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Lunedì 08 MAGGIO 2017
Tutti i luoghi comuni dei “mutuolesi”
Oggi il fenomeno nuovo con il quale abbiamo a che fare è quello che, fin dall’inizio, ho chiamato “neo-mutualismo di ritorno”, ma come dovremmo chiamare coloro che lo propugnano? Mutualisti, neo mutualisti? No, per definirli serve un neologismo. Ecco perchè
Premessa
Il neologismo, come tutti sanno,è un termine inventato o reinventato per dire qualcosa della realtà che nella lingua non c’è.
Per esempio:
· “esigente” per descrivere un nuovo genere di “paziente”,
· “linea-guidaro” per indicare qualcuno che considera le linee guida in modo dogmatico,
· “compossibilità” per indicare una cosa diversa da compatibilità
· “autore” per denotare un tipo di operatore autonomo e responsabile.
Questo editoriale si colloca tra due neologismi che, come vedrete, ci serviranno a capire in che razza di situazione ci troviamo e quanto difficile sia il nostro tempo.
Oltre i mutualisti
Oggi il fenomeno nuovo con il quale abbiamo a che fare è quello che, fin dall’inizio, ho chiamato “neo-mutualismo di ritorno”, ma come dovremmo chiamare coloro che lo propugnano?
Si potrebbe rispondere “mutualisti” oppure “neo-mutualisti” ma, a ben riflettere, non sarebbero termini adeguati perché i mutualisti, quelli della fine dell’800 e dell’inizio del 900, erano ontologicamente molto diversi. Erano cioè degli idealisti. Quelli che oggi propugnano le mutue sono degli affaristi. E poi i primi, in nome degli operai, erano animati da uno spirito di emancipazione e avevano a che fare con una realtà dove non esisteva nessun tipo di tutela.
Oggi, i secondi, ripropongono le mutue contro una certa idea di tutela pubblica, di diritto alla salute e alla fine in conflitto con i cittadini più deboli. Una volta i mutualisti erano le società operaie oggi sono le assicurazioni. Una differenza non da poco.
Quindi, rassegnatevi, per indicare i mutualisti del nostro tempo abbiamo bisogno di un neologismo.
Con il termine “mutuo-leso” si vuole intendere:
· chi in nome di legittimi interessi è leso, suo malgrado, rispetto a certi valori morali e sociali come l’universalità, la giustizia, il diritto, la verità,
· chi a seguito di questa lesione dice cose non vere, propone luoghi comuni, usa dati in modo fallace.
Questo neologismo:
· parte, come è intuibile, dalla parola motuleso (persona danneggiata nelle sue capacità motorie),
· costruisce una specie di metafora con lo stesso suono ma con un diverso significato (paranomàsia),
· aggiunge un pizzico di sarcasmo con il fine di creare un equivoco fonico.
Il mutuoleso diversamente dal mutualista persegue nel terzo millennio tutele anti universali.
La scelta di questo neologismo non è stata fatta per fare battute ma per mettere al centro, della questione mutue, non le loro “capacità fisiche” ma le loro “capacità morali”. Per me la “questione mutue” prima di essere tecnica, finanziaria, fiscale, sociale è una “questione morale” che ha che fare, come dimostrerò, oltre che con la questione della giustizia (QS 2 maggio 2017) con la questione della verità.
I luoghi comuni dei mutuolesi
Con l’espressione luogo comune in genere si indica un punto di vista generalmente accettato, magari garantito da autorevoli esponenti del mondo accademico, da tanti dati statistici, da ricerche di prestigiosi centri studi, e che funziona da premessa di verità da cui trarre dei ragionamenti.
Tuttavia se il luogo comune viene usatocome pretesto per raggiungere fini strumentali, esso potrebbe ingannare, fuorviare, disorientare e perfino raggirare. E questo non è bene. Se vogliamo fare le mutue diciamo come stanno realmente le cose e informiamo la gente come si deve, cioè diciamo la verità, ed eventualmente se necessario facciamoli scegliere. Ma ingannarli con verità fallaci è immorale. Oggi nel web queste verità fallaci sono chiamate fake news. In modo più ruspante noi le abbiamo sempre chiamate “bufale”
I mutuolesi si caratterizzano per l’uso strumentale delle bufale.
