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Sabato 10 GIUGNO 2017
Ddl Lorenzin. Ecco perché le norme su osteopati e chiropratici andrebbero stralciate
Gentile Direttore,
i numerosi emendamenti proposti agli articoli sull’istituzione delle professioni di osteopata e chiropratico, contenuti nel DDL 1324, attualmente in esame in sede referente presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera, hanno riacceso l’attenzione su un provvedimento che fin da subito ha suscitato le critiche di Società Medico Scientifiche, di Associazioni tecnico-professionali ed anche di organizzazioni di rappresentanza dei cittadini e dei fruitori dei servizi sanitari.
A giudizio della SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa) e di FADOI (Federazione Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti) il numero e la varietà delle modifiche proposte in Commissione confermano le criticità del metodo con cui si è impostato l’iter normativo, nonché le carenze dei presupposti culturali e scientifici con cui è motivato il riconoscimento di queste nuove professioni.
Sul piano scientifico, non possiamo che ribadire che l’insieme dei presupposti teorici e delle modalità tecniche che rientrano nell’ambito delle pratiche definite come “osteopatiche” e “chiropratiche” non siano né adeguate né sufficienti per poterle considerare come ambiti disciplinari autonomi.
Sul piano dei presupposti teorici, infatti, si rileva che tali pratiche si sono sviluppate storicamente in modo empirico, in base all’applicazione di tecniche manuali prive di un definito ed esplicito modello teorico. Solo in seguito si è cercato di definire paradigmi di riferimento in cui far rientrare del tutto od in parte tali eterogenee tecniche. A questa debolezza di impianto teorico consegue l’arbitrarietà delle metodiche valutative e delle presunte competenze “diagnostiche” con cui l’osteopatia e la chiropratica pretendono di individuare gli aspetti che possono essere oggetto di trattamento. Non possiamo che ribadire che il processo che conduce alla diagnosi di malattia fa parte di competenze che attengono in modo peculiare ed esclusivo alla professione medica.
La pretesa di accreditarsi come professione “di primo contatto”, cui possa essere affidato sia l’inquadramento diagnostico, relativo ad una ampia gamma di condizioni che riguardano l’apparato muscolo scheletrico, le patologie viscerali, le problematiche ginecologiche, etc. ed i conseguenti interventi terapeutici, appare pertanto difficilmente sostenibile.
Per quanto riguarda gli interventi ed i trattamenti cui l’osteopatia e la chiropratica attribuiscono valenza terapeutica, va rilevato che si tratta per lo più di pratiche basate sull’applicazione di metodiche manuali, che in poco o nulla differiscono, sul piano del meccanismo d’azione, da metodiche che rientrano nell’armamentario terapeutico della Medicina Clinica.
Si tratta, per l’appunto, di “pratiche”, che non possono giustificare una configurazione disciplinare autonoma, ma che rientrano nel novero degli interventi “fisici”, basati sull’applicazione di energia meccanica dall’esterno del corpo. Essi possono essere eventualmente impiegati solo in riferimento ad una diagnosi e prognosi precisate in termini clinici, ed in eventuale associazione ad altri interventi terapeutici, educativi ed informativi.
Vanno quindi eventualmente inseriti in un corpus di conoscenze e competenze ben più ampio di quello delineato dalle due pratiche in questione, in modo da garantire una reale “presa in carico” unitaria dei problemi di salute della persona.
Tutti questi apetti sono stati descritti ed argomentati in modo dettagliato in documenti inviati nelle sedi istituzionali opportune, compresa la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.
Nelle medesime documentazioni, si specificava che l’introduzione di queste figure nell’ambito delle professioni sanitarie porterebbe ad una estrema difficoltà nella definizione di ambiti di competenza e nella integrazione con le altre professionalità.
Questo non si verificherebbe solo nell’ambito dell’assistenza riabilitativa, ma verosimilmente in molti altri ambiti assistenziali, data la già citata pretesa di affrontare con l’approccio osteopatico o chiropratico una grande varietà di condizioni patologiche, ad esempio relative a patologie viscerali.
Per quanto riguarda l’area specifica dell’assistenza riabilitativa, si ritiene che il panorama delle professionalità esistenti sia ampiamente sufficiente a rispondere con adeguata competenza ai bisogni di salute dei cittadini, e soprattutto a garantire interventi di validità riconosciuta, condivisa e documentabile.
In relazione al metodo con cui si propone di istituire tali professioni e di inserirle nel contesto dell’organizzazione sanitaria, si ribadisce come non sia appaia assolutamente legittimo il fatto di istituire nuove professioni sanitarie prescindendo dai requisiti e dagli iter previsti dalle normative esistenti, dando avvio ad una sorta di “sanatoria” che considerato il sotteso interesse costituzionalmente garantito di tutela della salute presenta –per l’appunto – anche dubbi di costituzionalità.
Non è un caso che diversi emendamenti proposti in Commissione richiamino alla necessità di rispettare i corretti percorsi istituzionali che regolano il riconoscimento delle professioni in ambito sanitario, evitando nel modo più assoluto provvedimenti che, in forma più o meno esplicita, si possano configurare come una sanatoria per situazioni di fatto estremamente eterogenee e la cui fondatezza culturale e scientifica è molto eterogenea, e in molti casi dubbia.
Alla luce delle considerazioni di cui sopra, SIMFER e FADOI auspicano che la proposta di istituzione delle professioni sanitarie di osteopata e chiropratico nei modi previsti dal citato DDL 1324 venga stralciata dal provvedimento, o comunque ricondotta ad un percorso istituzionalmente corretto, che offra le dovute garanzie al superiore interesse di tutela della salute.
Dott. Paolo Boldrini
Presidente SIMFER
Prof. Andrea Fontanella
Presidente FADOI
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