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Mercoledì 17 GENNAIO 2018
Politici e funzionari. Per i ‘loro’ bisogni la sanità funziona sempre
Gentile direttore,
che la sanità pubblica sia in sofferenza, è cosa nota. Il cittadino, alle prese con bisogni di assistenza, ormai denuncia solo interminabili liste di attesa, pronto soccorso ingolfati, ticket esorbitanti, tasse sulla malattia, personale sanitario scarso, sottomesso, demotivato e invecchiato, posti letto insufficienti, ricoveri e prestazioni sanitarie eseguite a cottimo, debolezza/assenza delle prestazioni/assistenza domiciliari, episodi di malpractice.
Noi che nel pubblico ci lavoriamo da sempre, sappiamo che non è proprio così, però talvolta per i cittadini l’unico aspetto positivo della sanità pubblica è forse la possibilità di ottenere risarcimenti economici.
Se poi aggiungiamo che nell’era di Internet tutti sono in grado di diventare dottori dopo appena mezz’ora passata al computer, gli episodi poco edificanti di scorretti comportamenti professionali medici sembrano addirittura un dettaglio trascurabile di un quadro assai più complicato, quello che illustra un giudizio senza appello sulla sanità pubblica.
Un quadro dipinto da molti pittori. Non ultimi quei politici e funzionari che si sentono autorizzati a dettare proprie Linee Guida professionali per lo svolgimento della normale pratica medica. E’ stato riferito, ad esempio, di pressioni esercitate su politici e funzionari regionali da (legittimi) gruppi di interesse che hanno prodotto direttive regionali addirittura in contrasto con quanto stabilito da Linee Guida nazionali, europee ed internazionali.
Tuttavia, in questa rappresentazione della Sanità pubblica, la figura del medico non brilla per coraggio né tantomeno per autonomia e difesa della propria dignità professionale. Certo non è l’unica ragione, ma l’asservimento al potere politico ed amministrativo da parte del medico è probabilmente una delle cause fondamentali di quella ragnatela in cui tutti, medici e pazienti, ormai siamo invischiati.
Al bisogno di maggiore autonomia di pensiero e del recupero di una maggiore dignità professionale, alla necessità di una visione neo-neo-ippocratica (visto che anche il termine neo-ippocratico è stato bacchettato, ancora una volta da persone che con la pratica medica hanno poco a che fare), fanno infatti da contraltare la rassegnazione dei medici, l’ignavia di molti ordini professionali, il pesantissimo fardello amministrativo della professione, le scelte di una politica che si giova, per le sue proposte, della resa incondizionata di buona parte dei medici e dei loro rappresentanti.
Va poi aggiunto che ormai tutti hanno la ricetta per risolvere i problemi (il problema?) della sanità pubblica e, udite udite, persino dell’intera Medicina: i funzionari regionali e nazionali, i politici, i pazienti individuali ed organizzati, i gruppi di interesse, gli assicuratori, i funzionari della bioetica, gli esperti di economia, gli esperti di diritto, i giudici ed i loro periti , gli storici, la casalinga di Voghera.
Guarda guarda, solo i medici non sono invitati a questo dibattito. Sembrano ormai piallati, incupiti e interessati solo alla loro sopravvivenza individuale, amorfi, senza idee e senza prospettive.
Anche se esistono alcune proposte ed analisi intelligenti e costruttive (ad esempio Cavicchi, Pizza, Polillo su pagine recenti di QS), purtroppo la realtà è quella che descrive uno stato di rassegnazione disperata.
Serve un progetto, ma soprattutto uno scatto di orgoglio, un superamento (rottamazione?) dei vertici ordinistici e sindacali che di questa situazione hanno, se non la responsabilità politica diretta, almeno quella dell’acquiescenza.
E tuttavia, in attesa di analisi complesse e soluzioni difficili, qualcosa potremmo, umilmente, cominciare a fare.
Le difficoltà che il cittadino incontra nel suo approccio alla sanità pubblica sono quelle elencate all’inizio di questa riflessione, proprio quelle che i funzionari, i dirigenti, i politici non si aspettano di affrontare, loro che utilizzano personale e struttura sanitarie come apparati di servizio.
Sappiamo infatti che i dirigenti, i funzionari, financo l’amministrativo di turno, quello che è in grado di bloccare una pratica per tempi indefiniti, quando hanno bisogno di ricorrere alla sanità, non alzano neppure la cornetta del telefono. Spesso è la loro segreteria che richiede un intervento medico per loro stessi e per i loro amici, parenti, familiari. Dall’altra parte del filo il professionista scatta sull’attenti, garantendo il superamento delle liste di attesa, annullando la necessità di ticket esorbitanti, ignorando la realtà di un personale sanitario scarso, demotivato, invecchiato, superando la scarsità di posti letto, evitando i pronto soccorso ingolfati.
Se tutto questo è vero, non potrebbe essere che molti tra i nostri funzionari, politici, dirigenti e amministrativi non si diano da fare perché non si rendono conto, in assoluta buona fede, delle condizioni in cui versa la sanità pubblica? D’altra parte, perché dargli torto? Per loro infatti il SSN garantisce sempre un servizio efficiente, economico, efficace, pronto e disponibile.
Magari, se così non fosse, se anche lor signori dovessero confrontarsi con quella realtà che rappresenta ormai la vita quotidiana di tutti i cittadini, potrebbero magari riflettere sulle prestazioni ed i meccanismi della macchina che sono tenuti a far funzionare e forse immaginare una sanità pubblica che possa utilizzare anche il contributo dei medici, fornendo a quei poveracci di dottori un appiglio per recuperare almeno parte della loro dignità professionale.
Certo, i problemi della sanità pubblica sono ben altri e forse sono gli effetti di un progetto ad ampio respiro. Ad esempio il de-finanziamento, gli interessi dei gruppi finanziari ed assicurativi e dei loro supporter, la privatizzazione strisciante (bene illustrata dalla citazione di Noam Chomsky fatta da Imbalzano su QS).
Meccanismi ed interessi troppo grandi per pensare di contrastarli? Certo, ma anche un sassolino, alle volte, può servire ad innescare una frana.
Pietro Cavalli
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