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Martedì 18 OTTOBRE 2011
Acalasia. Approda in Italia la nuova tecnica made in Japan
Effettuato per la prima volta in Italia, al Gemelli di Roma, il nuovo intervento non invasivo per risolvere la malattia motoria dell’esofago che non spinge più in giù il cibo. Una procedura che in futuro potrebbe essere usata anche in campo oncologico.
Chiamato miotomia endoscopica trans-orale (Poem – Per-Oral Endoscopic Myotomy), si tratta di un’operazione in cui il chirurgo, senza incidere l’addome o fare buchi, passa attraverso la bocca. A eseguirlo è stata l’équipe del professor Guido Costamagna, direttore dell’Unità Operativa di Endoscopia digestiva chirurgica del Policlinico A. Gemelli, che ha già all’attivo sette pazienti trattati con successo con questa tecnica. La stessa operazione è eseguita in Europa solo in Belgio e Germania.
L'acalasia (mancato rilasciamento) è una malattia motoria dell’esofago caratterizzata dalla perdita progressiva della peristalsi esofagea dovuta a un anomalo funzionamento dell’opercolo che divide stomaco da esofago, lo sfintere esofageo inferiore (Les). Questa porticina serve a impedire il reflusso del contenuto gastrico nell'esofago. Normalmente, durante la deglutizione, lo sfintere si rilascia, consentendo la progressione del cibo masticato nello stomaco, ma nelle persone colpite da acalasia il Les resta sempre tonico per cui si verifica ristagno di materiale alimentare nel lume esofageo. Tale ristagno provoca una progressiva dilatazione dell'esofago, tanto che la malattia è anche denominata megaesofago.
L'acalasia è una malattia rara (un caso /100000 abitanti/anno) che si manifesta con uguale incidenza in entrambi i sessi, solitamente in pazienti tra i 40 e i 60 anni, con qualche caso anche in età infantile e adolescenziale. In pochi casi la malattia è stata riscontrata in consanguinei, suggerendo una familiarità di origine non chiara. I sintomi più frequenti della malattia sono la difficoltà nel deglutire; il rigurgito (parte del cibo ingerito ritorna su); dolore nel momento della deglutizione.
La cura si basa su tre approcci fondamentali, farmacologico, endoscopico e chirurgico.
I farmaci, Nitrati e Calcio-antagonisti, agiscono rilasciando la muscolatura liscia. Ma hanno solo un effetto sintomatico, spesso inefficace, ed effetti collaterali come l’abbassamento della pressione.
La cura endoscopica consiste nella dilatazione pneumatica, che si ottiene posizionando un palloncino mediante l’endoscopio che dilata lo sfintere, creando uno sfibramento della sua muscolatura. In genere ha una efficacia limitata nel tempo (mesi, pochi anni) e perciò può essere ripetuto, al prezzo però di possibili gravi complicanze come la perforazione e la mediastinite. Si può fare anche un’iniezione di tossina botulinica: come per le rughe in medicina estetica, il Botulino determina un rilasciamento della muscolatura dello sfintere dopo la sua iniezione nel cardias con un ago attraverso l’endoscopio. Ma anche questo metodo non è definitivo.
L’intervento chirurgico per l’acalasia è definito miotomia extramucosa, e si esegue ormai da molti anni per via laparoscopica (con i classici buchini sull’addome). Esso consiste nella mobilizzazione della parte distale dell’esofago dall’addome (cioè si “scolla” l’esofago dalle strutture anatomiche di ancoraggio naturale alla parete dell’addome e al diaframma) e nella incisione degli ultimi 5-7 cm delle fibre muscolari dell’esofago a partire dall’esterno. In questo modo si abbatte completamente l’ostacolo al passaggio del bolo, che giunge nella cavità gastrica per gravità (la peristalsi non si ripristina). I risultati a distanza sono buoni, circa il 70-80% dei pazienti risolve i propri disturbi, tuttavia i casi in cui si verificano complicanze sono di difficile soluzione. Il principale evento avverso dell’intervento chirurgico è rappresentato dalle aderenze che, seppure minime, sono sempre probabili.
Il nuovo intervento in endoscopia adottato dall’équipe del professor Costamagna è made in Japan e consiste nella incisione delle sole fibre muscolari passando attraverso la bocca, mediante il gastroscopio, non aprendo la pancia né facendo altri buchi sull’addome.
I pazienti trattati dal professor Costamagna sono i primi 7 in Italia. Altri 3 pazienti sono stati trattati in Germania.
L’intervento è mini-invasivo anche se si esegue in anestesia generale per la estrema precisione con cui le incisioni interne alla parete esofagea devono essere eseguite, in regime di ricovero ospedaliero. La sua durata media è di circa 90 minuti.
I vantaggi della metodica adottata al Policlinico Gemelli sono, oltre alla mini-invasività, il minore dolore postoperatorio e le scarse aderenze (il che non pregiudica anche un eventuale intervento chirurgico laparoscopico nei casi di insuccesso endoscopico); inoltre ridotti problemi di reflusso postoperatorio.
"Questa tecnica potrebbe aprire la strada a interventi mininvasivi per altre malattie dell'esofago – spiegano i ricercatori dell’Unità di Endoscopia digestiva del Policlinico Gemelli – perché permette di raggiungere lo spazio sottomucoso dell'esofago, lavorando all'interno della parete. Oltre che per altre malattie benigne dell'esofago, come lo spasmo esofageo diffuso in cui viene incisa la muscolatura, analogamente alla acalasia, questa procedura può essere utilizzata anche per asportare tumori sottomucosi, seppur ancora localizzati e non ad alto grado di malignità. In questo caso si parla di Tumorectomia Endoscopica Sottomucosa”.
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