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Mercoledì 05 APRILE 2017
Macula dell’occhio, “spia” dell’Alzheimer
Cambiamenti nella struttura della macula, la zona centrale della retina, sono associati alla Malattia di Alzheimer. Questa evidenza, che emerge da uno studio spagnolo, apre la strada alla valutazione clinica della macula come biomarker predittivo di questa patologia neurodegenrativa
(Reuters Health) – Un’indagine approfondita della macula permette di evidenziare difetti visivi caratteristici della malattia di Alzheimer. È quanto emerge da uno studio spagnolo pubblicato da Eye. “Il nostro studio ha evidenziato cambiamenti rilevanti nei parametri retinici attraverso l’utilizzo di tecnologie di imaging oftalmologico, modifiche che sono state associate a problemi visivi in questi pazienti, come l’acutezza visiva e la visione a colori – dice Maria Satue, dell’ospedale universitario Miguel Servet di Saragozza, autrice principale dello studio – Anche se la malattia di Alzheimer è più frequentemente associata al deficit di memoria e a deterioramento cognitivo, i pazienti affetti da questa forma di demenza mostrano alterazioni nella percezione sensoriale, come ad esempio l’elaborazione visiva”.
Lo studio
I ricercatori hanno studiato 24 pazienti con Alzheimer e 24 controlli, per misurare lo strato delle fibre nervose retiniche (RNFL) e lo spessore della macula (struttura deputata alla visione centrale) attraverso tomografie computerizzate (OTC). Nei pazienti la visione con contrasto è stata sensibilmente peggiore rispetto ai controlli ed è stato il parametro funzionale più fortemente correlato alle misure strutturali. Inoltre, rispetto ai soggetti di controllo, è stato osservato in quelli con Alzheimer un assottigliamento della macula in tutti i quadranti ad eccezione della fovea, mentre lo strato delle fibre nervose retiniche era assottigliato nel quadrante superiore e inferiore medio.
Secondo i ricercatori saranno necessari ulteriori studi, compresa l’analisi delle cellule gangliari retiniche, per meglio comprendere la fisiopatologia della disabilità visiva nei pazienti con Alzheimer e per capire anche l’utilità di questi test come biomarcatori della gravità e progressione della malattia.
David Douglas
Fonte: Eye
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
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