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Venerdì 15 DICEMBRE 2017
Universalismo e sostenibilità. Per farcela dobbiamo guardare prima di tutto all’innovazione
Non è e non sarà facile, ma dovremmo tutti fare uno sforzo per cimentarci nel merito delle diverse questioni uscendo dalle secche in cui spesso ci impantaniamo tra regionalismo e centralizzazione, tra aziendalizzazione e gestione politica, tra pubblico e privato, tra management clinico ed amministrativo, tra scarsità e necessità, tra diritti e doveri. Quello che è certo è che tutti riconoscono che la protezione universalistica è lo strumento universalmente riconosciuto più efficace
L’appello lanciato ieri dal professor Spandonaro presentando il 13° Rapporto sanità del Crea, è forte, è rivolto all’adozione di azioni coordinate, perché la salute di milioni di persone è a rischio se non si riesce a coniugare universalismo, equità e innovazione di sistema.
Il messaggio è che la salute delle persone viene prima di tutto e non ci possono essere divisioni ideologiche. La sottolineatura è a concentrarsi sugli stili di vita, su alcol, tabagismo e nutrizione, e su tutti i determinati della salute, promuovendo città sane, comunità sane e ambienti sani. Tutti giocano un ruolo, le comunità, le regioni, il governo nazionale e il quadro internazionale.
Senza il coinvolgimento di tutti non ce la faremo mai.
Si ribadisce la necessità di consolidare il sistema sanitario universale, senza lasciare indietro nessuno, perché è questa la base per affrontare tutte le altre problematiche oltre che prevenire il collasso del sistema sanitario e metterlo al riparo da eventuali emergenze: dalle crisi finanziarie, alle crisi sanitarie, ma soprattutto per ridurre le disuguaglianze.
Il tema è così profondo e di visione che bene fa il CREA a sollevarlo con enfasi. Non è un caso che al di là delle storiche differenze se ne parlerà nel prossimo summit dei G7 a Tokio sulla Copertura sanitaria universale. La salute è anche un problema di sviluppo sostenibile, coinvolge tutti i settori, dall’educazione ai trasporti, al lavoro, all’economia, e va trattato con un approccio trasversale, che tenga conto delle ricadute sulla salute di ogni politica e decisione.
La complessità dei temi impone la necessità di uscire dalla tematica strettamente sanitaria. Forse per questa ragione si fatica molto a trovare un onorevole compromesso fra tutti i decisori dal centro alla periferia quando si parla di politiche pro attive per la salute e non solo di prevenzione dalle malattie.
Il costo dei farmaci innovativi così come quello delle nuove tecniche diagnostiche costituisce il grande problema con cui confrontarsi nell’accelerazione che sta avendo in sanità l’innovazione di prodotto e di processo. Su questo è mancato un forte impegno politico, senza del quale è impossibile raggiungere l’accesso equo alle cure tantomeno la copertura universale.
Altri ed interessanti temi collaterali ricchi di analisi e proposte che pur avanzano in Europa e a livello di studi nel resto del mondo meritano riflessione e richiamo per capire dove stiamo andando e quali sfide ci attendono nel breve e medio termine.
Per l'Italia la partita è particolarmente importante: digitalizzazione del processo sanitario e conversione alla medicina personalizzata, possono valere un risparmio equivalente a un punto del nostro Pil, ci avvicineremmo insomma intorno a 20 miliardi. Del resto, con il semplice uso di prescrizioni digitali, l'Italia può risparmiare 2 miliardi.
Eppure il nostro Paese arriva poco puntuale all'appuntamento con il cambiamento digitale. Con Danimarca e Svezia tra le più volonterose, e con la Francia che stando agli impegni assunti da Macron sembra davvero aver capito l'importanza della partita, l'Italia invece arranca ancora. Stallo è la parola che più adopera Chiara Sgarbossa , che dirige l'Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, quando parla di "risorse che mancano" e di "fortissimi ritardi normativi: dopo il 2014, per due anni tutto è rimasto sostanzialmente fermo".
Nel 2016, solo l'1,1% della spesa per la sanità italiana è stato dedicato alla digitalizzazione: 1,27 miliardi, cifra persino in calo (del 5%) rispetto all'anno precedente (1,34 miliardi). A Bruxelles piacerà sapere che l'investimento sulla cartella elettronica è notevole (65 milioni nel 2016), ma dispiacerà invece la lentezza con cui ci avviciniamo all'obiettivo. Intanto l'economia va avanti, le aziende si fondono e il mercato si contrae sempre di più, perché in ballo non ci sono solo i risparmi pubblici, ma anche i profitti privati.
