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Giovedì 17 NOVEMBRE 2016
Se Doctor Web ti toglie la pensione



Gentile direttore,
quattro italiani su cinque si rivolgono a Dottor Internet per informarsi sulla propria salute e meno di uno su dieci poi ne parla al proprio medico. Il sondaggio presentato al forum S@lute di Milano suona un campanello d’allarme. Alcuni hanno osservato che Doctor Web può costarti la salute perché i consigli che si trovano online possono indurre a un consumo eccessivo di farmaci, possono essere non attendibili o più semplicemente si scontrano con i limiti del paziente: perché cogliere sintomi, interpretarli per arrivare a una diagnosi e determinare la cura migliore, non è qualcosa che si improvvisa.
 
Da presidente di un ente di previdenza devo sottolineare un altro rischio incombente: Dottor Internet può far saltare le nostre pensioni. Perché l’economia del web, luogo del gratis apparente, drena in realtà risorse verso le grandi società e verso l’estero.  Per ora si parla solo di informazioni ma fra pochissimo arriveremo alle vere e proprie prestazioni mediche comprate a distanza. Non è un caso che qualsiasi smartphone si compri oggi abbia già delle app sulla salute preinstallate. Il lavoro medico online verrà certamente pagato, ma a svolgerlo sarà qualcun altro che non paga tasse e contributi previdenziali in Italia. E sia chiaro che, mancando i contributi,  verrebbero meno anche le pensioni. 
 
Questo accadrà se resteremo alla finestra a guardare. Ma “digitale” non sempre rima con “fa male”. Lo sanno bene cantanti e autori: se nel mio ambulatorio metto una musica di sottofondo, devo pagare i diritti alla Siae. Oppure, se compro una chiavetta usb o un hard disk, pago un prezzo che include un contributo per il diritto d’autore, il cosiddetto “equo compenso”.
 
Nel nostro sistema previdenziale, è chi è in attività a pagare - con i propri contributi - la pensione di chi ha lavorato. Se a lavorare adesso c’è anche Dottor Internet, forse è il caso che i contributi li versi anche lui.
 
Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam

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