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Mercoledì 27 DICEMBRE 2017
L’aria inquinata uccide, anche al di sotto delle soglie di sicurezza: ecco perché e come proteggersi
Un grande studio americano appena pubblicato su JAMA dimostra che l’inquinamento dell’aria uccide anche per brevi esposizioni: due giorni dopo un picco di ozono o particolato, il numero di decessi aumenta. Ma questo studio dimostra inoltre che questo trend si verifica anche per concentrazioni di inquinanti inferiori a quelle ritenute d’allarme. Un dato preoccupante che merita attenzione immediata per rivedere verso il basso le soglie di sicurezza. La somministrazione di anti-ossidanti potrebbe limitare un po’ il danno, soprattutto nelle categorie a rischio: anziani, bambini, persone con patologie polmonari
Di inquinamento dell’aria si muore. Lentamente e con costanza, i veleni invisibili chiamati ‘polveri sottili’ e ozono, si insinuano nei nostri polmoni, causando danni irreversibili, e non solo a carico dell’apparato respiratorio. Le arbitrarie soglie di sicurezza della concentrazione degli inquinanti non rappresentano alcuna garanzia, come dimostra uno studio pubblicato ieri su JAMA. Uno studio del quale dovremmo tutti ricordarci la prossima volta che protesteremo per il blocco del traffico nelle grandi città.
Lo studio in questione, firmato da Qian Di e colleghi della Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston (Usa) è andato a valutare l’associazione tra l’esposizione a breve termine ad un livello di inquinamento al di sotto degli attuali standard di sicurezza per la qualità dell’aria, e la mortalità per tutte le cause. I risultati dimostrano che anche l’esposizione a livelli di inquinamento al di sotto degli standard di sicurezza attuali, provoca nel breve termine (due giorni dopo) un’impennata del numero di decessi che può arrivare ad un aumento del 42%. In altre parole di aria inquinata si può morire anche se la concentrazione degli inquinanti non è tale da sforare i livelli di guardia fissati dagli attuali standard che, secondo gli autori di questa ricerca, andrebbero dunque rivisti verso il basso al più presto.
Ogni 5 anni l’EPA (Environmental Protection Agency), l’agenzia Americana deputata al controllo della qualità dell’aria è chiamata a riesaminare gli standard di qualità dell’aria (National Ambient Air Quality Standards, NAAQS); tuttavia , notano gli autori, mancano evidenze circa il rischio di mortalità inerente a livelli di inquinamento dell’aria inferiori agli attuali standard di qualità, in particolare nei gruppi a maggior rischio.
Obiettivo di questo studio è stato dunque quello di andare a stimare l’associazione tra mortalità ed esposizione di breve durata all’aria inquinata da particolato PM2,5 e ozono, per concentrazioni inferiori rispetto agli attuali standard di sicurezza, negli Usa.
Per farlo gli autori hanno preso in esame oltre 22 milioni di decessi (inerenti alla popolazione assistita da Medicare dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2012), andando a valutare l’esposizione media giornaliera al PM2,5 e all’ozono, relativa al giorno del decesso e a quello precedente.
Il 95,2% dei decessi si è verificato in giornate con PM2,5 a livelli inferiori a 25 μg/m3, mentre il 93,4% delle morti si è verificato in giornate con livelli di ozono inferiori a 60 parti per miliardo. Gli autori hanno calcolato che per ogni incremento a breve termine di 10 μg/m3 di PM2,5 (aggiustato per le concentrazioni di ozono) e di 10 parti per miliardo di ozono nella stagione calda (aggiustato per PM2,5 ) si registrava un aumento dei tassi di mortalità giornaliera rispettivamente dell’1,05% e dello 0,51%.
Le differenze assolute di rischio di mortalità giornaliera erano rispettivamente dell’1,42% e dello 0,66% per 1 milione di persone a rischio al giorno.
Il 5,86% dei decessi registrati ogni anno (3,3 milioni) sono attribuibili all’inquinamento atmosfericoe questo nonostante molte nazioni si siano dotate di standard di sicurezza dell’aria, con conseguenti misure correttive, volte a ridurre l’esposizione all’inquinamento. Particolarmente a rischio sono categorie quali bambini, anziani, soggetti con patologie respiratorie.
Nel corso degli anni, le soglie di sicurezza degli inquinanti atmosferici sono stati spesso riviste verso il basso. Ma questo, secondo i risultati di questo ultimi studio, non sembra sufficiente. In particolare nel caso di gruppi di persone ad aumentato rischio, quali quelle individuate da questo imponente sforzo statistico: soggetti non di etnia caucasica, donne, adulti over 85, nel caso del particolato e over 75 nel caso dell’ozono.
Ancora più allarmante forse è il fatto che gli autori non hanno individuato una soglia di sicurezza, fatto questo che suggerisce, come sottolinea un editoriale di commento, che non esiste di fatto una ‘safe zone’ al di sotto della quale l’esposizione a polveri sottili e ad ozono non facciano danno.
Quali danni provoca all’organismo l’aria inquinata
Un’esposizione anche di breve durata al PM2,5 produce effetti cardio-respiratori aumentando il livello di infiammazione a livello polmonare e sistemico, aumentando lo stress ossidativo, la trombogenesi e la disfunzione neuro-autonomica.
A concentrazioni relativamente elevate, l’ozono determina alterazioni della funzionalità respiratoria e può scatenare attacchi d’asma. Fino a poco tempo fa, si riteneva che lozono facesse danni solo all’apparato respiratorio; ma di recente, uno studio ha evidenziato che l’ozono, a livelli inferiori rispetto a quelli in grado di provocare alterazioni respiratorie, può determinare flogosi polmonare, aumentare la pressione arteriosa e attivare le piastrine. Studi animali hanno dimostrato che l’ozono compromette le risposte immunitarie contro le infezioni batteriche.
Come ci si può difendere dai danni dell’inquinamento
Tutte evidenze che forniscono un razionale scientifico alle osservazioni statistiche di un aumento di mortalità per esposizione a questi inquinanti e che suggeriscono anche possibili fattori correttivi, oltre a quello ovvio di ridurre l’esposizione all’aria inquinata. Un certo numero di studi – ricorda l’editorialista – ha dimostrato che la supplementazione di anti-ossidanti può ridurre gli effetti nocivi di ozono e PM2,5. Potrebbe essere utile a questo punto, organizzare degli studi di intervento per verificare se supplementi dietetici, farmaci, mascherine o altro equipaggiamento protettivo risultino validi nel contrastare gli effetti sulla salute dell’aria inquinata, non solo a livello di popolazione generale, ma più nello specifico nei gruppi a maggior rischio.
Maria Rita Montebelli
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