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Sabato 04 MARZO 2017
Oltre il Cup. Non sono accanito, ma ostinato sì
Gentile Direttore,
quando, anziché confrontarsi con le tesi di merito, si va a spulciare il curriculum di chi le espone, sperando di trovare qualcosa per metterlo in cattiva luce indipendentemente dagli esiti è brutto segno. L'argumentum ad hominem ("argomento contro l'uomo") è un mezzuccio che si usa nella polemica per contestare non “cosa si dice” ma “chi lo dice” riducendolo da interlocutore a avversario.
Mi pare che l’inconcludente ricerca curricolare del dottor Crisarà, quale premessa alla sua lettera, sia come stile molto coerente con le sue minacce di denunciare i suoi colleghi dubbiosi nonché di intimorirli ventilando risarcimenti esorbitanti. Ma Crisarà è Crisarà ed io sono distante da questo modo di agire.
Per un sindacalista il problema non è chiudere la bocca agli altri ma ascoltare ciò che gli altri dicono e se possibile tenerne conto.
“Accanimento” è una parola che ripropone quella di “ostinazione” tipico dei cani che mordono la preda. La mia unica ostinazione (l’ho spiegata in un libro che consiglio di leggere, “La questione medica”) è difendere la natura ippocratica della medicina, contrastare tutto quanto punta a ridurre il medico ad una trivial machine, garantire con il dovere professionale il mio diritto alla salute come cittadino, rinnovare e ripensare la medicina per quel che serve.
Relativamente a “quanto sarebbe bello se…” mi duole davvero essere in disaccordo con Crisarà perché rappresentare degli interessi, ma anche dei valori, delle culture, dei punti di vista, è necessario quanto fondamentale perché come ci insegnava Keynes sarebbe da imbecilli supporre una società senza interessi.
Rappresentare degli interessi non vuol dire permettere loro di occupare un intero sistema di rappresentanza e meno che mai dare luogo a oligarchie dove alcuni interessi (non esclusi quelli personali) dominano sulle complessità della professione.
Per cui, nell’interesse primario della professione, ritengo che sia meglio (non giusto) che gli ordini facciano gli ordini e che i sindacati facciano i sindacati in modo trasparente competente e cooperativo. Diversamente da Crisarà resto profondamente convinto che rispetto alla “questione medica” quel nodo di complessità che dal sindacato passa per gli ordini per arrivare all’Enpam, sia un grande ostacolo, perché i fatti ci dicono che il rischio che si corre è di delimitare l’azione di rappresentanza della professione nonostante la sua evidente decadenza agli interessi pur legittimi di coloro che come lei fanno parte dell’establishment .
Da ultimo a proposito di “oltre il cup” ribadisco quanto ho scritto nel mio articolo: saranno i medici veneti non io a decidere se prenotare o meno, augurandomi che per “medici veneti” si intenda tutti quelli abilitati alla professione e che operano in un ambito geografico definito convenzionalmente “Veneto” e che in quanto tali non siano riducibili alla intraprendenza smaniosa di alcuni oligarchi illuminati, dando modo agli ordini di esprimersi senza bavagli, ai vari medici dubbiosi di discutere, agli intellettuali come me di riflettere, perché è indubbio che trattasi di una vicenda che può influenzare la natura della professione o quanto meno aggravarne la già incipiente burocratizzazione.
Infine vorrei sottolineare che il mio ultimo articolo è stato proposto come un Case Study per la semplice ragione che, per chi studia da 20 anni il fenomeno da me definito “medicina amministrata”, “oltre il cup” rischia di configurarsi come una forma microscopica di medicina amministrata. Quindi il mio interesse per il merito della questione va oltre il Veneto ed è squisitamente professionale.
Assicuro infine che su tale questione la mia “ostinazione” di studioso non verrà meno. Attendo di conoscere gli sviluppi della, a mio avviso prevedibile, sperimentazione. Resto convinto che dal Veneto c’è sempre da imparare.
Ivan Cavicchi
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