Sanità digitale non vuol dire business solo per il corollario di dispositivi e app, di servizi e cure personalizzate, ma anche per la miniera di dati che tutta la filiera promette di mettere a profitto. Vale per i ricercatori e le università, che con i nostri dati elettronici potranno studiare profili e tendenze, ma vale anche per le aziende. Bruxelles promette di mettere al primo posto privacy e sicurezza: quei dati sono sensibili, dice l'Unione, che ha già varato il regolamento per la protezione dei dati e che si sta adoperando per proteggerci dagli hacker, proponendo una sorta di "etichetta della cybersecurity" che attesti la sicurezza dei prodotti (sul tipo di quella di classe energetica).
Ovviamente però la e-health d'Europa fa gola ai colossi della tecnologia della Silicon Valley. Non è un caso che l'anno scorso il ramo venture di Big G, che maneggia circa 2,5 miliardi di dollari, abbia utilizzato due terzi dei suoi investimenti proprio nell'ambito della salute, o che Ibm metta a frutto i suoi sistemi di intelligenza artificiale in ambito sanitario.
C'è spazio anche per le giovani start up made in Europe? Bruxelles è pronta a scommetterci, punta sul progetto "Startup Europe" e lavora a stretto contatto con le reti di startuppers.
Qualcuno nel cuore d'Europa spera persino di diventare la fucina di questo "mondo nuovo": Barcellona, ad esempio, punta a trasformarsi nella "Boston europea" del biotech, anche se le vicende catalane hanno messo a grosso rischio la stabilità della Regione e del paese. La strada da fare, soprattutto per l'Italia, è ancora lunga - e gli scenari possibili sono tutti da costruire.
Vediamo cosa c’è all’orizzonte:
1) Realtà virtuale
La realtà virtuale sta per diventare un'industria in forte espansione. Con dispositivi veramente sofisticati sul
mercato, potrebbe avere il suo anno più importante nel 2018. Sarà utilizzata per fare in modo che gli studenti di medicina acquisiscano un'esperienza realistica nell'esaminare i pazienti o a vedere i pazienti e cosa succede loro il giorno dopo il ricovero in ospedale. Un responsabile di Novartis ha annunciato che la lente a contatto digitale brevettata da Google avrebbe potuto essere disponibile a fine 2017. Poiché misurerà il glucosio nel sangue dalle lacrime, dovrebbe cambiare il trattamento e la gestione del diabete. Inoltre, Hololens di Microsoft la cui terza versione esce anche nel 2019, avrà un enorme impatto nei campi dell'educazione medica, fino all'architettura e all'ingegneria. Potrebbe aiutare gli studenti di medicina a fare le dissezioni per molte ore al giorno da qualsiasi angolo senza l'odore di formaldeide.
3) Fibretronics
La fibretronica, materiali di abbigliamento con microchip impiantati all’interno, possono reagire, tra l'altro, alla temperatura corporea o allo stato d'animo dell'utilizzatore. Google ha iniziato a collaborare con la Levi’s per creare veri materiali fibretronic, che potrebbero essere utilizzati per interagire con la tecnologia attraverso i nostri vestiti in modi nuovi, i primi risultati tangibili sono usciti quest’anno una giacca con apposito sensore nel polsino, a 350 dollari, ma altre novità a prezzo più basso sono previste nel 2018.
4) Algoritmi intelligenti che analizzano i dati indossabili
Il 2015 è stato l'anno di strumenti sanitari indossabili, i braccialetti intelligenti. Una serie di dispositivi è diventata disponibile, Amazon ha lanciato il suo Market Wearable e milioni di tracker sono stati venduti. Ma guadagnare intuizioni attuabili dal flusso costante di dati indossabili non è facile. Abbiamo bisogno di algoritmi intelligenti e applicazioni che uniscono dati da diversi dispositivi e applicazioni e ci aiutino a trarre conclusioni significative. Potrebbe aiutarci a mettere maggiormente l'accento sulla prevenzione e avere uno stile di vita più sano.
Ho avuto esperienza con Exist.io, uno dei primi tentativi, ma c’è ancora molto da fare.
