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Giovedì 18 MAGGIO 2017
Tumori. Ogni anno più di 183mila nuove diagnosi negli anziani, l'apporto della nanomedicina
L’invecchiamento generale della popolazione e l’allungamento dell’aspettativa di vita stanno determinando anche un progressivo cambiamento nell’età dei pazienti che accedono alle cure nelle Unità Operative di Oncologia nel nostro Paese. Se ne parla oggi a Catania in un convegno promosso dall'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom)
Ogni anno in Italia più di 183mila tumori vengono diagnosticati in pazienti over 70. L’invecchiamento generale della popolazione e l’allungamento dell’aspettativa di vita stanno determinando anche un progressivo cambiamento nell’età dei pazienti che accedono alle cure nelle Unità Operative di Oncologia nel nostro Paese: occorre garantire insieme qualità della cura e qualità di vita. I progressi della ricerca hanno permesso di compiere promettenti passi in avanti, abbiamo a disposizione oggi terapie più efficaci e meglio tollerate e nuove tecnologie nelle cure come le nanotecnologie. Alle prospettive offerte da questo approccio si discute nel convegno nazionale “Innovazione e nanomedicina al servizio del paziente oncologico anziano” che si svolge oggi a Catania.
“Più del 50% del totale delle diagnosi riguarda gli over 70 – spiega Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) - e le problematiche sono molteplici: innanzitutto la condizione di particolare fragilità che spesso caratterizza queste persone, con comorbilità spesso rilevanti cui si associano non raramente anche criticità di tipo sociale ugualmente importanti. A questo si aggiunge la quasi assenza di screening con conseguenti diagnosi più avanzate e il minor accesso agli studi clinici. È sempre più evidente l’importanza di una valutazione multidimensionale di questi pazienti, che tenga conto delle comorbilità presenti, dello stato funzionale, delle caratteristiche psicologiche e di supporto sociale che caratterizzano il malato anziano e da cui non si può prescindere nella programmazione di un piano integrato di intervento. L’età avanzata non può e non deve essere un fattore che da solo possa influenzare negativamente le possibilità di cura e di sopravvivenza dopo la diagnosi di una neoplasia. Quindi non dovrebbe limitare le decisioni dei medici, anche in tumori difficili da trattare come quelli del polmone e del pancreas, che nel 2016 hanno fatto registrare rispettivamente nel nostro Paese più di 41mila e 13.500 nuovi casi”.
“Nab-paclitaxel – afferma Paolo Marchetti, Direttore Oncologia Medica all’Ospedale Sant’Andrea di Roma - ha confermato di essere efficace da studi ‘real-life’, condotti cioè nella reale pratica clinica quotidiana in donne con più di 65 anni colpite da tumore del seno metastatico dimostrando una migliore sopravvivenza associata a un profilo di tollerabilità favorevole. Va ricordato che il 40% dei carcinomi mammari è diagnosticato proprio in donne over 65”.
“In generale però – sottolinea Marchetti - la quota di anziani nei trial clinici è spesso sottostimata, poiché sono ‘problematici’ e caratterizzati da comorbilità. A causa della ripetuta esclusione dalle sperimentazioni, i miglioramenti ottenuti in oncologia negli ultimi venti anni hanno riguardato solo marginalmente questa popolazione. La realtà clinica è invece molto spesso costituita da donne, anziane, con numerose patologie. Non vi è quindi esperienza clinica adeguata condotta negli anziani, che, invece, in alcuni casi, potrebbero ottenere risultati addirittura migliori rispetto ai più giovani”.
Un luogo comune da sfatare è che i tumori siano meno aggressivi negli anziani rispetto ai giovani. “Esiste un chiaro svantaggio nei risultati terapeutici negli over 70 – continua Roberto Messina, Presidente Nazionale Senior Italia FederAnziani -. L’anziano è particolarmente esposto al rischio di insorgenza di reazioni avverse soprattutto a causa dei numerosi trattamenti farmacologici e di una ridotta funzionalità degli organi. Il 50% dei malati oncologici anziani assume almeno 5 farmaci al giorno. Inoltre questi pazienti hanno una maggiore possibilità di commettere errori nell’assunzione delle terapie e tendono spesso a sottovalutare segni e sintomi attribuendoli più all’età o alla malattia che alla terapia”.
“È importante offrire nuove opportunità terapeutiche anche a una popolazione fragile come quella anziana - conclude Federico Pantellini, Direttore Medical Affairs Oncology di Celgene -. Siamo fiduciosi che anche questo convegno, che spazia dalla ricerca ai risultati della pratica clinica quotidiana, possa favorire l’impegno di tutti in quest’ambito”.
Lorenzo Proia
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