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Lunedì 24 APRILE 2017
Perché la Farmacia territoriale della Asl Roma 3 è stata declassata?



Gentile direttore,
la sanità laziale è ormai giunta allo stremo delle forze. La cura dimagrante devastante e progressiva subita, nonostante la rigorosa alternanza al governo del colore politico, l’ha resa del tutto asfittica e priva della capacità di soddisfare adeguatamente anche i livelli essenziali di assistenza. All’insegna del cosiddetto Piano di Rientro sono stati applicati solo tagli selvaggi e irrazionali che hanno semplicemente applicato l’aberrante logica dell’ossequio alla legge del più forte (politicamente parlando) e mai quella delle reali esigenze della popolazione assistita.

Non si è visto alcun programma definito e, tantomeno, condiviso con gli operatori stessi ai quali si continua a chiedere di sopportare il sempre più faticoso fardello di dare un senso compiuto ai processi assistenziali fino ad oggi assicurati attraverso sacrifici correlati al progressivo depauperamento di risorse umane e tecnologiche.

I Governatori di questa regione hanno, infatti, sistematicamente dimenticato di valorizzare la parte più importante del Sistema salute: i professionisti sanitari!

Anche la più mediocre delle scuole di Management insegna che la prima risorsa da tutelare e sviluppare, in qualsivoglia azienda, è quella umana. Già, perché ci si dimentica, con troppa disinvoltura, che le aziende sono fatte di uomini e senza gli uomini (possibilmente motivati) non si produce nulla, tantomeno salute!

Ma nel Lazio si è riusciti a fare di più (e peggio). Non è bastato ridurre il numero complessivo delle persone operanti a causa del blocco del turn-over durato più di otto anni ma si è deciso di dover anche procedere ad un taglio draconiano delle strutture secondo una logica che sinceramente ci è del tutto sfuggita.

Forse si è ritenuto strategicamente giusto operare nell’ottica del risparmio, azzerando quell’organizzazione di base faticosamente realizzata nel tempo che definisce gli ambiti di autonomia appena sufficienti ad offrire margini per una garanzia di continuità e di qualità nel tempo. Ma non si è tenuto conto della molteplicità della quantità e della qualità delle linee di attività esistenti all’interno di strutture non a caso classificate come “complesse”. Si è operato, invece, solo nell’ottica di tagliare sugli stipendi (già peraltro tra i più bassi d’Europa) nella misera quanto miope logica di “meno responsabilità = meno stipendio”, il che significa che non si vuole più investire nella sanità pubblica e puntare al potenziamento di quella privata!

L’aspetto ancora più preoccupante (e aggravante) consiste nell’aver assistito a fantasiose articolazioni aziendali che hanno prodotto la nascita di nuove strutture che non trovano alcuna apparente logica se non quella di re-impiegare i professionisti dirigenti con incarichi apicali datati e reduci da obsolete strutture certamente non più utili, oppure altri dirigenti rimasti fuori da attesissime selezioni che non hanno dato i frutti sperati.

È piuttosto recente l’annuncio col quale il Governatore attuale ha confermato l’uscita dal piano di rientro che ha fatto risollevare gli animi, se non altro, per lo sblocco del turn-over che non produrrà il tanto agognato, quanto indispensabile, aumento delle dotazioni organiche ma, semplicemente, consentirà una, probabilmente incompleta, stabilizzazione dei precari. Comunque la si voglia mettere, l’annuncio ha significato (o almeno così l’abbiamo intesa) la fine dell’epoca dei tagli.

Ed è proprio questo il punto.

Ci chiediamo e chiediamo, quale sia stata la motivazione che ha spinto qualche solerte Direttore Generale, senza alcuna apparente sollecitazione da parte della Direzione della Programmazione regionale e contro il parere del consiglio aziendale dei sanitari, a rimettere mano all’Atto aziendale di recente rivisitato e abolire, anche qui e ancora una volta, strutture storicamente e strategicamente importanti che sono sempre state il fiore all’occhiello aziendale nonché un riferimento per tutta la Regione.

Ci si riferisce, in particolare, alla UOC Farmacia Territoriale della ASL Roma 3, azienda peraltro guidata da un Commissario straordinario e molto vicina al pareggio di bilancio. Questa UOC, che ha tutti i crismi per essere tale, gestisce e governa circa 130 milioni di euro di beni farmaceutici tra Convenzionata, Distribuzione Diretta e per Conto, assiste un bacino di utenza di 610.000 abitanti, si interfaccia con 600 Medici di Famiglia, 130 Farmacie. Questa struttura accoglie ogni giorno circa 200 assistiti, ha sempre rispettato il budget annuale e mantiene la spesa media pro-capite convenzionata più bassa di tutte le ASL regionali.

Eppure l’Azienda la dequalifica a struttura semplice!

E, invece, questa sì che è una struttura complessa! Struttura che, ripetiamo, è strategica e funzionale agli obiettivi che l’azienda stessa deve rispettare, all’interno della quale si compie in modo completo un circuito gestionale e professionale di così alto spessore.

Come ci si aspetta, poi, che la prendano gli operatori coinvolti, fino a ieri considerati la migliore squadra di professionisti a livello aziendale e regionale. Questi professionisti, nonostante il super affaticamento quotidiano, la riduzione di organico, gli obiettivi assegnati gravosi e altamente sfidanti ma faticosamente raggiunti, hanno mantenuto alta la motivazione e la passione per il loro lavoro.

Siamo consapevoli che la tanto sbandierata “meritocrazia” nella gestione delle aziende pubbliche è ancora un obiettivo da porsi e da raggiungere, ma qui sorge il consistente dubbio che si voglia letteralmente smantellare tutto.

In ogni caso, vogliamo essere ancorati alla certezza che i responsabili aziendali e regionali della politica sanitaria vorranno intervenire per affrontare e risolvere le situazioni rappresentate nell’interesse dei cittadini, dell’Azienda e dei professionisti.

Sarebbe un bel segnale!
 
Luisa Paese
Segretario Regionale Lazio Fassid Area SiNaFO

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