5) Intelligenza Near-Artificial in Radiology
Il supercomputer Watson di IBM è stato utilizzato in oncologia per aiutare il processo decisionale medico. Ha dimostrato i vantaggi chiari di un tale sistema, che ha reso le diagnosi e il trattamento più economici e più efficienti. Il progetto Medical Sieve IBM mira a diagnosticare la maggior parte delle lesioni con un software intelligente, lasciando spazio ai radiologi di concentrarsi sui più importanti casi invece di controllare centinaia di immagini ogni giorno.
6) Scanner alimentari
Gli scanner alimentari come Scio e Tellspec sono stati in fase di elaborazione dal 2014, ma già i primi prototipi sviluppati sono stati inviati ai loro primi utenti nel 2015, 2016. Il 2018 potrebbe essere l'anno in cui diventano generalmente disponibili. Ciò consentirebbe a chiunque di scoprire ciò che compone realmente il cibo che consuma, fornendo vantaggi chiari non solo per le persone che desiderano diminuire il peso o mangiare cibo più sano, ma anche per persone con allergie pericolose.
7) Robot Umanoidi
Una delle aziende più promettenti che sviluppano i robot è la Boston Dynamics, acquisita da Google nel 2013. Da allora, hanno pubblicato solo video teaser su robot simili a animali e Petman, il robot umanoide. L’Università di Pisa e l’IIT di Genova lavorano per un prodotto intelligente al servizio degli anziani non autosufficienti e delle disabilità.
Molte tecnologie a cui lavorano sembrano essere in una fase in cui sono pronti a diventare prodotti reali, i cui primi segnali verranno visualizzati nel 2018.
8) Bioprinting 3D
Diversi centri di ricerca stanno portando avanti progetti legati al bioprinting 3D, ossia alla stampa 3D utilizzando come materiale di partenza cellule viventi. Si tratta di un campo per il quale si prevedono, nei prossimi decenni, importanti applicazioni cliniche che comprendono anche la medicina rigenerativa, cioè la possibilità di usare cellule staminali per far sviluppare tessuti e anche organi trapiantabili senza problemi di rigetto.
Organovo è stato al centro dell'attenzione per i biomateriali di stampa 3D per anni. Avevano annunciato con successo i tessuti epatici bioprintati nel 2016 e dicevano di avere dai 4 ai 6 anni di tempo per la stampa di parti del fegato per il trapianto. Ma intanto, questi fegati bioprinted possono essere finalmente utilizzati nell'industria farmaceutica per sostituire modelli animali quando si analizza la tossicità di nuovi farmaci. La stampa del tessuto reale del fegato per il trapianto potrebbe diventare un servizio commerciale entro il prossimo decennio.
Hitech, domotica, ecologia, concept art
Sono discipline che si fondono e progettano e realizzano prodotti per il nostro prossimo futuro.
Un progetto proveniente da un’università della Gran Bretagna, prototipi presentati a Tokio dalla compagnia DAIWA di una stanza da bagno totalmente autopulente, una concept art di un bagno del futuro è stata presentata nel 2015 in Olanda in cui tutti gli elementi in quell'immagine, dallo spazzolino per i denti allo specchio digitale sono stati già parzialmente disponibili nel 2016.
Ma una serie di novità raggiungeranno il grande pubblico nel 2018 rendendole una realtà per le nostre case. L'obiettivo a lungo termine è quello di rendere questi dispositivi comunicanti e interconnessi gli uni agli altri. In questo modo potremmo analizzare i dati dei dispositivi, ma i produttori di dispositivi potrebbero unire i loro risultati e condividere con noi un rapporto di analisi di dati quando ci sarà qualcosa da curare in termini di igiene e salubrità nell’uso e negli ambienti.
Oltre a queste innovazioni, il nuovo ramo delle scienze della vita di Verily che è un'azienda statunitense del gruppo Alphabet, dedicata allo studio delle scienze della vita. e il metodo di redazione genica CRISPR potrebbero avere un grande successo nel 2020.
Vedremo. Queste tecnologie e tendenze mediche creeranno valore e influenzeranno la nostra vita e la pratica della medicina già in un futuro a noi assai vicino.
