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Mercoledì 10 GENNAIO 2018
Fnomceo. La rivolta di Bologna: “Per quale ragione siamo stati esclusi a tavolino dalle candidature per il nuovo Comitato Centrale?”

Alla vigilia del voto per il rinnovo dei vertici della Federazione il presidente dell’Ordine di Bologna invia una lettera aperta alla Fnomceo dove chiede quale sia “la ragione politica, se ce n’è una, che riesca a oltrepassare i pregiudizi per la quale il mio Ordine è escluso dal novero di coloro che siederanno nel prossimo Comitato Centrale della Federazione”. Ma la risposta Pizza se la dà da solo: “Siamo convitati scomodi, imbarazzanti ma soprattutto indisciplinati”

Mai come in questo momento la Professione medica si trova ad un punto di svolta.
 
Si è appena chiusa una legislatura che, soprattutto con le sue politiche di costante deprivazione finanziaria, l’ha come prosciugata, immiserita, condizionandone giorno dopo giorno le condotte professionali fino a ridiscutere addirittura il suo storico sembiante etico culturale e scientifico.
 
E’ incredibile come il limite economico, esattamente come la goccia proverbiale che, insistendo scava la pietra, sia riuscito ormai lungo l’arco di tempo di qualche decennio, a destrutturare quella che una volta era definita una professione liberale.
 
Destrutturazione sta a significare l'abbandono di determinate strutture che caratterizzano qualcosa per dar vita a qualcosa di diverso, auspicabilmente migliore e   più razionale.
 
Ma nel nostro caso questa parola, che nessuno usa perché drammatica, vale semplicemente come snaturamento, come dismissione e come ridimensionamento.
 
Quello che gli ultimi Governi, hanno cercato di fare nei nostri confronti, giustificati da discutibili  e pretestuosi problemi di sostenibilità,  è  in realtà la messa  in atto di un gigantesco progetto di declassamento che solo in parte ha i caratteri della proletarizzazione, ma che più verosimilmente va interpretato come  il riposizionamento sociale della nostra professione ad una classe altra,  certamente caratterizzata da minor prestigio,  da perdite cospicue di autonomia decisionale e dal venire meno di un  certo grado di intellettualità ma, soprattutto, da una minore costosità e da una maggiore flessibilità nell’impiego.
 
Se dovessi usare il linguaggio finanziario, e paragonare la professione ad un titolo di credito, direi che l’insieme della destrutturazione e del declassamento per noi significa, per una ragione o per l’altra, la perdita secca di valore. Per costare di meno dobbiamo valere di meno.
 
Tutto questo, insieme ai grandi problemi che abbiamo nei confronti della società e insieme a tante altre concause, che per brevità non cito, diventa “questione medica”.
 
A tutt’oggi non mi risulta che la FNOMCeO nei suoi documenti ufficiali e nelle sue prese di posizione pubbliche abbia mai ammesso l’esistenza della “questione medica” con la conseguenza, non solo di negarla, ma soprattutto di omettere di definire una strategia coerente per il suo governo.
 
Si è ora conclusa una legislatura in casa nostra, cioè in FNOMCeO, e siamo alla vigilia di un importante rinnovamento dell’establishment, cioè di un cambio di leadership e del gruppo dirigente.
 
Non sarò ipocrita.  Del resto per essere sinceri non è necessario mancare di rispetto a nessuno, quindi non negherò che per me, questo cambio, è più che mai necessario e provvidenziale. Se c’è destrutturazione e declassamento della professione, se c’è la “questione medica” allora vuol dire che la FNOMCeO, con il gruppo dirigente che sino ad ora l’ha governata, non è riuscita a farvi fronte efficacemente. Questo si può spiegare naturalmente in tanti modi, con tante attenuanti e spiegazioni, ma il dato oggettivo della nostra crisi professionale e l’impellenza di dare risposte tempestive è innegabile.
 
