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Lunedì 12 GIUGNO 2017
La legge elettorale e i “salute impoveriti”. Cosa ci interessa?
Gentile Direttore,
la dissociazione cognitiva della politica ha raggiunto il suo punto più alto nella giornata dell’8 giugno. Mentre il Parlamento votava a scrutinio segreto (quasi-palese) sul proporzionale alla tedesca, senza voto disgiunto, con i collegi uninominali a liste bloccate e la supercazzola del premio di maggioranza, con scappellamento al 5%, sui giornali veniva dato ampio risalto ai 12.200.000 italiani che, nel 2016, hanno “rinunciato” a curarsi.
Qual è la patologia che affligge diffusamente i nostri partiti ed i cosiddetti “leader” che si dibattono in queste ordalìe dialettiche e che si battono il petto come forsennati nel garantirsi chi il vitalizio dorato, chi la seggiola imbullonata o comunque un futuro degno del loro lignaggio?
Tutti costoro, e chi ha governato per anni questo Paese (da destra a sinistra), hanno consentito in questi anni il mantenimento dei privilegi di molte caste di intoccabili, ma non hanno badato a chi avrebbe, teoricamente, nel nostro Sistema Sanitario, diritti garantiti dalla Costituzione.
Lo zero virgola del nostro asfittico PIL arranca in coda alla comunità europea, ma le percentuali di incremento della spesa che gli italiani sono costretti a sostenere con le proprie risorse è inarrestabile. Nel 2016 essi hanno tirato fuori dalle tasche 35 miliardi di euro (+4,2% rispetto al 2015). Il che è molto più della spesa per consumi nello stesso periodo (+3,4%).
La percentuale di italiani che ha avuto difficoltà a sostenere le spese sanitarie di tasca propria è stata del 35,3%, con punte del 53,8 nel Sud e nelle Isole.
E se questo numero enorme è aumentato di 1,2 milioni in un solo anno, forse qualcuno, nei dorati emicicli romani, dovrebbe suonare la sveglia.
Il problema è che purtroppo la sveglia la sentirebbero in pochi dato che tali luoghi sono spesso desolatamente semideserti.
La spiegazione logica per tale disastro assistenziale risiede in una strategia inequivocabile. I numeri non mentono. La percentuale del PIL destinata alla sanità è del 6,8%, in calo verticale rispetto ad altri Paesi (in Francia 8,6%, in Germania 9,4%).
Quello che non è riuscito a fare il taglio delle risorse, la perdita di 400.000 unità di personale pubblico (tra cui 9.000 medici), lo hanno fatto lo spreco delle risorse, le malversazioni, le ruberie e le mafie che si mangiano ogni anno quasi 20 miliardi.
Al ricco banchetto partecipa, macinando utili spettacolari, la Sanità privata che sta ormai sostituendosi in settori nel passato intoccabili.
Nel suo rapporto il Censis utilizza un termine terribile: i cittadini “salute impoveriti”. Sono coloro che, anche appartenenti al ceto medio, a causa di spese sanitarie gravosissime, sono entrati nell’area di povertà.
Tra questi cittadini, per la nota massima per cui la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, ci sono moltissimi “non autosufficienti” e soggetti già a basso reddito.
Ed è veramente crudele che chi dovrebbe ricevere maggiori tutele sulla base della nostra Costituzione, sia invece sterminato psicologicamente e finanziariamente.
Scusate l’interruzione. Ora vediamo di risolvere il gravissimo e prioritario problema della legge elettorale.
Gabriele Gallone
Esecutivo Nazionale Anaao Assomed
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