione dei batteri è dovuta a diversi fattori, spiega ancora Tinelli, primo fra tutti la scarsa tendenza a lavarsi frequentemente le mani (particolarmente rilevante in Italia dove l’uso delle soluzioni alcoliche usate come detergenti risulta essere tra i più bassi nella Unione europea secondo un report dell’ECDC), la non oculata e inappropriata gestione degli antibiotici che può arrivare a vari livelli fino al 50% (abuso, sotto-utilizzo o inutile assunzione) sia in ospedale che nel territorio, negli animali da allevamento (le deiezioni degli animali contengono batteri ad alta resistenza che si diffondono nei terreni circostanti gli allevamenti stessi, nelle acque di scolo e quindi nei fiumi e laghi), per trasferimento genico delle resistenze da un battere all’altro e per l’esagerato turn-over dei pazienti nelle strutture sanitarie (ospedali, Rsa).
“Anche in Italia – afferma - come segnalato dall’Oms nei paesi oggetto dell’indagine, si riscontrano batteri altamente resistenti agli antibiotici e che possono provocare elevati rischi di infezioni specie in pazienti immuno-compromessi e anche anziani. Tra questi ne ricordiamo alcuni come la Klebsiella pneumonia, in molte situazioni cliniche particolarmente aggressiva per la sua elevata patogenicità, e di cui la metà dei ceppi sono multiresistenti agli antibiotici più comuni. Un terzo dei ceppi di Klebsiella è anche resistente ad una classe di antibiotici i cosiddetti carbapenemi, antibiotici in molti casi una delle ultime risorse che abbiamo a disposizione per un efficacie trattamento. Situazioneanaloga per Escherichia coli, un normale commensale intestinale (che cioè fa parte della flora intestinale)”.
Recentemente (novembre 2017) Tinelli ricorda che è stato approvato dal Governo il Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) che ha come obiettivo quello di affrontare e contrastare in maniera efficacie un problema che, proprio perché coinvolgendo diversi ambiti (umano, animale, ambientale), necessita di un approccio inter-settoriale, definito “One Health”.
Questo, secondo l’infettivologo, dovrebbe essere in grado di attuare un coordinamento sia centrale che a livello di tutte le Regioni Italiane, mediante azioni e interventi operativi. “Importante da sottolineare – prosegue - è che il PNCAR ricalca strategie di intervento in sintonia con le direttive europee emanate dall’ECDC. Attualmente già molte Regioni in Italia hanno recepito con proprie delibere il PNCAR e sono già in corso interventi attuativi che dovranno essere realizzati, secondo una tempistica del Piano stesso, di qui fino al 2020”.
“E’ sicuramente auspicabile – aggiunge Tinelli - che, come ricordato nel PNCAR, gli interventi previsti abbiamo un’adeguata copertura finanziaria sia a livello centrale che regionale in quanto senza adeguate risorse finalizzate non sarà semplice garantire interventi efficaci. Gli investimenti non dovranno essere fine a se stessi ma uno strumento per arrivare ad una migliore gestione del controllo e sorveglianza delle infezioni e del buon uso degli antibiotici (procedura comunemente chiamata “antibiotic stewardship”). Infatti, ottimizzando l’appropriatezza dell’impiego degli antibiotici, si potranno ridurre non solo le infezioni da batteri ad alta resistenza migliorando la sopravvivenza dei pazienti ma, conseguentemente, si avrà una riduzione dei tempi di degenza e quindi un notevole risparmio per le casse dello stato e delle regioni”.
La Simit e gli infettivologi, in questo contesto, conclude Tinelli, rivestono un ruolo determinante per interagire non solo con tutti gli altri attori del sistema sanitario (microbiologi, igienisti, farmacisti, ecc.) ma anche per essere punto di riferimento per una appropriatezza dell’uso degli antibiotici e “formatori” dei clinici giovani e meno giovani nel nostro sistema sanitario.
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