quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 26 SETTEMBRE 2017
Malattie infettive. Rezza (Iss): “Vaccinazione è strumento principe. Antivax se ne facciano una ragione”

“Gli antivaccinisti possono reclamare quanto gli pare ma questo è uno strumento di salute pubblica fondamentale di cui non si può fare a meno”, afferma il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, in occasione un incontro ieri a Roma, che ha fatto il punto della situazione su stili di vita e comportamenti a rischio.

“Gli antivaccinisti possono reclamare quanto gli pare ma questo (il vaccino) è uno strumento di salute pubblica fondamentale di cui non si può fare a meno”. Dopodiché, per quelle condizioni che possono essere scongiurate grazie all'adozione di comportamenti preventivi “l'informazione è essenziale per determinare l'attitudine al cambiamento, ma non è detto che il cambio dei comportamenti venga assicurato e mantenuto nel tempo”. Così il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità Giovanni Rezza, ad un incontro ieri a Roma, durante il quale si è discusso di stili di vita e comportamenti a rischio.

In Italia sono 3.500 i nuovi casi di Hiv registrati ogni anno: “Non riusciamo ad andare sotto a questo livello. L'incidenza dell'infezione da Hiv è crollata rispetto ad anni '80 ma si fatica a scendere sotto una certa soglia - commenta Rezza - Laddove non abbiamo un vaccino dobbiamo intervenire, per quanto riguarda soprattutto le malattie sessualmente trasmesse e in particolare l'Hiv, con l'informazione, ma non è detto che, pur avendo una certa percezione del rischio, si riesca a modificare il comportamento”.

Basti pensare che “la maggior parte delle diagnosi di infezione la facciamo soprattutto negli omosessuali che sono ancora la prima categoria a rischio nel nostro Paese, anche se erano stati i primi a modificare i comportamenti - spiega Rezza - Dopodiché c'è stata una sorta di 'perdita di memoria generazionale'. Tra gli stranieri che arrivano in Italia, invece, abbiamo registrato più casi nelle donne, soprattutto a trasmissione eterosessuale”.

Un esempio “vincente” di vaccinazione di massa è stato il programma vaccinale nazionale contro il virus dell'epatite B (Hbv) che si è tradotto in un “declino drammatico dell'incidenza di nuove infezioni, rilevati da i nostri sistemi di sorveglianza, soprattutto nelle classi di età più giovani - spiega Rezza - Dopodiché abbiamo una tendenza alla stabilizzazione con una bassissima incidenza riconducibile agli adulti, i quali non erano stati vaccinati e i cui comportamenti a rischio ancora permangono, e questo provoca un certo 'rumore di fondo'. Nei prossimi anni vedremo sicuramente gli effetti sulla riduzione del rischio di cirrosi e di epatocarcinomi”. L'Italia, lo si ricorda, è stato “uno dei primi Paesi a introdurre un programma nazionale vaccinale”, conclude Rezza.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA