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Venerdì 18 NOVEMBRE 2016
Chi è contro la “‘Quarta riforma’?
Gentile Direttore (e caro Ivan),
a proposito dell’ultima fatica editoriale e non solo per antica amicizia col prof. Cavicchi, mi unisco alla discussione con qualche mia considerazione. Inizio con due righe di presentazione, che non guastano, per far capire chi sono e quale sia il mio background.
Sono oggi un medico di direzione sanitaria che al San Camillo si sta occupando dei piani di rientro aziendali, o meglio come dice il DM Salute del 21 giugno scorso (GU 15.7.2016), di “piani di efficientamento e riqualificazione”, ma ho alle spalle una quasi trentennale esperienza di direzione sanitaria ospedaliera (al Fatebenefratelli Isola Tiberina e al Cristo Re di Roma), nonché di Direzione Generale di IRCCS (IFO) e di Ausl (quando ancora si chiamava Roma G, anziché 5), nonché di valutazione dell’attività ospedaliera (SDO e DRG), su cui ho scritto diversi contributi; ho lavorato in A.S.S.R. (oggi Agenas) e attualmente sono impegnato nel comitato di direzione della neonata ACSS, Agenzia di Controllo del Sistema Sociosanitario di Regione Lombardia.
Ma torniamo a noi: presi come siamo dal dibattito pre-referendario in casa nostra e ancora “non ripresici” dallo shock chiamato “the Donald” che impazza oltre oceano (dove peraltro si sta pensando che l’Obamacare non sia proprio tutta da buttare), riusciamo e lo noto con piacere, a ragionare intorno all’ultima fatica di Ivan Cavicchi e cioè la proposta di una “Quarta Riforma”.
Certo le voci non sono moltissime e mancano, con talune lodevoli eccezioni, istituzioni, ordini, collegi e società scientifiche, insomma ancora manca all’appello il grosso degli operatori della sanità.
Non vorrei che il silenzio o il ritardo costituissero un atteggiamento snobistico e inerte che Cavicchi, e soprattutto il SSN, non meritano. In primis le Regioni (tante volte criticate con lucida onestà dal Nostro): esse avrebbero tutto da guadagnare da una “quarta riforma”, ma come si fa a dar ragione ad un pensiero libero e indipendente e quindi non controllabile?
Silenzio eloquente anche dalle parti di Fiaso e Federsanità Anci o in Università e ancora al Ministero della Salute e istituzioni vicine. Eppure sarebbe questo il momento in cui non bisogna (come teme il visionario Ivan, che però tante volte ci azzecca) girarsi dall’altra parte, se non per dolosa inerzia, anche e soprattutto per gelosie, invidie, problemi di ruolo. E’ che risulta veramente difficile darla vinta un pensiero anti-conformista, ma così ben argomentato (e aggiungo io, che talora affascina come un grande ciclo di affreschi dei tempi che furono).
L’inizio della discussione è già di per sé una previsione azzeccata di Cavicchi, quando tratta di una delle dimensioni più evidenti e preoccupanti del nostro SSN (e soprattutto del dibattito sul suo futuro), vale a dire il “mito dell’invarianza come àncora di salvezza e sostenibilità”.
Caro Ivan se l’invarianza esiste, come tu dici (e io lo credo con te), allora essa cercherà di non farti passare e saranno inventate con mille scuse, per avere la rivincita, incurante delle conseguenze. Essa è l’unico vero pensiero trasversale in sanità o piuttosto moderno dogma (spesso assiomatico e non ragionevole come tu dimostri), in grado di unificare il non-unificabile.
Del resto anche tu ne sei consapevole quando menzioni nel paragrafo dal titolo eloquente “chi è contro la quarta riforma” gli incompetenti, gli interessi e il pensiero debole. Io aggiungerei gli invidiosi e comunque tutti insieme cultori ed attori di invarianza per definizione. L’invarianza, come sacro dogma, non può essere messa in discussione (e capisco tra gli altri, lo sforzo e il disagio che traspare dagli articoli di Antonio Panti), quando invece è possibile, come tu affermi, che possa essere una delle principali cause dei problemi di sostenibilità del sistema.
E veramente innovativo, un break thought (pensiero di “rottura”, in cui sei maestro, aggiungo io) è la parte dedicata alla reinterpretazione della sostenibilità, al ripensamento della medicina e alla riforma del lavoro. Complimenti, mi sembra qualcosa di davvero azzeccato per analisi, ideazione, lungimiranza, novità.
E’ qualcosa che la sanità non ha mai preso in considerazione prima d’ora e del cui valore vero fa fatica a rendersi conto. “La quarta riforma” non è il solito libro perché a parte le idee nuove che ci propone, nuovo ed insolito è il percorso intellettuale in cui si sviluppano. Nelle conclusioni, ad un certo punto, scrivi “…di avere l’impressione di aver scritto questo libro per 50 anni.