Personalmente sono convinto che bisogna chiudere definitivamente la partita di una Federazione con autonomia relativa, con debolezza strategica, con incertezza.
 
Giudico fallimentare l’esperienza di aver prestato, non alla politica ma agli schieramenti di partito, dei nostri dirigenti diventando di fatto una dependance del governo. I risultati prodotti da costoro sono scarsi, lacunosi e molto problematici ma, soprattutto, spesso contro di noi.
 
Sarà un caso ma anche per costoro e i partiti nei quali militano l’espressione “questione medica” è bandita.
 
Per tutte queste cose ritengo non più rinviabile un cambio di leadership.
 
Nello stesso tempo mi chiedo “sarà davvero un cambio”? Se cambiare presidente è un cambiamento allora avremo certamente un cambiamento. Ma se cambiare vuol dire anche altro, per esempio cambio di mentalità, di atteggiamento, di modi di fare, di organizzare, cambio di linee politiche, di iniziative da prendere, di recupero della autonomia piena di agire; se vuol dire tutto questo e se giudico le scelte che si stanno facendo in questi giorni per comporre il nuovo Comitato Centrale, allora mi permetto di avanzare dei dubbi sul reale cambiamento.
 
Se non si cambia passo cari Colleghi, dubito che il nuovo presidente, a cui va la mia stima e il mio sostegno sincero, sia reale garanzia di cambiamento. Di conseguenza, debbo temere che i processi di destrutturazione e di declassamento della professione non potrà che proseguire e forse anche accentuarsi.
 
Ho l’onore di essere presidente dell’Ordine di Bologna, di essere stato rieletto con un consenso pieno, di aver combattuto l’invadenza eccessiva delle politiche regionali sulla nostra autonomia, di aver difeso il  valore della autonomia della professione  per me non negoziabile, di non aver ceduto mai al consociativismo dei partiti, agli inganni della flessibilità che per ragioni di risparmio punta in modo subdolo a  sostituirci  con professioni meno costose, e di non aver  mai fatto sconti a nessuno  sul rispetto dovuto  alla nostra dignità di Ordine.
 
Per tutto ciò e per altre considerazioni che trascuro, non ultima quella delle strategicità di un Ordine come quello di Bologna nei confronti della principale regione capofila delle politiche governative, chiedo a tutti voi la ragione politica, se ce n’è una, che riesca a oltrepassare i pregiudizi per la quale il mio Ordine è escluso dal novero di coloro che siederanno nel prossimo Comitato Centrale della Federazione.
 
Di grazia vorrei conoscere quali i criteri che si stanno usando per ammettere alcuni e per escludere altri? Esiste una ragione della rappresentatività di merito o vale solo quella del negoziato tra sindacati quindi del loro peso elettorale?
 
Nonostante l’ultima legge sugli ordini (art. 4) esplicitamente dica che gli Ordini non devono adempiere a funzioni sindacali sappiamo tutti che il sindacato è a tutti gli effetti il vero denominatore, non nel senso matematico ma nel senso del potere, che denomina indicando coloro che nella FNOMCeO dovranno sedere e poi a loro rendere conto.
 
Sono perfettamente consapevole che per modificare questo sistema ormai incancrenito ci vuole tempo e qualche buona idea ma nel frattempo che facciamo con coloro che non sono riconducibili a un qualche sindacato e con coloro che hanno vinto le elezioni senza appoggi sindacali? Li escludiamo dal Comitato Centrale perché non sindacalizzati? Io penso al contrario che già sarebbe importante mandare un segnale di cambiamento riservando a costoro, nel Comitato Centrale una quota garantita di rappresentanza.
 
Mi è stato riferito, e me ne dolgo insieme ai miei iscritti, che su Bologna peserebbe una pregiudiziale di fondo dovuta alla sua eccessiva intraprendenza, alla sua scarsa inclinazione a fare compromessi, alla sua autonomia di pensiero. Mi è stato anche riferito che, per qualcuno dei maggiorenti che decidono le nomine, saremmo dei convitati scomodi, imbarazzanti ma soprattutto indisciplinati.
 
