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Lunedì 27 MARZO 2017
Vaccini. Un sanitario su tre non ci crede e teme gli effetti collaterali. I risultati di una survey on line presentati oggi a Pisa

Il sondaggio lanciato dalla Società italiana multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie (Simpios), per stessa ammissione dei promotori, non ha valore statistico ma viene comunque giudicato preoccupante. Solo il 31,4% di chi ha risposto (in tutto lo hanno fatto 2.250 operatori di cui il 28,5 medici) ha dichiarato di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa. Inoltre il 44% ritiene basso il proprio rischio di contrarre una malattia prevenibile con vaccino.

Quasi un professionista della sanità su tre pensa che i benefici dei vaccini non sono certi, e teme la possibilità di effetti avversi gravi. Quattro su cinque non si sono sottoposti al richiamo per il tetano negli ultimi 10 anni. E in media solo poco più di uno su tre dichiara di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa. Di questi la metà sono medici e meno di uno su quattro sono infermieri o altri operatori. Soprattutto poco meno della metà ritiene che il proprio rischio di contrarre una malattia prevenibile con vaccino sia basso.
 
Eppure, la nuova ondata di morbillo che sta interessando alcune Regioni italiane, dimostra che non è così. In Piemonte, Lombardia e Lazio un caso su dieci di morbillo ha riguardato operatori sanitari o comunque persone legate in qualche modo agli ambienti ospedalieri. E in Toscana il fenomeno è ancora più marcato: nei primi due mesi del 2017, un caso di morbillo su tre si è verificato in operatori sanitari.

È quanto emerso alla Conferenza nazionale “Medice, cura te ipsum” organizzata a Pisa dalla Società italiana multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie (Simpios) e aperta dall’Onorevole Federico Gelli, nel corso della quale sono stati presentati i risultati preliminari di una survey online sulle vaccinazioni a cui hanno partecipato 2.250 operatori sanitari: prevalentemente infermieri, ma anche medici (il 28,5%) e altri professionisti. Una survey, avvertono gli organizzatori, che non ha valore di rappresentatività statistica, ma che getta uno sguardo interessante sulle attitudini di medici, infermieri e altri operatori nei confronti delle vaccinazioni.

Per questo obiettivi della Conferenza sono stati quelli di confrontarsi sul ruolo fondamentale degli operatori sanitari nelle strategie di vaccinazione, sulle ragioni delle scarse coperture che si registrano in queste categorie professionali e sulle modalità per contrastare il fenomeno che espone a gravi rischi loro, i loro assistiti e tutto il sistema.

Di certo dai dati raccolti emerge uno scenario preoccupante. Altro che principali paladini delle vaccinazioni, così da difendere se stessi e i loro pazienti dalle malattie infettive, medici, infermieri e altri operatori sanitari sono i più reticenti. C’è quindi ancora molto lavoro da fare, sia a livello culturale sia organizzativo, anche in queste categorie professionali.

Dai dati della survey è emerso infatti che quasi uno su tre degli intervistati (circa il 30%) è in disaccordo con l’affermazione secondo cui i benefici dei vaccini sono certi, e teme la possibilità di effetti avversi gravi. Oltre il 40% degli intervistati non si è sottoposto al richiamo per il tetano negli ultimi 10 anni. Solo il 31,4% in media dichiara di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa: la metà dei medici intervistati e meno di uno su quattro tra infermieri e altri operatori.

Il morbillo colpisce anche i professionisti della sanità. Soprattutto la Survey ha rilevato che il 44% degli intervistai ritiene basso il proprio rischio di contrarre una malattia prevenibile con vaccino. Eppure, la nuova ondata di morbillo che sta interessando alcune Regioni italiane, dimostra che non è così. Circa il 10% dei casi notificati finora in Piemonte, Lombardia e Lazio riguarda infatti operatori sanitari o comunque persone legate in qualche modo agli ambienti ospedalieri (Nel Lazio in particolare su un totale di 244 casi di morbillo segnalati 26 riguardano operatori sanitari è possibile che il numero sia più elevato, visto che alcuni casi potrebbero non essere stati ancora inseriti nel sistema).In Toscana il fenomeno è ancora più evidente: nei primi due mesi del 2017, un caso di morbillo su tre si è verificato in operatori sanitari. Nelle due province di Pisa e Firenze, dove la circolazione ospedaliera è stata più marcata, la percentuale sale al 50%. Nel Lazio sono stati segnalati ad oggi,

Dati allarmanti emergono anche nei riguardi dell’epatite B, infezione a cui i sanitari sono particolarmente esposti maneggiando aghi e altri materiali potenzialmente infetti.

“Si tratta di una chiara sconfitta per la sanità pubblica. È imperdonabile che non sia vaccinato un operatore sanitario che, oltre ad essere più esposto, rappresenta egli stesso una fonte di contagio per una popolazione estremamente fragile, che di morbillo potrebbe anche morire – ha commentato Pierluigi Lopalco, per anni a capo del Programma per le malattie prevenibili con vaccino all'Ecdc a Stoccolma e Docente di igiene presso l’Università di Pisa – questi fatti di cronaca fanno quindi emergere con forza la necessità di migliorare la cultura della vaccinazione fra gli operatori sanitari ed impongono una profonda revisione delle politiche di vaccinazione in ospedale”.
 
“È necessario un forte impegno interdisciplinare – ha detto Lopalco – in cui epidemiologi, igienisti, medici del lavoro e medici legali si ritrovino a mettere insieme e proprie competenze per sviluppare, ciascuno nel suo ambito di azione, una politica comune, in modo da aumentare le coperture vaccinali con il duplice beneficio di proteggere l’operatore sanitario ed il paziente”.

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