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Mercoledì 17 GENNAIO 2018
Liste d’attesa, trasporti e crisi economica: queste le tre cause per cui abbiamo rinunciato a curarci almeno una volta nell’anno 

Rispettivamente sono più di 11 milioni i cittadini che addebitano a tempi di attesa troppo lunghi la loro rinuncia o il ritardo all'effettuazione di una prestazione, 3,6 milioni quelli che accusano la mancaza di trasporti adeguati verso il luogo di cura e 6,2 milioni quelli che dichiarano di aver rinunciato a una prestazione per motivi economici. Il dato è dell’Istat e permette di capire meglio il perché di un fenomeno, quello della rinuncia alle cure, che in questi ultimi anni è stato oggetto di molte analisi e commenti

Ne uccidono (di cure non fatte) più le liste d’attesa e i problemi con i mezzi di trasporto per raggiungere i luoghi di cura che la crisi economica. 

Nel 2015 hanno rinunciato infatti almeno a una prestazione (non a tutte le cure) per questioni economiche circa 6,2 milioni di italiani (con una cifra che sembra quindi ridimensionata e di molto rispetto a quella elaborata dal Censis che parlava di ben 12,2 milioni di italiani senza cure per motivi economici), ma stessa sorte hanno seguito più di 11 milioni di cittadini per colpa delle liste d’attesa e oltre 3,6 milioni per problemi legati a mezzi di trasporto.
 
Il dato, del tutto nuovo nel livello di analisi, è dell’Istat che lo ha pubblicato nelle sue banche dati a fine ottobre 2017 in occasione del rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'Unione europea. 
 
Il dato riguarda un fenomeno molto dibattuto in questi ultimi anni e legato soprattutto alla crisi economica, ma che non aveva analizzato numericamente mai finora gli effetti, dirompenti a quanto pare, sulle cure delle liste di attesa e delle difficoltà a raggiungere i luoghi di cura. E non solo per quanto riguarda la compliance del cittadino a questo punto. 
 
Questione di programmazione quindi. Che anche in questo caso (è già stata riportata su Quotidiano Sanità l’analisi per le malattie croniche e l’assistenza domiciliare,  quella sulle cure dentali e quella sul ricorso a medici di famiglia e specialisti) riguarda l’assistenza sul territorio, ma anche la possibilità di accesso all’ospedale.
 
Rinunce per problemi legati alle liste di attesa li hanno avuti in media il 15,9% dei cittadini, ma le donne battono gli uomini con il 18,4% rispetto al 13,3 per cento. 
 
E le età in cui le liste di fanno più sentire sono purtroppo quelle più avanzate, con una escalation nei problemi che va dall’8% per la fascia di età tra 15 e 24 anni e raggiunge – in crescita costante – il 24,4% di quella over 75.
 
Vero anche che il 37,4% dei cittadini nei 12 mesi precedenti la rilevazione Istat ha dichiarato di non aver avuto problemi con le liste d’attesa e, anche in questo caso, l’andamento per fasce di età è analogo a chi i problemi, invece, li ha avuti.
 
Stesso tenore per quanto riguarda i mezzi di trasporto, anche se la percentuale di chi dichiara di aver effettuato in ritardo o non effettuato prestazioni sanitarie per questa ragione è tre volte inferiore a quella delle liste d’attesa: il 5 per cento.
 
Stavolta tra maschi e femmine c’è meno differenza, anche se comunque i maschi si fermano al 4,1% e le femmine raggiungono il 5,7 per cento. Ma non nelle fasce più avanzate di età. Infatti per i maschi over 75 è boom di problemi di trasporto per raggiungere i luoghi di cura: 10,1 per cento.
 
Tra chi ha avuto problemi sia con liste d’attesa che con i trasporti, la percentuale più elevata è per chi ha un basso titolo di studio (e un’età più avanzata) e anche per chi si trova nelle fasce di reddito inferiori, sempre con un maggiore svantaggio delle età più avanzate.
 
Dal punto di vista geografico le liste di attesa sono un problema percentualmente maggiore al Centro, sia per la fascia di età dai 15 anni in su che lo segnala nel 19,8% dei casi (contro, ad esempio, il 13,1% del Nord Ovest), sia di più per la fascia over 65, con il 27,2% di problemi legati alle liste d’attesa sempre al Centro, contro il 17,9% del Nord Est.
 
Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, è sempre il Centro che sta peggio dai 15 anni in su con il 7,3% di difficoltà (2,6% nel Nord Est), mentre per la fascia oltre 65 anni stavolta è in leggero vantaggio (svantaggio) il Sud con 12,4% (Nord Est 3,3%).
 
Poca la differenza in base al livello di densità di popolazione, con un leggero predominio comunque sia per le liste d’attesa che per i mezzi di trasporto delle aree più densamente popolate.
 
E passiamo ora a chi non ha effettuato prestazioni sanitarie per ragioni economiche.
 
Nei 12 mesi precedenti la rilevazione Istat il 12% dei cittadini ha dichiarato di aver rinunciato almeno a una prestazione, con la percentuale più elevata (7,9%) per visite e trattamenti dentistici.
 
Stavolta la fascia di età più coinvolta è quella tra 45 e 54 anni che ha rinunciato nel 14,2% dei casi in generale,  nel 10,3% alle cure dentistiche e nel 9% a esami e cure mediche. Più bassa in assoluto e per tutte le fasce di età la percentuale di chi ha rinunciato a farmaci prescritti: 4,4% di media con la punta massima sempre tra 45 e 54 anni del 5,1 per cento.
 
In questo caso le ragioni economiche hanno pesato di più per le rinunce nelle Isole (17,3% degli over 15 e 19,9% degli over 65), e ancora una volta incide meno il grado di urbanizzazione.
 
Per quanto riguarda il titolo di studio sono penalizzate di più tutte le fasce che hanno quello più basso. Addirittura in quella over 65 e con alto titolo di studio l’Istat segnala un valore non significativo (e quindi non riportato) di rinuncia.
 
Infine – in questo caso particolarmente importante -  i problemi legati al reddito. 
 
Chi rinuncia di più sono ovviamente le fasce meno abbienti e il livello nel primo quintile, quello più basso, è del 20,3% per gli over 15 e del 20,1% per gli over 65 per almeno una prestazione, rispettivamente contro il 12% e il 12,5% nel quintile più ricco, il quinto.
 
Anche in questo caso, secondo la tipologia delle prestazioni, quelle a cui si rinuncia in percentuale maggiore sono soprattutto (ma non solo) visite e trattamenti dentistici, con una media di rinuncia (ma nei quintili di reddito più bassi è quasi doppia) del 7,9% dai 15 anni in su e del 6,8% oltre i 65 anni. 
 
In realtà in questa fascia di età rinunciano di più in questo caso a esami e cure mediche con il 7,6% di media e il 12,4% nel primo quintile di reddito. I denti sono solo al secondo posto.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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