Devo anche osservare che non è un buon segno che il nuovo presidente in pectore non riesca a liberarsi dai veti incrociati che stanno decidendo il suo parterre.
 
E’ vero, noi non abbiamo votato il codice deontologico del 2006 e del 2014 ma è altrettanto vero che oggi quel codice è talmente fuori dalla realtà che ci vediamo costretti a rifarlo.
 
E’ vero, abbiamo combattuto, anche sospendendo alcuni nostri iscritti, per evitare che si applicasse il comma 566 nella nostra regione ma oggi la CCEPS ha dato completamente ragione alle nostre interpretazioni.
 
E’ anche vero che abbiamo preso posizione contro il mutualismo di ritorno, contro il decreto per l’appropriatezza e non ci sono piaciute le mediazioni fatte dalla FNOMCeO a questo riguardo. Abbiamo anche sollevato dubbi su come sia stata fatta la legge sulla responsabilità anche se l’abbiamo salutata come tutti voi quale soluzione necessaria. Ed è vero anche che sulla legge sui vaccini, non sui vaccini, abbiamo messo in piedi una commissione di studio. E tante altre cose. E allora? Chiedo alla FNOMCeO cosa non va in tutto ciò?
 
Per tapparci la bocca nella legge Lorenzin è passato un pesante condizionamento alla nostra deontologia tale da mettere in discussione la nostra autonomia. Cosa dovremmo fare pentirci di aver difeso la nostra deontologia?
 
Io temo che il messaggio politico che si rischia di allegare alle ignobili pregiudiziali che escludono il l’Ordine di Bologna dal quadro dirigente nazionale possa essere interpretato come una sorta di delegittimazione, di marginalizzazione. Tutto ciò non potrà che andare a discapito della Professione tutta.
 
In questo caso sappiate che Bologna non subirà passivamente la sua esclusione e la FNOMCeO, nella figura del suo presidente, si dovrà assumere tutte le sue proprie responsabilità politiche a riguardo.
 
Bologna la potete tenere fuori della porta ma state certi che dalla porta di Bologna non passeranno le idee nemiche della nostra professione.
 
Detto ciò, in ragione del fatto che esiste la “questione medica”, Bologna ha deciso di rinunciare a fare, per protesta contro la nostra esclusione dal Comitato Centrale, la seconda lista al fine di appoggiare il cambio di presidenza in modo incondizionato.
 
Sarebbe irresponsabile da parte nostra di fronte alla crisi della professione, pur avendo forti e validi motivi di dissenso, disunire gli intenti. Ma parimenti sarebbe ugualmente grave da parte della nuova presidenza tollerare discriminazioni, condizionamenti da parte di gruppi di pressione, senza riuscire a creare nuove condizioni di dialogo e di inclusione, per dare voce alle esperienze più avanzate più coraggiose e più importanti.
 
L’Ordine di Bologna quindi voterà responsabilmente il cambio del quadro dirigente ma sappiate cari Colleghi, che non esiterà ad usare la trasparenza, quindi la comunicazione, come è di esempio questa lettera aperta, per denunciare i finti cambiamenti, il mantenimento delle vecchie abitudini, lo scambio di favori, e ancora una volta, le discriminazioni.
 
No alla seconda lista ma sì a maggiore autonomia e più trasparenza.
 
Vorrei in conclusione salutare coloro che lasciano gli incarichi. Penso che la vostra non sia una eredità invidiabile, ma in tutta sincerità, non credo giusto addebitarvi tutte le responsabilità. Anche voi alla fine siete stati vittime, come l’intera Professione, di una grande manipolazione politica dalla quale è arrivato il momento di liberarci.
 
Giancarlo Pizza
Presidente OMCeO di Bologna

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