quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 15 GIUGNO 2011
Farmafactoring: migliorano i conti del Ssn, ma i costi standard non convincono

La ripresa economica e i Piani di rientro hanno portato un miglioramento dei conti del Ssn tale da “escludere un nuovo taglio di risorse” puntando, invece, a “interventi per aumentare l’efficienza e la qualità dei servizi”. È quanto auspica Vincenzo Atella, direttore scientifico della Fondazione Farmafactoring, che presentando oggi a Roma il Rapporto 2011 della Fondazione, ha espresso preoccupazione per i costi standard: “Non è calcolato sulla qualità, ma sulla spesa storica delle Regioni virtuose”.

Buone notizie dal nuovo Rapporto Farmafactoring presentato oggi a Roma. Nel 2010 i conti pubblici hanno registrato un miglioramento, grazie soprattutto ad un quadro macroeconomico meno negativo e ad un controllo più efficace della dinamica delle uscite pubbliche. Tanto che per il Ssn si esclude un nuovo taglio di risorse dopo quello attuato nell’estate del 2010, che rimarrebbero per il 2011-2012 quelle attualmente previste. Si stratta di dinamiche macro, ma anche “il Ssn sembra aver riaddrizzato il tiro , comprese le cosiddette Regioni canaglia”, ha affermato Vincenzo Atella, direttore scientifico della Fondazione Farmafactoring, secondo il quale “il rapporto tra finanziamenti e spesa ora è a un livello di stabilità da evitare ulteriori tagli e per mettere in campo interventi correttivi in grado di migliorare l’efficienza del sistema”.

A preoccupare il direttore scientifico della Fondazione Farmafactoring è, però, il riparto dei fondi e i costi standard. “I criteri per il riparto vanno cambiati, introducendo non tanto indicatori sociali e di povertà, quanto indicatori di prevalenza delle patologie. I bisogni di un territorio non sono infatti definiti dall’età dei suoi abitanti, ma dal loro stato di salute”, ha osservato Atella secondo il quale, peraltro, “i costi standard sono una giusta via, ma non è corretto il modo in cui si sta operando ora per il loro calcolo. Si vuole abbandonare la spesa storia, ma la realtà – ha affermato il direttore scientifico della Fondazione – è che per calcolare i costi standard stanno utilizzando proprio la spesa storica di cinque Regioni virtuose anziché valutare il minimo costo in grado di garantire un buon livello qualitativo di assistenza e di esiti di salute”.
Il tema dei costi standard è stato ripreso anche da Luca Antonini, presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del Federalismo, nel corso di una tavola rotonda svolta nell’ambito della presentazione del rapporto e alla quale hanno partecipato anche Fulvio Moirano, direttore dell’Agenas, e Claudio Cricelli, presidente della Simg.

Antonini ha concordato sul fatto che la spesa storica sia un criterio “sbagliato”, basato sul principio “più spendi, più prendi”. “Occorre introdurre i costi standard, ma il federalismo – ha aggiunto – può rivelarsi importante anche per introdurre il meccanismo di responsabilità e del fallimento politico”. Riguardo al calcolo dei costi standard, Antonini ha dichiarato che la commissione sta procedendo a una “mappatura”. Un lavoro che, per essere fatto con attenzione, richiede che la spesa sia “montata e rimontata”. Un processo che non può permettersi di interrompersi perché, secondo il presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del Federalismo, occorre assolutamente cambiare la realtà italiana che oggi vede “ben 10 Regioni con i Piani di rientro di cui 5 commissariate. E questo, a parità di risorse”.
Positiva, anche da parte di Fulvio Moirano, l’opinione sui Piani di rientro, che “hanno anche permesso di eliminare il ripiano a pie di lista”. Moirano ha voluto tuttavia sottolineare la necessità che si tratti di costi standard “assicurativi” e “non di produzione” per evitare che si trasformino in uno strumento per “tirare la cinghia” in alcune Regioni. “Per me – ha commentato Claudio Cricelli – il benchmark è la salute dei cittadini e i costi standard dovranno eliminare l’attuale situazione che vede il numero di cittadini curati male essere 5 volte superiore a quello dei cittadini curati bene”.

Un auspicio per un federalismo attento ai bisogni dei cittadini e non solo ai conti è stato lanciato anche da Elio Borgonovi, presidente Cergas-Bocconi, che commentando il rapporto ha osservato come siano tre gli aspetti più urgenti di questa fase storica del Ssn. La cronicità, “che ormai coinvolge oltre 25 milioni di italiani, secondo le stime”; il ruolo dei medici di medicina generale “che sta aumentando man mano che si realizzano i nuovi modelli assistenziali, diagnostico terapeutici che spostano la sanità dall’ospedale al territorio”; e il federalismo, appunto, che “può spingere le realtà italiane a convergere se si utilizzano buoni strumenti e si diffondono in modo omogeneo, altrimenti le divergenze rischiano di allargarsi ancora di più”.

Rispetto allo stato attuale, il Rapporto evidenzia come “dal 2002 ha preso avvio una nuova stagione di revisione degli assetti di sistema, in cui gli interventi di ‘ingegneria istituzionale’, già avviati o comunque proposti, si sono moltiplicati e molte regioni hanno così provveduto alla ridefinizione di Asl e Ao”. In generale quello che si è osservato è una riduzione del numero di Asl e Ao, diminuite del 28% dal 2002 al 2010. In particolare, dal 1992 al 2010 le Asl sono passate da 659 a 146, mentre le Ao sono rimasta sostanzialmente invariate (erano 81 nel 1999 e 82 nel 2010). “Se questo è un dato positivo, non lo è, invece, la maggiore instabilità dei direttori generali”, si legge sul Rapporto, in cui si spiega che i Dg durano in carica in media 3 anni e 11 mesi, un tempo troppo breve per portare a termine progetti.
Diminuite, tra il 1998 e il 2008, le dimissioni (-3,7%) ospedaliere ma anche le giornate di ricovero (-14%). Al contrario, le prestazioni totali erogate in regime di day hospital sono aumentate progressivamente (+50%).

Grande attenzione da parte del Rapporto anche alla medicina generale. In particolare, Farmafactoring rileva che i medici di medicina generale, in un anno visitano, il 60% dei propri pazienti, anche se i contatti medi cambiano a seconda dello stato di salute dei pazienti. I 10 contatti medi per pazienti, infatti, salgono a 15 in caso di pazienti obesi o diabetici, e raggiungono 25 tra gli scompensati.
Sempre sul lato dell’assistenza erogata dai medici di famiglia, le analisi mostrano che la voce di spesa principale è quella per farmaci, seguita dai ricoveri ospedalieri richiesti dai mmg. Tra il 2001 e il 2009, la spesa per accertamenti diagnostici pro-capite è cresciuta del 74%, “perché è andata orientandosi verso esami più costosi”, sottolinea il Rapporto; quella per farmaci del 42% - con un brusco rallentamento a partire dal 2006, per effetto del calo dei prezzi - e quella ospedaliera del 25%.
Quanto alla distribuzione della spesa per età, il picco si registra tra i 55 e i 75 anni, e si abbassa superata quell’età – come dire che chi invecchia di più, invecchia in maggior salute. Ma ciò che rileva è che, rispetto alla media nazionale, ci sono scostamenti della spesa pro-capite troppo rilevanti per essere spiegati solo sulla base di differenze nella distribuzione dei bisogni di salute della popolazione: ad esempio nel 2009, contro una media italiana di 385,1 euro, il Lazio spendeva 438, l’Emilia-Romagna 431, la Puglia 422 euro.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA