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Sabato 25 MARZO 2017
Codice Ipasvi. Presidente Mangiacavalli non ci deluda!



Gentile Direttore,
ho sentito il bisogno e dovere di scrivere una lettera attraverso il suo giornale alla Presidente della Federazione Nazionale Ipasvi, Barbara Mangiacavalli, perché sono troppi gli interrogativi che mi attraversano in merito alla bozza del Nuovo Codice Deontologico, all’assenza della Presidente, ai suoi silenzi innanzi a critiche anche feroci. Spero così attraverso la sua rubrica e grazie alla sua disponibilità, di arrivare al “cuore” di Barbara Mangiacavalli.
 
Cara Presidente,
alla notizia della sua elezione a Presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi sono stata contenta. Io come tante colleghe e colleghi. Non era solo un’attenzione sul ricambio generazionale ai vertici che ci rendeva favorevoli, ma il vento nuovo che la sua elezione sottolineava. Il suo alto profilo professionale, la sua distanza – quanto meno pubblica – dalla politica erano la novità più rilevante.
 
Sono da sempre convinta che la professione debba avere un corretto rapporto con le varie parti politiche ma che non possa e non debba essa stessa diventare parte politica. Avere una Presidente in Parlamento non ci rende più forti, più credibili, più autorevoli: ci rende solo più schierati con quel partito con cui la precedente presidente – utilizzo la minuscola per la diminuzione di credibilità a cui con tale elezione ci ha sottoposto – è stata eletta o “nominata” secondo le regole elettorali vigenti.
 
Le novità positive non hanno però avuto un seguito. Non mi sfuggiva il fatto che lei sia stata eletta da un Comitato centrale a trazione vecchio stile, che il sistema elettorale favorisca più una cooptazione più che una elezione e che la precedente presidente fosse ancora direttamente presente nel Comitato centrale (sarebbe come Renzi fosse ministro nel governo Gentiloni!).
 
Attendevo e attendevamo segnali positivi di affrancamento e autonomia e che questo atteggiamento si concretizzasse in atti tangibili.
Alla prima vera prova dei fatti però sono e siamo rimasti delusi: la presentazione della prima stesura del codice deontologico. La delusione è tangibile, sono e siamo rimasti senza parole alla presentazione di un codice che stento a chiamare codice.
 
Quanti e quali infermieri si riconoscono nella nuova definizione del codice? Chi ha discusso e dibattuto quella nuova definizione? Quanti infermieri si riconoscono (o riescono a comprendere il reale significato) nel perseguimento del misterioso “ideale di servizio”?
Ridisegnate la mission infermieristica e ce lo comunicate con un “codicillo” (da intendersi non in senso letterale ma come piccolo codice) di tre paginette e mezzo striminzite senza darne conto a tutto il gruppo professionale?
 
A chi è venuto in mente di inserire in ben due articoli l’inspiegabile “ideale di servizio”. Poi mi dicono che la commissione che ha lavorato alla “prima stesura” del codice era presieduta dalla vecchia presidente. Verrebbe da esclamare: ancora lei???
Forse distratta dai lavori parlamentari e dagli impegni di partito non ha vigilato attentamente sui lavori della commissione – di cui sarebbe anche importante conoscere i nomi e le motivazioni che hanno portato a scegliere queste persone! – che ha prodotto questo risultato.
 
Se un codice disegna al primo e al secondo articolo un’idea di professione che nessuno comprende perché nessuno si riconosce in concetti che, forse, nascondono altro, il problema è evidente.
 
Mi sembra curioso che le uniche analisi rese pubbliche del codice che avete presentato siano state fatte da persone vicine ma esterne alla professione anche se con letture diverse. Sul fine vita Daniele Rodriguez su queste pagine scrive che avete aperto all’eutanasia! E’ vero?  E’ una scelta voluta? E’ stata dibattuta con qualcuno? Oppure è solo, come penso, una contraddizione di un codice povero e insufficiente per il nostro agire quotidiano?
 
Sul linguaggio è intervenuto Luca Benci il quale ha sottolineato la distanza con il nostro linguaggio quotidiano rendendo difficile comprendere per quale motivo sia stato scritto con concetti che non appartengono alla professione. A titolo di esempio, ho provato, senza riuscirci, a capire cosa intendiate per “gesto assistenziale”. Non ho trovato risposta nei libri che ho consultato.
 
Un piccolo codice, non chiaro, non condiviso, scritto male (“chi parla male pensa male” diceva un personaggio di un film di Nanni Moretti) non è una buona presentazione per una professione e per una Presidente che vuole porsi come fautrice del cambiamento.
Non possiamo presentarci nella società con un codice di questo – basso e contraddittorio – livello. Abbiamo bisogno di uno strumento come il codice deontologico, non bisogna renderlo inservibile.
 
Allora Presidente non mi e ci deluda: prenda le distanze e si attivi per una nuova discussione (più che a nuova a una discussione!) e un dibattito. Sentiamo chi ha presentato proposte, prendiamo il meglio da un dibattito che dobbiamo e, soprattutto dovete, alimentare.
 
Non sia quella “arrendevole Presidente” (copyright Ivan Cavicchi) che ha mostrato di essere in questa vicenda.
Faccia sentire la sua voce e dimostri con i fatti che il nuovo è già cominciato.
Non mi/ci deluda!
 
Maria Luisa Asta
Infermiera

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