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Martedì 25 OTTOBRE 2016
Parto in acqua: dagli USA le nuove linee guida. I pro e i contro
Le nuove linee guida statunitensi, stilate dagli esperti dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), mettono in guardia sui rischi e i benefici del parto in acqua, sia per le mamme, sia per i nascituri. Per le mamme, di fatto, non vi sarebbero ancora concreti benefici dimostrati, mentre per i nascituri sono stati riscontrati gravi rischi per la salute
(Reuters Health) – L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) ha stilato le nuove linee guida per il parto in acqua. Joseph Wax, presidente della commissione sulla pratica clinica in ostetricia della ACOG e uno degli autori delle linee guida sul parto in acqua, ha cercato di mettere a fuoco la questione.
In base alle nuove raccomandazioni, per le madri, partorire in acqua può contribuire ad alleviare il dolore, ridurre la necessità dell’anestesia e, potenzialmente, accelerare il primo stadio del travaglio, prima della completa dilatazione della cervice uterina.
Tuttavia, le donne dovrebbero uscire dall’acqua prima della seconda fase, cioè quando è il momento di spingere. Secondo Wax, infatti, non sono stati riportati rischi materni o infantili specifici durante la prima fase del travaglio. Ma i potenziali rischi infantili della seconda fase durante l’immersione riguardano l’annegamento, le infezioni gravi, il distacco del cordone ombelicale frammentato, con sanguinamenti e necessità di trasfusioni.
Come si legge in una nota dell’ACOG, a parziale supporto di questa pratica, precedenti studi – inclusi in una revisione Cochrane del 2009 – suggeriscono che il parto in acqua può essere associato con un minore utilizzo dell’anestesia epidurale (-10%). Inoltre, nella stessa revisione, si specifica che il parto in acqua risulta in media circa 32 minuti più breve rispetto a quello tradizionale. Tuttavia, alcuni esiti del parto in acqua sono ancora poco chiari.
Va rilevato che, nello stesso tempo, alcuni esiti indesiderabili al momento della nascita, sembrano simili dentro e fuori dall’acqua. Ovvero le donne in entrambi i casi hanno la stessa probabilità di sperimentare uno strappo del cordone ombelicale, di richiedere un’episiotomia, o di aver bisogno del forcipe o altri strumenti per agevolare l’uscita del nascituro.
Igiene rigorosa e strumenti di monitoraggio
Le raccomandazioni ACOG prevedono in ogni caso che le donne in buona salute- e che non hanno riportato complicazioni durante la gravidanza – possano comunque sperimentare il parto in acqua, anche se non ne trarranno necessariamente dei benefici.
Le linee guida consigliano il parto in acqua come un’alternativa da proporre alle donne che si trovano nel periodo che va dalla 37esima fino alla 41 settimana di gestazione. No prima, né dopo Infine, ma non per ultimo, si legge in una nota delle linee guida, i centri ospedalieri che offrono l’opportunità del parto in acqua devono osservare rigorosamente una serie di regole d’igiene e controllo per le vasche o le piscine predisposte.
Bisogna poi anche tenere conto del fatto che, anche nell’acqua, mamma e figlio possono necessitare d’interventi urgenti. Dunque, questi ospedali devono essere dotati di tutte le attrezzature per il monitoraggio
Fonte: ACOG 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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