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Sabato 17 GIUGNO 2017
Ridurre il rischio clinico in oncoematologia. Metodo SWR: quando le soluzioni arrivano dagli operatori sanitari
L’Asst Papa Giovanni XXIII con altre quattro strutture sanitarie lombarde ha sottoposto alcuni questionari agli operatori sanitari coinvolti nella somministrazione delle terapie farmacologiche ai pazienti oncoematologici ai quali è stato chiesto di indicare i problemi riscontrati e di proporre alcune soluzioni. L’indagine multicentrica ha permesso di individuare alcune soluzioni pratiche, che saranno rese note oggi al convegno promosso da From.
La sicurezza del paziente prima di tutto. L’ASST Papa Giovanni XXIII con altre quattro strutture sanitarie lombarde ha sottoposto alcuni questionari agli operatori sanitari coinvolti nella somministrazione delle terapie farmacologiche ai pazienti oncoematologici. Agli operatori delle diverse strutture interessate è stato chiesto di indicare i problemi riscontrati nel loro lavoro di tutti i giorni e di proporre alcune soluzioni, con l’obiettivo di ridurre il rischio per i pazienti stessi.
L’indagine multicentrica ha permesso di individuare alcune soluzioni pratiche, che saranno rese note sabato 17 giugno all’auditorium Lucio Parenzan. Il convegno dal titolo “La sicurezza del paziente nel processo oncoematologico. Dal Safety Walk Round (SWR) alle soluzioni” è rivolto a più di 200 professionisti delle strutture sanitarie lombarde. Nel corso dell’appuntamento promosso dalla FROM - Fondazione per la Ricerca Ospedale Maggiore di Bergamo, dall’ASST Papa Giovanni XXIII e realizzato grazie al supporto di Roche, il Comitato scientifico e il gruppo operativo che hanno curato l’indagine policentrica illustreranno la sintesi di un lavoro che li ha visti impegnati per più di un anno.
Il metodo di analisi del rischio utilizzato nell’indagine, chiamato Safety Walk Round (SWR), si basa su un concetto molto semplice. In sanità, come in ogni altra attività umana, il “rischio zero” non esiste: chi meglio del personale coinvolto può contribuire a conoscere le criticità e proporre soluzioni per superarle? Il metodo di risk assessment SWR prevede visite e interviste strutturate a medici e operatori sanitari sui temi della sicurezza. Ai diversi attori del processo, operatori sanitari, medici, farmacisti e infermieri, viene chiesto di indicare le misure che potrebbero essere utilmente introdotte per prevenire errori e garantire la sicurezza del paziente.
La prevenzione e la gestione del rischio clinico è un processo sempre in fieri. Dai difetti insiti nell’organizzazione del lavoro, alle criticità nascoste o sempre pronte a esplodere nell’ambiente o nel gruppo di lavoro il fattore di rischio è sempre presente. La complessità e la molteplicità delle prestazioni e delle figure coinvolte non aiuta. Nel solo processo oncoematologico di somministrazione di farmaci antineoplastici dell’ASST Papa Giovanni XXIII, nel periodo esaminato, erano coinvolti ben 84 diversi attori tra medici e infermieri e altre figure, mentre le preparazioni farmacologiche sono state più di 36.900. Molte e variegate anche le strutture interessate in una azienda di queste dimensioni: dalla Farmacia al Day Hospital oncoematologico, all’Oncologia, all’Ematologia, all’Oncologia pediatrica fino all’Urologia.
Per avere un riferimento in tema di “risk assessment” nella somministrazione della terapia farmacologica al paziente oncoematologico, il Ministero della salute ha adottato nel 2003 proprio la tecnica SWR, inizialmente introdotta per le strutture accreditate Joint Commission. “Il metodo SWR consente al team dell’Unità – medici, infermieri, farmacisti – di confrontarsi sia durante la raccolta dei dati sia durante l’analisi di quanto è stato raccolto – spiega Carlo Tondini, direttore dell’Oncologia medica dell’ASST Papa Giovanni XXIII -. Anche nella fase di attuazione delle misure per prevenire e contrastare le criticità, il lavoro di squadra è fondamentale, fra tutti i professionisti coinvolti nel processo di cura e assistenza”.
La tecnica di analisi del rischio SWR è oggi uno strumento in più a supporto delle aziende e degli operatori sanitari nella definizione di una ormai imprescindibile strategia di prevenzione del rischio clinico. Una risorsa che deve essere presa in seria considerazione in modo particolare per chi tratta farmaci antitumorali. “Siamo orgogliosi delle innovazioni che con la nostra R&D, siamo riusciti a portare ai pazienti. Sia come nuove terapie sia come nuove forme di somministrazione come quelle sottocutanee nell’area onco-ematologica. Alcuni di questi farmaci hanno cambiato il corso di importanti neoplasie – dichiara Dario Scapola, Market Access Director di Roche Italia – e questo ci fa sentire la responsabilità di lavorare con gli operatori sanitari e favorire progetti che mirino a garantire il più possibile la sicurezza dei pazienti e la sostenibilità del Sistema”. Lo stesso Ministero della Salute, nella “Raccomandazione n. 14/2012 per la prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici” ha richiamato l’attenzione sull’importanza delle azioni per evitare errori in corso di terapia oncologica. Per l’elevata tossicità dei farmaci antineoplastici e per il loro basso indice terapeutico l’errore rischia infatti di determinare danni molto gravi anche alle dosi approvate.
L’indagine che sarà al centro del Convegno di sabato ha coinvolto 51 operatori su 120 di diverse di queste strutture nella sola ASST Papa Giovanni XXIII. Sulla base delle risposte ottenute è stato formulato un piano di miglioramento articolato su diversi livelli di intervento. Si va dai classici adeguamenti organizzativi, quale la rilevazione dei carichi di lavoro e la rotazione del personale, ad azioni di miglioramento della fase di supporto amministrativo e gestionale, fino all’introduzione di appuntamenti periodici di formazione e aggiornamento. Tra le proposte figurano da ultimo anche azioni volte a favorire l’integrazione del team medici-infermieri e percorsi di supporto psicologico al personale medico-infermieristico per l’acquisizione di ulteriori strumenti per reggere la complessità e la gravità delle situazioni.
In Lombardia diverse strutture lavorano da anni per promuovere l'integrazione a livello provinciale in campo oncologico, per assicurare qualità ed efficienza nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Ne è un esempio la Rete Oncologica Lombarda (ROL) impegnata su più fronti a coordinamento e supporto delle Unità lombarde di Oncologia, dalla definizione dei PDTA e dei piani di follow up dei pazienti oncologici, fino allo sviluppo delle Breast Unit e ai programmi di valutazione del rischio genetico di tumore. Il punto di vista della Rete nella valutazione del rischio clinico sarà una delle numerose prospettive tra quelle rappresentate al convegno di sabato nella sezione riservata al punto di vista dei professionisti. “Il metodo SWR si rivela un valido supporto per il risk assessment. Un elemento di forza che emerge dall’analisi effettuata è il rapporto, molto positivo, tra oncologi medici e farmacisti ospedalieri - spiega Roberto Labianca, direttore del Cancer center dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII e direttore del Dipartimento interaziendale provinciale oncologico (Dipo) di Bergamo -. Si tratta peraltro di un valore aggiunto presente su tutto il territorio regionale e che rende la Lombardia una delle più efficienti e aggiornate nella salvaguardia dei pazienti e, di riflesso, degli operatori sanitari che trattano i farmaci antitumorali”.
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