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Mercoledì 25 OTTOBRE 2017
Nomina Dg del Ssn. Per Fedir “basta avvantaggiare i medici. Si prevedono molti contenziosi

Per il sindacato “serve un equo accesso per tutte le professionalità”, anche perché è “errato” il “presupposto che il sanitario sia la figura più adeguata alla gestione delle Asl”. Dunque, “più che polemizzare per i requisiti stringenti bisognerebbe ristabilire quale sia la figura del manager aziendale ideale che gestisce e organizza risorse, piuttosto che come fare per permettere ai medici di guadagnarsi un posto al sole”.

Il 31 ottobre scadono i termini per la presentazione delle domande per l’inserimento nell’elenco nazionale dei direttori generali delle aziende sanitarie. Il bando è stato emanato a seguito della definitiva entrata in vigore del d.lgs. 171/2016, dopo i correttivi apportati dal successivo d.lgs. 126/2017. Ma Fedir, il primo sindacato autonomo dell’Area Funzioni Locali e che tutela i dirigenti tecnici e amministrativi di Sanità, Regioni e Enti locali, intende comunque ribadire alcune considerazioni, “anche alla luce delle polemiche che sul bando, in riferimento ai requisiti stringenti, alimentano il dibattito sulla stampa in queste ore”.

“Fedir – spiega il sindacato in una nota - già lo scorso gennaio aveva scritto alla ministra Beatrice Lorenzin per chiedere la modifica dei criteri previsti dal decreto del Ministero della Salute 171/2016, ìè del tutto evidente che, ancora una volta, le norme sono state scritte per avvantaggiare una categoria, quella dei medici, nell’errato presupposto che il sanitario sia la figura più adeguata alla gestione delle Aslì”.

Secondo Elisa Petrone, segretario generale aggiunto Fedir, “si assiste all’impoverimento e allo svilimento della dirigenza amministrativa e delle sue delle tipiche funzioni gestionali, già gravemente minate in sanità da oncologi che si occupano di gestione, patologi clinici che si occupano di formazione, psicologi che si occupano di Urp, abbandonando reparti e ambulatori per collocarsi su  scrivanie non destinate a loro. In questa vicenda più che polemizzare per i requisiti stringenti bisognerebbe ristabilire quale sia la figura del manager aziendale ideale che gestisce e organizza risorse piuttosto che come fare per permettere ai medicidi guadagnarsi un posto al sole”.

In particolare, Fedir, già nel gennaio scorso aveva elencato tutte le criticità, alcune di queste:

• Nell’esperienza dirigenziale la lettera b) del secondo comma dell’art. 2 avrebbe dovuto dare maggiori indicazioni alla Commissione in favore della natura pubblica della struttura diretta, come peraltro suggerito dal Consiglio di Stato. Inoltre si sarebbe dovuto distinguere tra attività dirigenziale di line  e attività direzionale, intesa come  quella di direzione aziendale;

• Non viene fatta alcuna menzione dei risultati gestionali ed economici conseguiti dalle strutture di cui si è avuta la responsabilità;

• In ordine ai titoli formativi e professionali, si ricorda che il personale amministrativo, pur in possesso di specifica elevata esperienza dirigenziale, difficilmente consegue abilitazioni, master, specializzazioni, dottorati, senz’altro più vicini nella realtà dei casi al personale medico, per il quale abilitazione e specializzazione costituiscono addirittura requisito per l'accesso alla dirigenza;

• Il voto di laurea poi non sembra determinante per ricercare  le capacità di un direttore generale e implicherebbe valutazioni soggettive e delicate riguardo alle Università  dove il titolo è stato conseguito e ai percorsi di carriera di ciascuno;

• Dovrebbero essere considerati accanto ai master universitari tutti i corsi di formazione manageriale post-lauream che hanno le stesse caratteristiche;

• La caratteristica della “riconosciuta rilevanza” appare del tutto vaga.

Per il sindacato, inoltre, ci sono ulteriori aspetti del bando che meritano approfondimento. “Tra gli stringenti requisiti, infatti, non è prevista la cittadinanza italiana. La recente esperienza del Bando per la ricerca dei direttori dei Musei avrebbe dovuto suggerire qualcosa. Più tecnicamente, se la scelta della legge delega è stata quella di ricomprendere le direzioni aziendali tra la ‘dirigenza pubblica’ come si pensa di poter eludere le norme che impongono la cittadinanza italiana per tutte le posizioni dirigenziali?  Inoltre, come mai non sono previste né prove né colloqui? Il rischio è che si scelga un direttore generale straniero che non sa dire una parola in italiano”.

Per Fedir, “salvo i contenuti aventi forza di legge, si prevedono molti contenziosi, soprattutto per la mancanza di un equo accesso all’elenco dei direttori generali per tutte le professionalità”.

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