Per ragioni di sostenibilità (primo luogo comune)
La politica, quindi il governo in carica, sostiene che le mutue siano necessarie per ragioni di sostenibilità. (“Ma quale ritorno alle mutue! L'obiettivo è garantire la futura sostenibilità del Ssn”, QS 22 marzo 2017)
Questa verità è ingannevole per tante ragioni:
· non si chiarisce cosa si intende per sostenibilità facendo credere che esista solo una idea e più precisamente quella che la interpreta come pura compatibilità tra le necessità finanziarie reali della sanità, con le risorse che il governo decide di assegnarle. Cioè se il governo decide di dare pochi soldi alla sanità la sanità è automaticamente insostenibile;
· il governo, per fini di sostenibilità, sta attuando una graduale politica di de-finanziamento della sanità pubblica, sostenere che le mutue servono per la sostenibilità, significa dire che le mutue sono funzionali al de-finanziamento. Quindi le mutue sono il pretesto per ridimensionare la sanità pubblica;
· si dà per scontato che le mutue per essere strumenti di sostenibilità siano a loro volta finanziariamente sostenibili quando le evidenze storiche dimostrano esattamente il contrario. Le mutue sono per tante ragioni intrinsecamente insostenibili, una volta a regime, tendono al disavanzo, accumulano debiti, sono costrette a limitare le prestazioni e necessitano di continui ripiani.
Proviamo a ragionare oltre le bufale usando verità vere.
La sostenibilità:
· non potrebbe essere dissociata da una idea di sviluppo del paese, cioè da una idea di produzione della salute primaria quale ricchezza,
· dovrebbe essere considerata come il recupero dei tanti squilibri che esistono nel sistema soprattutto tra domanda e offerta, tra prevenzione e cura, tra territorio e ospedale, tra mercato del lavoro e professioni, tra governo e istituzioni (mai visto un sistema sostenibile mal governato e squilibrato),
· dovrebbe essere considerata come il superamento delle inadeguatezze dei servizi dei loro modelli quindi dello loro regressività culturale, organizzativa, lavorativa. Come possono essere sostenibili quei servizi i cui modelli, e le prassi che vi si riferiscono, sono fermi a 50 anni fa?
Ma se tutto questo ha un senso che c’entrano le mutue? Esse rispetto ai veri problemi di sostenibilità della sanità pubblica, non sarebbero altro che una falsa soluzione e una tragedia perché non risolverebbero i problemi reali, distruggerebbero dei valori sociali sacri e questo al solo fine di arricchire le società assicurative. Perché alla fine, a proposito di mutue, l’unica spiegazione soddisfacente che regge oltre le false verità è quella neoliberista “meno stato e più mercato”. Cioè una idea di sviluppo del paese biecamente economicista rispetto al quale, tutto ma dico tutto, diventa altrettanto biecamente secondario.
La spesa privata (secondo luogo comune)
E’ il luogo comune principale dei mutuolesi: siccome vi sono 35 mld di spesa privata allora bisogna fare le mutue e questo indipendentemente dalle cause che l’hanno determinata. La fallacia è duplice cioè far credere che:
· siccome c’è spesa privata necessariamente bisogna fare le mutue,
· le mutue risolveranno necessariamente il problema della spesa privata.
Ma chi l’ha detto? Chiedo ai mutuolesi perché “necessariamente”?
Il ragionamento è fallace a partire dalla sua linearità: le mutue sono descritte come se (A implicasse per forza A) quando non è vero. Se partissimo dai veri problemi della spesa privata, intendendo recuperarli e risolverli, allora nella pratica A potrebbe implicare A ma anche B, C, D ecc. Si tratta di capire cosa sia più socialmente conveniente.
Il 56% dei cittadini che ricorrono al privato ci spiegano che sono costretti a farlo a causa delle lunghe liste di attesa (Censis 2015) il che vuol dire che potremmo abbattere la spesa privata almeno della metà solo se riuscissimo a migliorare l’accesso dei cittadini ai servizi facendo risparmiare ai cittadini un sacco di soldi. Ma allora che senso ha rispondere al problema delle liste di attesa facendo le mutue? Cioè perché per curare il mal di testa devo tagliare per forza la testa?
L’altra fallacia che riguarda la spesa privata è quella che considera, il costo delle mutue (intermediazione della spesa) “già oggi pagata di “tasca propria” dai cittadini” (ibidem QS 22 marzo 2017), quindi:
· un costo ineliminabile
· un costo semplicemente da riconvertire
· un costo senza costi anzi un risparmio (sic!)