E’ vero: possedendo, credo, tutti i tuoi libri e avendoli più volte letti e scorsi, per non dire “studiati”, sono certamente testimone di un percorso intellettuale pubblico che tra una cosa e l’altra è più che trentennale e che ha fatto parte della mia formazione personale.
E proprio a Roma, nel 1986, si svolse un episodio emblematico: in una sala piena di gente vicino a via Tomacelli, la vecchia sede del Manifesto ospitava la presentazione del libro di Ivan Cavicchi “Salute nova: per una nuova teoria della salute oltre il paradigma della salute”. Sul palco ricordo Eolo Parodi (allora forse Presidente della FNOMCeO), Rina Gagliardi allora direttore del Manifesto (oltre che “quotidiano comunista” anche casa editrice del libro), Alfonso Torsello Segretario Confederale della CGIL e molti altri dei quali non ricordo il nome. Io mi ero appena laureato, frequentavo l’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina e non so chi mi aveva parlato di uno “forte”, che bisognava andare a sentire.
La presentazione era appena iniziata quando all’improvviso scoppia un temporale e va via la luce. Scompiglio, risate, battute. Si resta al buio ma si continua. Non ho più riprovato quella sensazione di partecipare a una discussione interessante e accesa sulla sanità al buio, senza vedere nessuno in faccia. Sospensione, arrivo delle candele e prosecuzione sino a tardi. E’ così conobbi Ivan.
Esattamente 30 anni fa con quel libro Ivan sosteneva che la riforma sanitaria appena approvata (e che tutti noi compreso lui volevamo applicare e sostenere con forza unanime) era nata vecchia aveva vistose contraddizioni e non poche inadeguatezze. L’idea di tutela della salute, attraverso la USL era in realtà ancora mutualistica “de facto”: di conseguenza tutto il sistema concettuale di salute, di lavoro, di medicina era “debole”, ovvero per nulla pensato alla luce della “complessità”.
Debbo riconoscere che già allora, a metà degli anni ‘80 Ivan ci proponeva di aggiornare l’idea di sistema salute, andando oltre il concetto meramente difensivistico di tutela. La militanza sindacale (allora era il Responsabile nazionale della sanità per la CGIL) estendevano il suo “credo” alla medicina mai riformata e al lavoro riparametrato ma non “ripensato” nel salario.
A volte, anzi spesso ritornano. Oggi Ivan scrive nella “Quarta riforma”, in un contesto che sta mettendo a rischio la sanità pubblica, “che la salute non va solo difesa ma va costruita e prodotta come ricchezza andando oltre il diritto naturale cioè andando oltre il significato giusnaturalistico dell’articolo 32, facendone un pilastro per garantire sostenibilità al sistema”. Ci parla “dell’autobus farlocco” e ci dice che ben tre riforme sanitarie non hanno funzionato. Le prassi non sono cambiate, anche se sono cambiati gli ordinamenti e talora le persone, ci ammonisce sul problema dell’invarianza e sul fatto che vada finalmente riformato quello che fino ad ora non abbiamo mai veramente riformato: il sistema di tutela, organizzazione, servizi, medicina prassi e lavoro.
Più volte nel corso delle nostre conversazioni Ivan mi ha spiegato che quel libro di 30 anni fa resta ancora oggi quello più importante, il vero “break thought”: ci sono voluti fiumi di parole (la bibliografia di Ivan è davvero vasta) per organizzare nel grandioso affresco della “Quarta riforma” il nuovo modo in cui dover pensare e vedere il mondo della medicina e della sanità.
Anche la penultima fatica, “Il cancro non è un carillon” uscito da pochi mesi è uno straordinario esempio di come la medicina possa essere ripensata. Ivan dice spesso che le idee non si trovano nell’orto come invece sembra trovino quelli che cavalcano le mode, affermando di essere dei grandi riformatori della medicina, ma occorre costruire piano piano, con un duro lavoro di riflessione e di ricerca; bisogna saper aspettare e avere tanta pazienza perché maturino i tempi. Per chi pensa e studia la realtà, i tempi sono davvero maturi quando si concepiscono le intuizioni che li interpretano… e si può finalmente agire di conseguenza: quasi a dirci che se 30 anni fa avessimo dato retta a “Salute nova”, oggi probabilmente saremmo in ben diverse condizioni.
Tanto di cappello a Ivan per il suo ostinato lavoro intellettuale e per un amore così grande per la sanità pubblica. Mi auguro che “la quarta riforma” sia davvero uno shock esiziale per il dogma dell’invarianza e una sfida possibile per tutti noi.
Marino Nonis
Dirigente Medico AO San Camillo-Forlanini, Roma
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