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Martedì 06 DICEMBRE 2016
Rems. Con la chiusura degli Opg i problemi non sono finiti



Gentile Direttore,
la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è stato un processo complesso e controverso, dove si sono scontrate un’indifendibile e ottocentesca concezione di gestire i malati di mente autori di reato con una visione del trattamento di questi pazienti decisamente più umana, sebbene fortemente ideologizzata e scarsamente sostenuta da dati di ricerca. 
 
Premesso ciò, il problema attuale si pone in termini di effettiva sostenibilità della riforma nel periodo medio-lungo, trattandosi di spesa per la salute mentale, ormai completamente delegata alle Regioni, senza che esista un efficace apparato legislativo e amministrativo capace di far fronte ai sistematici nuovi problemi che derivano da una stratificazione normativa improntata con affanno e senza una adeguata riflessione interdisciplinare sulla visione d’insieme a lungo termine. 
 
La legge 81/14 non pone il problema della recidiva come centrale per la valutazione dell’efficacia della riforma, identificando, invece, nell’assorbimento territoriale dei pazienti internati la pietra angolare su cui basare le valutazioni di efficacia. Questa prospettiva, trattandosi di persone che compiono fatti previsti dalla legge come reato ma che sono anche malati mentali, è peculiare. Di fatto qualsiasi sistema giuridico-sanitario-amministrativo effettua valutazioni di efficacia sulla base del tasso di recidiva delle persone interessate ai provvedimenti.
 
Tuttavia, anche a prescindere da questo inconsueto parametro di valutazione di efficacia, il punto sostanziale è determinato dal fatto che l’internamento in una Rems è ormai una misura residuale, venendo privilegiata la libertà vigilata con idonee prescrizioni come misura di sicurezza da applicare a questi malati mentali che compiono reati. La misura di sicurezza della libertà vigilata ha come presupposto necessario che queste persone siano affidate ai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) per i trattamenti ritenuti più idonei dal giudice, previa perizia o consulenza di un medico, che tuttavia non sempre è uno psichiatra e quasi mai è persona impegnata professionalmente nel servizio a cui sarà affidata questa persona.
 
Come era prevedibile ai Dipartimenti di Salute Mentale sono perciò affidate molte persone che non sono sussumibili nelle condizioni psicopatologiche che la legge sanitaria stessa determina come proprie dei Dipartimenti. Queste persone definite come “non imputabili-socialmente pericolosi ma non così pericolosi da andare in Rems” sono spesso affette da sindromi psicorganiche, disabilità intellettiva o demenza iniziale.
 
Questo pone un primo problema ai Dipartimenti di Salute Mentale perché, amministrativamente, è complesso gestire persone che hanno una diagnosi clinica sulla quale non vi è la necessaria organizzazione. La prognosi di questi pazienti, inoltre, è ben diversa da quelli degli abituali utenti dei Dipartimenti di Salute Mentale perché le reali prospettive di miglioramento sostanzialmente non esistono. Dal momento che la L. 81/14 ha stabilito che non sia possibile tenere una persona in misura di sicurezza detentiva per un periodo superiore al massimo della pena edittale, ma non lo ha stabilito per le persone in libertà vigilata, questi soggetti con disabilità intellettiva o sindromi psicorganiche rischiano di rimanere in libertà vigilata tutta la vita.
 
Un secondo problema è costituito dai costi delle persone affidate ai DSM in misura di libertà vigilata. Ignoriamo sostanzialmente l’effettiva consistenza del fenomeno su base regionale, mentre, invece, monitorizziamo con attenzione i flussi degli internati. Non sappiamo perciò quante persone in libertà vigilata siano affidate ai DSM. Un paziente in libertà vigilata è una persona sulla quale vi è, necessariamente, un massiccio impegno da parte degli operatori del DSM, sia perché, abitualmente sono persone con importanti problemi psichiatrici che hanno avuto un sintomo grave quale compiere un reato, sia perché queste persone, se recidivano, possono comportare notevoli problemi sotto il profilo della responsabilità professionale, senza contare il problema etico che comporta per gli operatori che un loro utente vittimizzi un innocente.
 
Non sono stati previsti capitolati di spesa ad hoc per queste persone in libertà vigilata di cui, come abbiamo visto, non conosciamo neanche il numero. Come evidenziato su Quotidiano Sanità da Mencacci et al. la situazione degli investimenti per la salute mentale in Italia è miserevole, in particolare alla voce “governance” dove queste persone sostanzialmente andrebbero incluse.
 
Quanto questi pazienti incidano economicamente nei DSM non viene calcolato. Da una valutazione effettuata presso la ex-Asl Rm E risultava che al 31 dicembre 2014 risiedevano 548.849 persone, e gli utenti del DSM erano 6.307, pari all’1.15% della popolazione, mentre le persone in misura di sicurezza della libertà vigilata costituivano lo 0.44%.
 
Dal 2010 al 2014, Il costo dei progetti personalizzati e degli inserimenti residenziali dei pazienti provenienti dall’Opg è più che triplicato raggiungendo II 25,4% del totale, mentre II 5,4% è stato destinato ai pazienti inseriti nel territorio sulla base di un provvedimento del magistrato.
Si consideri inoltre che, per le caratteristiche cliniche e comportamentali di queste persone, di media l’impegno per numero di operatori e tempo degli stessi, è notevolmente maggiore di quanto si verifica abitualmente.
 
Questi dati, qualora fossero confermati anche in altre Asl e in altre Regioni, pongono una serie di problemi su cui il legislatore dovrebbe avere la capacità di ascoltare e riflettere. Vi è un aumento di persone inviate in misura di sicurezza direttamente sul territorio da parte della Magistratura coerentemente con i principi della L.81/14. Coerentemente con la situazione economica dei DSM e le procedure previste, vi è un aumento dei tempi di attesa per tutti gli utenti per l’inserimento nelle strutture terapeutico riabilitative. Va osservato che il paziente che perviene con l’ordinanza o la sentenza del magistrato di inserimento necessariamente scavalca utenti in attesa da più tempo, poiché il DSM ha l’obbligo di attuare una disposizione della Magistratura (art. 388 CP). Da tutto questo deriva che, nell’attuale situazione di penuria di risorse, il paziente con problemi di salute mentale che compie un reato ha maggiori possibilità di essere preso in carico e seguito, senza tempi di attesa, rispetto ad un paziente che non effettua reati, tutto questo in assenza di percorsi, équipe e risorse dedicate.
 
Gianmarco Polselli
Presidente eletto Società Psichiatria Lazio
 
Alessandra Mancuso
Psichiatra Asl RM1
 
Stefano Ferracuti
Dipartimento di Neurologia e Psichiatria “Sapienza” Università

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