Ma, chiedo scusa ai “mutuolesi”, se la spesa privata è un problema come voi dite e se è ingiusto, con un sistema pubblico, costringere i cittadini a curarsi con il loro soldi, allora perché non risolverlo riducendola intervenendo sulle cause principali che la causano? Cioè la domanda è: perché non vi ponete il problema di non far pagare i cittadini anziché farli pagare solo in altro modo? Voi vi lamentate della spesa privata ma non volete ridurla volete usarla per fare “cassa”. Anzi dirò di più voi segretamente desiderate aumentarla.
Soprattutto alle assicurazioni, non interessa di far pagare meno i cittadini ma mettere le mani su un cespite finanziario direttamente intascato dal privato quindi senza nessuna intermediazione che li taglia fuori. Cioè per loro il km zero (economia che esclude le intermediazioni per ridurre il costo finale del prodotto)è insopportabile.
A quelli del governo invece non interessa di non far pagare i cittadini per la semplice ragione che essi de-finanziando il sistema pubblico hanno interesse ad incrementarla per cui, nella loro concezione di sostenibilità, la spesa privata, surroga e vicaria quella pubblica dal momento che essa vale e funziona come un gigantesco super ticket di 35 mld ma intascato dal privato.
Per il governo si tratta solo di trasformare l ‘out of pocket’ in un “secondo pilastro”, da intendersi “rigorosamente (….) come un sistema di finanziamento aggiuntivo con il quale “intermediare” la spesa sanitaria rimasta a carico delle persone” (ibidem Qs 22 marzo 2017).
Cioè il governo conferma che la spesa privata quale “secondo pilastro” è un finanziamento aggiuntivo a carico dei cittadini e per questo essa dovrebbe crescere non calare e possibilmente in proporzione all’entità del de-finanziamento.
Quindi, sostenere che il cittadino per risparmiare anziché sborsare di tasca propria 35 mld dovrebbe farsi la mutua, rinunciando definitivamente alla possibilità di avere un servizio pubblico migliore, è una fake news, una bufala.
A parte il fatto che un ragionamento del genere meriterebbe delle dimostrazioni empiriche che ancora non ho visto, (mi scuserete ma è quanto meno imprudente credere a un mutuoleso sulla parola), ma andiamo sul pratico, di quali costi parliamo? Parliamo di micro-economia (premi assicurativi, costi di transazione, costi delle prestazioni) o di macroeconomia (i costi del sistema)? E poi se l’intenzione reale è far crescere il secondo pilastro come si fa a ridurre la spesa privata quale costo sociale? Con quali soldi si dovrebbe finanziare il secondo pilastro per fargli svolgere la sua funzione di finanziamento aggiuntivo? E di che ordine di grandezze finanziarie parliamo per raggiungere l’ideale di sostenibilità del governo?
Vediamo se qualcuno (magari qualche grosso “outofpokista” di grido) si prenderà la briga di rispondere, nel frattempo mi limito solo ad un rilievo: come tutti sanno le nuove mutue sono in parte finanziate dal suo beneficiario e in parte dallo Stato, cioè la spesa privata una volta trasformata in intermediazione finanziaria non paga tasse. Chiedo questo costo aumenta o riduce il costo delle mutue? E soprattutto chi lo paga? Chi si fa la mutua scarica sulla collettività una parte dei costi, per cui, lui sembra che paghi di meno, ma solo perché qualcun altro paga al posto suo.
E allora come diavolo fa il governo a dire che con le mutue “si potrebbe garantire un risparmio a ciascun cittadino dei costi che già oggi sostiene di tasca propria per curarsi privatamente” (ibidem Qs 22 marzo 2017)
Una barzelletta per farci due risate
Infine per chiudere queste riflessioni sulle fake news dei mutuolesi una barzelletta: in giro, per i convegni, vi sono illustri professori di economia, ormai specializzati in out of pocket, che con i loro dati ci spiegano il “dramma” della spesa privata. Alcuni di costoro vantano una storia giovanile di sinistra e sostengono spavaldamente che le mutue sono di sinistra. Per me costoro sono i mutuolesi più lesi degli altri. L’ultima volta che ne ho sentito uno mi ha colpito la sua doppia morale: prima ci dice che la sanità pubblica è insostituibile e poi che bisogna fare le mutue.
Siccome in questo caso siamo oltre la fallacia c’è da chiedersi se esista o no un conflitto di interesse tra i loro studi e le assicurazioni che magari li finanziano per avere a disposizione fake news garantite più che nella loro veridicità, dal brand dell’università di chi li propone. Ma, fino ad ora, non ho mai sentito costoro ed altri dichiarare nei pubblici convegni l’assenza di un qualche conflitto di interesse. Eppure le promiscuità sono palpabili. Se costoro hanno preso soldi dalle assicurazioni per i loro studi, le loro ricerche, le loro relazioni, dovrebbero dichiararlo perché ciascuno di noi ha diritto di dubitare della loro obiettività.