Allora se così è grandi sfide sono di fronte a noi, con cui dobbiamo giocoforza misurarci. Perciò occorre essere molto consapevoli che quando parliamo di rivedere i nostri modelli organizzativi, quando parliamo dei nuovi ruoli che il personale medico e sanitario nel loro complesso devono assumere e svolgere, quando diciamo che vogliamo mettere al centro delle politiche sanitarie il paziente, quando affermiamo che occorre spostare il focus dai trattamenti alla prevenzione, dobbiamo operare una conversione concettuale in cui i paradigmi precedenti non reggono più ed immetterne di nuovi.
E tutto ciò chiama in causa la capacità di governare un sistema complesso come quello sanitario in questa difficile fase di transizione in cui il passaggio dal vecchio al nuovo richiede soprattutto un salto culturale, concettuale.
E poi, investire sì ma in cosa? In risorse umane, tecnologie mediche e ricerca con un fine comune, fare salute dentro una nuova alleanza fra scienza, tecnologia, medicina, diritti costituzionalmente protetti.
Le grandi regioni del mondo ragionano sugli scenari che si profilano grazie all’aumento della longevità e purtroppo di una longevità che non è in buona salute. Tutti si aspettano di vedere l'aumento delle spese sanitarie che vanno dal 2,4 al 7,5% tra il 2015 e il 2020 stando all’OCSE. I paesi si sforzano di espandere l'accesso alla sanità o istituire forme di copertura universale, persino Trump ha dovuto prendere atto che è difficile cambiare l’Obamacare, ma le questioni relative ai costi per i sistemi di assistenza per sostenere gli attuali livelli di servizio, prestazioni e accessibilità, esistono per tutti.
Figuriamoci per noi che nonostante i timidi successi che stiamo conseguendo abbiamo una voragine da debito pubblico paurosa: 2.279 miliardi. Gli stakeholder continuano ad attuare misure di contenimento dei costi per ridurre sprechi clinici e amministrativi, migliorare l'efficienza operativa, il passaggio della cura alle impostazioni di medicina del territorio e ad una maggiore prevenzione, a modelli di approvvigionamento strategico di beni e servizi; a percorsi clinici e a processi clinici standardizzati; uso di generici; centri di servizio condivisi; a iniziative di implementazione informatica e tecnologica; a nuovi modelli finanziari.
Tutto questo va bene, ma occorre dare una accelerazione per riconfigurare gli incentivi economici e le modalità di pagamento delle risorse umane affinché le organizzazioni sanitarie siano premiate per fare la cosa giusta al momento giusto, per sostenere la salute dei propri pazienti, la qualità professionale degli operatori.
Allora bisogna superare la frontiera critica dell’autoreferenzialità e spingere verso la condivisione dei rischi e di programmi in cui i benefici economici siano basati sui risultati e sui valori. La mancanza di accesso ai servizi sanitari di base e le variazioni nella qualità dell'assistenza sono problemi persistenti in molte delle regioni del mondo - non solo quelle in cui la maggioranza della popolazione è servita da un sistema sanitario finanziato pubblicamente ma anche nelle realtà di mercato privato.
Le carenze di finanziamento combinate con altri driver di mercato possono produrre una serie di situazioni che influenzano negativamente l'accesso. La mancanza di clinici o l’invecchiamento del personale medico senza la garanzia del necessario ricambio, per diagnosticare correttamente e curare la malattia limita anche l'accesso dei pazienti alla cura. La crisi dei rifugiati, il movimento continuo delle persone su vasta scala e la gestione delle malattie in rapido mutamento (ad esempio, Ebola, Zika) stanno affaticando i sistemi sanitari e sociali e la domanda di più professionisti sanitari in tutto il mondo.
C'è un crescente riconoscimento tra governi, pagatori e fornitori che per gestire meglio la popolazione e ridurre i costi crescenti, il settore deve aggiungere determinanti sociali di salute e benessere all'equazione di cura. Tutti lo sanno che le sfide sanitarie odierne sono complesse e correlate in modo che i modelli di fornitura di assistenza che utilizzano un approccio multiplo, collaborativo e abilitato alla tecnologia sono i più probabili a produrre risultati positivi.
