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Venerdì 10 NOVEMBRE 2017
Linfedema. Innovativo intervento chirurgico a Bari con doppio lembo linfonodale dall’addome
L'intervento eseguito al Policlinico di Bari, per la prima volta in Europa. “Il trattamento di questa patologia è una sfida moderna, definita da molti sperimentale, ma i risultati ottenuti portano a parlare di realtà e i pazienti che dal Sud Italia fino a pochi anni fa erano costretti a viaggi della speranza hanno oggi un centro d’eccellenza di riferimento proprio a Bari”, afferma Giuseppe Giudice, direttore dell’Uoc Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica.
Per la prima volta in Europa, presso il Policlinico di Bari - U.O.C. di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica Universitaria e Centro Grandi Ustionati diretta dal prof. Giuseppe Giudice - è stato eseguito un intervento chirurgico innovativo, per ora utilizzato solo a Taiwan, per il trattamento del linfedema (accumulo anormale di linfa, generalmente negli arti, espressione di una compromissione del sistema linfatico), una patologia invalidante che nei suoi stadi più avanzati provoca un edema irreversibile spesso associato ad infezioni locali ed ulcere cutanee.
“Sono quattro in Italia i centri specializzati per il trattamento di questa patologia: Roma, Palermo, Genova e Bari, con l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale che si avvale della collaborazione multidisciplinare con le unità di Fisiatria, Medicina Nucleare, Chirurgia Generale e un team di fisioterapisti esperti nel settore e dell’utilizzo delle più moderne metodiche applicabili permettendo al polo barese di essere un centro di eccellenza internazionale”, evidenzia il Policlinico di Bari in una nota.
“Questa – spiega - è una sfida che su cui tutta la direzione strategica sta investendo con risultati tangibili non solo in risorse finanziarie ma anche professionali e scientifiche: l’impatto sociale delle competenze mediche espresse dal Policlinico barese incide sulla realizzazione di un centro dedicato alla prevenzione, la diagnosi e il trattamento di questa patologia per la riduzione dei costi sanitari e favorire la mobilità passiva dal momento che i pazienti affetti da linfedema sono sottoposti quotidianamente a trattamenti fisioterapici lunghi, complicati e costosi che con un giusto trattamento chirurgico possono essere ridotti”.
La tecnica utilizzata in questa occasione dai medici baresi è innovativa perché ha previsto l’utilizzo di un doppio lembo linfonodale prelevato dall’addome (generalmente si utilizzano prelevandoli dalla zona ascellare o dagli arti inferiori) mediante un intervento video-laparoscopico (tecnica che prevede l’esecuzione di un intervento chirurgico senza apertura della parete sfruttando uno strumento dotato di una telecamera che trasmette a un monitor le immagini dall'interno dello spazio esaminato) per trattare un linfedema primitivo tardivo (cioè senza una causa correlata) di un paziente di 60 anni. I due lembi linfonodali sono poi stati trapiantati mediante tecnica microchirurgica a livello del malleolo mediale e del cavo popliteo dell’arto inferiore con cicatrici poco visibili sia a livello dell’area ricevente che dell’area donatrice. La possibilità di utilizzare dei lembi intestinali esclude la principale complicanza legata a questo tipo di intervento vale a dire il linfedema secondario conseguente all’alterazione del circolo linfatico.
L’intervento è stato eseguito dall’equipe composta dal dott. Michele Maruccia e dal dott. Michele Lambo della U.O.C. di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica in collaborazione con la prof. Angela Pezzolla, responsabile dell’Unità di chirurgia Videolaparoscopica.
“Il trattamento di questa patologia – commenta il professor Giudice - è una sfida moderna, definita da molti sperimentale, ma i risultati ottenuti portano a parlare di realtà e i pazienti che dal Sud Italia fino a pochi anni fa erano costretti a viaggi della speranza verso il Settentrione o addirittura all’estero hanno oggi un centro d’eccellenza di riferimento proprio a Bari. Inoltre la possibilità di prevenire queste complicanze potrebbe portare ad un significativo miglioramento della qualità di vita di questi pazienti con un abbattimento dei costi socio-sanitari”.
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