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Giovedì 07 SETTEMBRE 2017
Sindrome dell'ostaggio, quando il pazienti si sente “vittima” del medico
La 'hostage bargaining syndrome' riguarderebbe soprattutto i pazienti con malattie gravi o in terapia intensiva, che si sentono impotenti e dipendenti dalle decisioni del medico e non riescono ad esprimere il loro punto di vista
(Reuters Health) – Impauriti e confusi, i pazienti che si sentono intimoriti durante le visite mediche si comporterebbero come degli ostaggi, in preda alla cosiddetta “hostage bargaining syndrome”. In questo caso, i pazienti, soprattutto quelli con una malattia grave o vulnerabili, potrebbero provare un senso di impotenza e sentirsi strumentalizzati nelle scelte terapeutiche. A rivelarlo è stato uno studio coordinato da Leonard Berry della Texas A&M University di College Station. La ricerca è stata pubblicata su Mayo Clinic Proceedings.
Secondo i ricercatori americani, i pazienti si sentirebbero ostaggio del medico anche quando questo incoraggia una conversazione attiva. Ad esempio, i pazienti affetti da tumore e quelli ricoverati in terapia intensiva e le loro famiglie possono sentirsi impotenti e dipendenti dal medico. E il problema può peggiorare in caso di errori, effetti collaterali inaspettati o con il peggioramento delle condizioni cliniche.
A differenza di altri servizi, come mangiare in un ristorante o seguire un concerto, dove i clienti possono esprimere tranquillamente giudizi negativi, l'ambito medico è spesso una 'necessità', dove il medico è una figura di 'autorità'. I pazienti, così, spesso esitano a esprimere preoccupazioni o a parlare di problemi seri. “I pazienti potrebbero non voler rischiare di offendere il medico se non sono d'accordo con il trattamento”, ha sottolineato Berry.
Per contrastare il problema, secondo i ricercatori americani ci vorrebbe un sistema di scelta terapeutica condivisa, dove i medici presentano le opzioni e i pazienti spiegano le loro preferenze. Per costruire un clima di fiducia, i medici dovrebbero mostrare comprensione, mantenere la privacy, avere buone capacità di comunicazione e mostrare interesse nel paziente come persona.
Fonte: Mayo Clinic Proceedings
Carolyn Crist
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
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