Tutti utilizzano partenariati pubblico-privato per ovviare alla mancanza di infrastrutture sanitarie o sociosanitarie; per mitigare le questioni di accesso attraverso sistemi doppi di assistenza sanitaria pubblica e privata ; tutti sanno che utilizzare tecnologia virtuale e assistenza virtuale sono soluzioni potenziali. I modelli di cura collaborativa che si occupano della salute comportamentale e fisica o dei programmi che affrontano determinanti sociali possono migliorare i risultati del paziente e ridurre i costi. L'avanzare dell'innovazione è un obbligo clinico e costoso. Già, la chirurgia robotica, la stampa 3D, i dispositivi impiantabili e altre innovazioni digitali e tecnologiche che mirano alla prevenzione, monitoraggio e trattamento, stanno dimostrando potenzialità per migliorare i risultati e ridurre i costi.
Inoltre, nuovi approcci di R & S e il grande utilizzo di dati e analisi stanno creando opportunità di innovazione, ma qual è la difficoltà? Èche i soggetti interessati sono impegnati a farlo mentre in contemporanea sono sotto pressione per ridurre i costi.
I leader della sanità dovrebbero considerare la costruzione di ecosistemi che abbracciano giocatori non tradizionali e fonti di conoscenza al di fuori delle proprie quattro pareti. Gli stakeholder dovrebbero altresì considerare la formazione di dirigenti capaci di abbracciare i cambiamenti, la tecnologia e valutare nuove fonti di entrate.
Sia i sistemi sanitari pubblici che privati avranno necessariamente bisogno di implementare nuovi modelli organizzativi e clinici per fornire assistenza, efficiente e di alta qualità e per ridurre sprechi e costi che minacciano la sostenibilità dei sistemi.
Gli ingredienti fondamentali sono processi sicuri, standardizzati e basati sulle evidenze che consentono di fornire interventi sanitari a coloro che ne hanno bisogno, quando e dove è necessario; una forza lavoro competente e ben addestrata che fornisce assistenza sicura, sensibile, equa ed efficiente; uso efficace delle tecnologie innovative.
L'emergere di servizi sanitari non tradizionali e fornitori di tecnologie dai settori retail, high-tech, telecomunicazioni e prodotti consumer e industriali sta infatti irrompendo nel mercato sanitario con un impatto potenziale dirompente in grado di trasformare anche organizzazioni consolidate.
L'assistenza sanitaria è uno dei settori più regolamentati del mondo. Non può che essere così perché l’obiettivo primario è la salute e la sicurezza dei cittadini; tuttavia gli approcci delle istituzioni competenti nel governare la complessità del sistema hanno sempre più bisogno di governare, nella transizione, fattori clinici e tecnologici che attraversano rapidi cambiamenti; nel contempo occorre sempre più una maggiore trasparenza finanziaria e di rendimento nell'ambito del passaggio ai modelli operativi basati sui risultati a tecniche di monitoraggio del rischio più sofisticate; a forme di coordinamento tra professionisti sempre più improntate al riconoscimento delle diverse professionalità tra pari.
Non è e non sarà facile, ma dovremmo tutti fare uno sforzo per cimentarci nel merito delle diverse questioni uscendo dalle secche in cui spesso ci impantaniamo tra regionalismo e centralizzazione, tra aziendalizzazione e gestione politica, tra pubblico e privato, tra management clinico ed amministrativo, tra scarsità e necessità, tra diritti e doveri.
Quello che è certo è che tutti riconoscono che la protezione universalistica è lo strumento universalmente riconosciuto più efficace e che nessun libero mercato potrà mai assicurare equità d’accesso per ricevere assistenza in caso di malattia. Medic Aid in America è fondamentale nonostante Trump pensi che chi più ha meglio si cura.
Perciò se assumessimo serenamente che dal nostro sistema non si torna indietro e si lavora a comprendere come meglio possiamo utilizzare le nostre risorse, come possiamo adoperare meglio ciò che scienza e innovazione tecnologica ci propongono con maggiore efficacia e come decliniamo in maniera più equitativa il rapporto diritti doveri per la tenuta del sistema e per la sua evoluzione continua a favore di più salute per tutti, forse eviteremmo una speciosa discussione tra sostenibilità ed insostenibilità per entrare con i piedi nel piatto di quanto possiamo realisticamente permetterci di spendere a bocce ferme, di quanto in più possiamo farlo se cresciamo oltre il 2% e come più proporzionalmente possiamo contribuire a sostenere il nostro SSN se globalmente il paese dovrà affrontare il problema della riduzione della pressione fiscale.
Tutto il resto spesso appare propaganda se non demagogia o peggio pubblicità ingannevole.
Grazia Labate
Ricercatore in economia sanitaria, già sottosegretario alla Sanità
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