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Mercoledì 15 GIUGNO 2011
Hpv. Onda: “In Lombardia vaccinate oltre il 60% delle 12enni”
Ma la vaccinazione fa ancora paura, infatti, sono ancora forti le incertezze dei medici e le pregiudiziali ideologiche. Le donne chiedono maggiore coerenza tra le informazioni ufficiali e i comportamenti dei sanitari. È quanto emerge da una ricerca qualitativa svolta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna in collaborazione con la Regione.
Si viaggia oltre il 60% di 12enni vaccinate contro l’Hpv in Lombardia per la coorte del 1997 ed oltre il 50% per quella del 1998. Un risultato superiore alla media nazionale, positivo, ma che lascia ancora ampi margini di miglioramento. Segno comunque che il sospetto ingiustificato per questa vaccinazione si va esaurendo, lasciando spazio alla valutazione dei benefici che offre. Tutto questo nonostante vi siano ancora confusione ed incertezza tra gli operatori (medici di famiglia, ginecologi, Asl) e quindi tra le mamme.
È questo lo stato dell’arte relativo alle vaccinazioni contro il papilloma virus tracciato da una ricerca svolta dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna in collaborazione con la Regione Lombardia su un campione di mamme di 3 città lombarde: Milano, Brescia e Lodi.
Dall’indagine è emersa una scarsa conoscenza generale della malattia oncologica e del virus (si crede che l’Hpv derivi da un’infiammazione trascurata, da cattive abitudini alimentari, da rapporti promiscui), o che il virus “ce l’abbiano tutti”. Eppure il percorso di avvicinamento alla vaccinazione è avvenuto in modo simile per tutte le donne: dalla lettera dell’Asl, al consulto con il medico di riferimento, soprattutto ginecologo e pediatra.
In generale un parere chiaro del medico ha avvicinato alla vaccinazione, uno indeciso o non chiaro ha allontanato le mamme. Le donne favorevoli ai vaccini hanno scelto anche le proposte facoltative. E infatti sono positivi i primi dati di vendita e somministrazione del vaccino Hpv al di fuori delle coorti previste dalla sanità pubblica: oltre 3 mila.
“Questi dati ci confortano – spiega Francesca Merzagora, presidente di Onda – ma dimostrano quanto lavoro ci sia ancora da fare per far passare il messaggio che la vaccinazione in generale, e questa in particolare, salva la vita delle persone, con un margine di rischio praticamente pari a zero. Serve davvero un colpo di reni, soprattutto da parte dei medici. Troppo spesso, infatti, risulta che siano loro ad insinuare dubbi tra le donne, con il risultato di spaventarle o confonderle. Senza di loro ogni campagna di sensibilizzazione non otterrà mai un risultato completo”. A questo naturalmente va affiancato il lavoro costante che deve essere svolto dalle Istituzioni.
Per Sergio Pecorelli, presidente dell’Aifa “Ancora oggi si osserva una sorta di rilassamento intorno all’idea dei vaccini, atteggiamento influenzato in gran parte dall’azione svolta dalle molteplici campagne anti-vaccinali, assolutamente contrarie alle direttive e non condivise dal Governo, dal Ministero e dall’Agenzia. Nonostante i risultati auspicati non si siano ancora raggiunti – ha aggiunto – ritengo che aver superato la soglia del 60% sia comunque un dato confortante in considerazione della cautela che sempre accompagna inizialmente ogni campagna. L’azione di promozione della Regione Lombardia, che invita le giovani ragazze a sottoporsi a vaccinazione con una lettera scritta, è senz’altro vincente e può contribuire in maniera importante alla buona riuscita della campagna. Ciò su cui si deve puntare oggi – conclude Pecorelli – è la maggior informazione a medici di base, pediatri e ginecologi, questi ultimi spesso primi referenti delle mamme”.
“L’impegno della Regione – precisa Carlo Lucchina, direttore generale dell’assessorato alla sanità della Lombardia – avviene attraverso varie iniziative, alcune delle quali già in corso, come il sollecito inviato a tutte le Asl affinché rinforzino in sede locale le azioni per favorire l’adesione alla vaccinazione e per il completamento dei cicli vaccinali, come l’introduzione del prezzo agevolato presso la rete ospedaliera per tutte le donne escluse dalle coorti. Oltre 3 mila vaccinazioni con questa offerta, per la quale non è previsto un flusso informativo dedicato, e che sono sottostimante perché legate ai possibili ritardi nella trasmissione dei dati dalla struttura sanitaria dove viene effettuata la vaccinazione alla Asl che ne cura la registrazione”.
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