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Venerdì 14 APRILE 2017
Anemia falciforme: i corticosteroidi riducono dolore e infiammazione

I corticosteroidi per via inalatoria, normalmente utilizzati per il trattamento dell’asma, riducono il dolore e migliorano un marker di infiammazione polmonare e di danno vascolare nel pazienti con anemia falciforme. A dimostrarlo è stato un piccolo studio coordinato da Jeffrey Glassberg del Mount Sinai Hospital di New York e pubblicato dall’American Journal of Hematology

(Reuters Health) – Studi clinici e preclinici hanno mostrato che tra le caratteristiche dell’anemia falciforme ci sono i cambiamenti a livello della fisiologia polmonare, che includono infiammazione, aumento del flusso sanguigno, resistenza delle vie aeree e iperreattività, che possono mettere a rischio di mortalità i pazienti. L’asma è una comorbidità di questa malattia ematica, ma anche nei pazienti non-asmatici con anemia falciforme si hanno alti tassi di dispnea e iperreattività e di ostruzione.

Lo studio
Partendo dal presupposto che l’infiammazione polmonare rende più difficile l’ossigenazione del sangue e che un anti-infiammatorio potrebbe aiutare i pazienti con anemia falciforme, i ricercatori hanno preso in considerazione 54 pazienti non-asmatici affetti da anemia falciforme che avevano riferito tosse o dispnea e li hanno divisi in due gruppi: uno trattato con mometasone furoato (220 mcg per via inalatoria) una volta al giorno e l’altro con placebo per 16 settimane, in aggiunta alla terapia standard.
 
Per valutare l’efficacia degli steroidi, i ricercatori hanno registrato il punteggio relativo al dolore e i cambiamenti, rispetto all’inizio e a otto settimane di trattamento, dei livelli di molecole di adesione cellulare vascolare solubili (sVCAM). Quest’ultima è una citochina marker di danno vascolare correlato con un aumento della morbidità e della mortalità tra i pazienti con anemia falciforme. Dai risultati raccolti è emerso che la media del punteggio sulla percezione del dolore era più bassa tra i pazienti trattati con lo steoride. Mentre i livelli di sVCAM si sarebbero ridotti del 4,86% nel gruppo trattato e aumentati dell’8,82% nel gruppo placebo.

Fonte: Reuters Health

Joan Stephenson


(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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