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Martedì 20 GIUGNO 2017
Tumori eredi-familiari BRCA1 e 2. Salento sotto osservazione: il 50% delle persone sottoposte a test presenta una mutazione genetica
Lo rileva uno studio condotto dall’Ambulatorio dei Tumori Eredo-Familiari, attivo nel Polo Oncologico dell’Ospedale Vito Fazzi dal 2014, e presentato oggi a Lecce. “Considerato che il dato nazionale si attesta sul 15%, è evidente come i risultati acquisiti rivestano una importanza fondamentale ai fini della prevenzione, ma anche della terapia mirata”.
Le mutazioni genetiche BRCA1 e 2 ricorrono, in generale, nel 10-20% dei tumori ovarici. A Lecce e provincia il 50 % dei soggetti affetti da tumore ovarico e mammario, indipendentemente dall'istologia, presenta una mutazione. In particolare, il distretto di Nardò e Gagliano (seguite da Maglie, Galatina e Campi) presenta una percentuale di mutazioni maggiore rispetto a Lecce, se confrontato con il numero di accessi/probandi (soggetto affetto che viene testato per primo nella famiglia). “Considerato che il dato nazionale si attesta sul 15%, è evidente come i risultati acquisiti rivestano una importanza fondamentale ai fini della prevenzione, ma anche della terapia mirata”.
È quanto rilevato oggi nel corso della presentazione di uno studio condotto dall’Ambulatorio dei Tumori Eredo-Familiari, attivo nel Polo Oncologico dell’Ospedale Vito Fazzi dal 2014, e presentato a Lecce al convegno su “Tumori eredo-familiari, dall'Oncogenetica la possibilità di prevenzione e terapie efficaci', nell’ambito del progetto MITO 'Sliding Doors', che coinvolge diverse realtà italiane impegnate nello studio dei tumori eredo-familiari.
L’Ambulatorio offre un servizio di consulenza oncogenetica esteso anche ad altre province e rappresenta una realtà di riferimento per tutto il bacino di utenza salentino. Nel periodo compreso tra gennaio 2014 e maggio 2017, sono stati valutati un totale di 801 soggetti, di età media 49 anni, appartenenti a 601 famiglie.
“I tumori ereditari della mammella e dell’ovaio possono essere associati a mutazioni germinali nei geni BRCA1 e BRCA2, la cui alterazione provoca delle anomalie nei processi altamente regolati di riparazione degli errori nella replicazione del DNA, con conseguenze deleterie su crescita e proliferazione cellulare che possono provocare il tumore”, spiega la responsabile dell’Ambulatorio, Elisabetta De Matteis. “Le donne che ereditano la mutazione del gene BRCA1 hanno circa il 45-60% di probabilità di sviluppare un tumore della mammella (contro il 10% della popolazione generale) e il 20-40% (rispetto all’1-2% della popolazione generale) di sviluppare un tumore dell’ovaio. Nel caso di mutazioni del gene BRCA2, la percentuali sono rispettivamente del 25-40% e 10-20%”.
Come e chi può accedere al test genetico? “Non tutti indistintamente”, spiega dice Giammarco Surico, direttore dell’U.O. di Oncologia del Fazzi. “Le caratteristiche che suggeriscono la presenza di una predisposizione ereditaria nella famiglia in esame sono l’età di insorgenza del tumore più bassa rispetto ai casi sporadici (< 36 anni per la mammella, < 50 anni per l’ovaio); la comparsa in più componenti della famiglia appartenenti a generazioni diverse; la maggiore frequenza di tumore della mammella bilaterale; il tumore della mammella in soggetti di sesso maschile; la presenza nella famiglia di casi con tumore ovarico e di tumori multipli (mammella e ovaio) nella stessa persona. Ora, i dati a nostra disposizione per l’attività specifica svolta dalla nostra unità operativa, dimostrano che abbiamo cluster familiari in grado di sviluppare tumori di tipo ereditario. Nell’uomo la ricerca di questo tipo di mutazioni genetiche viene fatta per vari tipi di neoplasie, tra cui quella del polmone. Nel 20% dei casi circa si riesce a fare una terapia mirata con delle piccole molecole che hanno un profilo di tossicità molto più basso rispetto alla chemioterapia e che danno una lunga sopravvivenza. Addirittura siamo in grado di studiare anche nel polmone, una volta avvenuta la progressione del tumore, le mutazioni di resistenza perché, purtroppo, il tumore trova delle vie di fuga”.