A parte ciò se, per sinistra, intendiamo quel sistema di idee (uguaglianza, solidarietà, diritti, dignità, giustizia, verità ecc) che punta all’emancipazione dell’uomo da ingiuste condizioni di vita, i mutualisti di 100 anni fa erano sicuramente di sinistra ma i mutuolesi del nostro tempo no. Essi sono semplicemente degli ipocriti con qualche problemi di identità.
I fattori “naturali” che spiegano la necessità di fare le mutue (terzo luogo comune)
In questo luogo comune rientrano altre fake news volte a convincerci (dimostrare è una parola difficile) che la necessità di fare le mutue non nasce da ragioni politiche o finanziarie o ideologiche ma da “fattori” oggettivi altrimenti definiti “risultanze statistico matematiche”
I fattori più richiamati nella pubblicistica sono tre:
• l’invecchiamento della popolazione
• l’ampliamento della scienza medica
• lo sviluppo della tecnologia in campo sanitario.
Il luogo comune sostiene tre fallacie:
· “l’impossibilità per il sistema sociale di sostenerne i costi, in quanto il prelievo economico a cui sottoporre i lavoratori attivi diverrebbe insostenibile, cosi come sarebbe insostenibile l’onere dello Stato”,
· “non per scelta, ma per responsabilità verso le generazioni future”, è indispensabile fare le mutue,
· il sistema a tre pilastri è per ragioni statistiche, sociali, economiche, costituzionali, l’unico sistema che può tutelare tutti i cittadini (QS 06 aprile 2017).
La perentorietà gratuita e ingiustificata di queste tesi in realtà ne tradisce l’intrinseca debolezza logica mostrandole per quelle che sono: banali “petitio principii” nelle quali, la proposizione che deve essere provata, è supposta implicitamente o esplicitamente come incontestabile, a partire dalle premesse che però sono tutt’altro che univoche.
In quanto tali tutte e tre le fake news sono facilmente smascherabili ma non perderò tempo a farlo.
La mia proposta di “quarta riforma” dice esattamente il contrario:
· a condizione di ripensare il sistema pubblico niente per esso è a priori impossibile, niente è a priori insostenibile,
· il sistema mutualistico a parte crollare per i debiti è crollato soprattutto perché non è stato in grado di rispondere a quei tre fattori tra molti altri,
· il governo di quei tre fattori non è una questione di pilastri ma una questione di ripensare vecchi paradigmi culturali rispetto ai quali le mutue sono quanto di più vecchio si possa immaginare.
Anche in questo luogo comune, la fallacia principale, è quella, davanti a problemi che si potrebbero risolvere in più modi, di imporre le mutue come soluzione necessaria, obbligatoria, unica. Questo non solo è irragionevole, sospetto, discutibile ma è semplicemente ridicolo e ancora più semplicemente non vero.
Conclusione: mutuolesi e post verità
Riassumiamo il percorso fatto:
· ho iniziato dicendo che avevamo bisogno di un neologismo per connotare coloro che, nel terzo millennio, propugnano le mutue,
· ho proposto “mutuoleso” indicando con questo termine “colui che persegue tutele anti universali”,
· ho esaminato i suoi luoghi comuni aggiornando la mia definizione “il mutuoleso è colui che si caratterizza per l’uso strumentale delle fake news.”
Ma le fake news oggi, sono definite tali, dentro un fenomeno sociologico e politico molto più grande, a sua volta, definito post verità, un altro neologismo.
Post veritàè di derivazione inglese (post truth) e in generale è usato per indicare argomentazioni, caratterizzate da un forte appello all'emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l'opinione pubblica. Gran parte del populismo si basa su delle post verità.
A questo punto posso finalmente completare la definizione del mio neologismo: i mutuolesi sono coloro che per perseguire i propri interessi si servono in modo populistico delle post verità.
Le mutue sono primariamente una “questione morale” non solo perché, come ho già scritto sono ingiuste e inique, ma perché sono il prodotto disonesto e ingannevole di impudenti post verità.
La parola post verità è stata eletta parola dell’anno 2016 dal Oxford Dictionaries perché usata sul web in modo virale ma soprattutto perché ritenuta la più rappresentativa del nostro tempo.
Ivan Cavicchi
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