“Nell’era della medicina di precisione è necessario, dunque - conclude Surico - studiare il paziente affetto da tumore attraverso analisi sia genetica che molecolare perché ciò ci consente due cose. La prima si riferisce allo sviluppo di terapie target. La seconda cosa è la possibilità di fare prevenzione, studiando i familiari e seguendoli con una consultazione genetica. La medicina di precisione è dunque il futuro, l’immunoterapia è una realtà da studiare ancora adeguatamente. E se le prospettive per sconfiggere il tumore riguardano prevalentemente la prevenzione, lo studio dei meccanismi di induzione genetica e molecolare che determinano poi l’evento neoplastico, è altrettanto importante per avere terapie mirate laddove il tumore si è già presentato.Ora siamo in grado di scegliere un trattamento sia per il carcinoma della mammella sia per carcinoma ovarico in base alle mutazioni genetiche del tumore”.
Non è un caso che nella U.O. di Oncologia del Fazzi siano attualmente attivi numerosi protocolli clinici con farmaci mirati al trattamento del tumore ovarico. La terapia con i nuovi parp inibitori è stata somministrata a 13 pazienti, numero importante se si considera che l’oncologia dell’ASL LE è stata tra i primi centri italiani ad utilizzare tali farmaci.
“Questo è un momento davvero interessante per occuparsi di tumori ginecologi, quando fino all’anno scorso si parlava di terapie antiangiogenetiche, ora si parla di parp-inibitori ed il futuro sarà l’immunoterapia”, sottolinea Graziana Ronzino, oncologa, esperta di tumori ginecologici, che spiega quali sono le novità di maggior rilievo nei tumori della mammella e dell’ovaio. “I parp inibitori, ed in particolare Olaparib, una terapia a target orale sono dei farmaci che bloccano un sistema di riparazione del danno cellulare, in cellule già danneggiate, inducendone quindi la morte. I risultati dello studio OlympiAD definiscono i PARP inibitori come nuovo possibile trattamento per il tumore della mammella correlato a mutazioni nei geni BRCA. Rispetto alla terapia convenzionale, l’olaparib, ha ridotto del 42% il rischio di progressione del cancro della mammella BRCA positivo, in fase avanzata, ritardandone la progressione di circa 3 mesi. L’olaparib è già utilizzato nel trattamento delle donne con cancro dell’ovaio BRCA-correlato, sensibili al platino. Lo studio di fase III SOLO2 dimostra un notevole miglioramento in termini di sopravvivenza libera da progressione nelle pazienti con carcinoma ovarico recidivante, platino-sensibile, con mutazione BRCA germinale, trattate con compresse di olaparib, rispetto al placebo nel gruppo di mantenimento”. Siamo, quindi, in una fase avanzata che deve trovare sempre più sostegno e consapevolezza nelle istituzioni, negli operatori, tra i cittadini.
Dallo studio emerge anche che i pazienti sono invitati a rivolgersi all’Ambulatorio per oltre il 60% dagli oncologi, seguiti dai cittadini stessi che si rivolgono spontaneamente all’équipe del Fazzi, poi dai senologi e ginecologi, solo per il 2,7% dai medici di base.
Come si fa il test? Nel corso della prima consulenza oncogenetica viene riscostruito l’albero genealogico della famiglia in esame e si dà o meno l’indicazione ad eseguire il test genetico. Poi viene compilato il consenso informato ed il a paziente sottoposto a prelievo di sangue venoso, da cui sarà estratto il DNA che verrà analizzato per i geni di interesse. L’esito verrà consegnato durante la consulenza post-test. Per i soggetti ad alto rischio viene definito un adeguato percorso di sorveglianza e sono ora disponibili delle opzioni di gestione preventiva del rischio, che includono la farmacoprevenzione e la chirurgia profilattica, in grado di diminuire il rischio di contrarre il tumore e migliorare la sopravvivenza. A questo si aggiunge, come hanno spiegato i diversi esperti in materia intervenuti al convegno, lo sviluppo recente di terapie target biologiche in grado di colpire efficacemente il tumore nelle pazienti con mutazione BRCA, con riferimento particolare agli inibitori PARP nel trattamento del carcinoma ovarico.
Tuttavia, nonostante i recenti rapidi progressi nell’individuazione dei geni coinvolti, ancora più del 50% della predisposizione genetica in famiglie con alto rischio di tumore al seno risulta ad oggi inspiegabile. Esiste, infatti, un cospicuo numero di famiglie in cui, nonostante siano presenti caratteristiche fortemente suggestive della presenza di una predisposizione ereditaria al cancro, non vengono evidenziate mutazioni in geni noti. Tali famiglie necessitano comunque di essere prese in carico per un’adeguata strategia di sorveglianza.
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