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Martedì 27 SETTEMBRE 2016
Da ex Cgil, dico Sì al referendum per il bene dell’Italia e della Sanità
Gentile Direttore,
la riforma Costituzionale fa bene all’Italia e fa bene alla sanità. Con questa convinzione abbiamo dato vita, nel giugno scorso, ad un Comitato "Umbria sanità per il SÌ". La questione è troppo rilevante per il nostro futuro come cittadini ma anche come operatori della sanità. E non si può lasciare in mano ai soli tecnici. O peggio alla deriva strumentale delle polemiche politiche.
Riteniamo che questa Riforma produca la tanto attesa modernizzazione dei meccanismi di funzionamento delle Istituzioni. Renda la seconda parte della Costituzione più efficiente, e più concreti e fruibili i Principi e i Diritti contenuti nella prima parte della Carta.
Tra questi ci interessa l'art. 32, quello che stabilisce la responsabilità dello Stato nella tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo.
Questo non cambia, ma con la riforma lo Stato si riprende questa responsabilità e si pongono le condizioni perché si realizzi quanto stabilito dallo stesso.
Viene modificato il Titolo V, si supera la legislazione concorrente tra Stato e Regioni, si stabilisce il primato statale sulle politiche sanitarie.
Con il nuovo art. 117 (punto m) lo Stato non si limita alla definizione dei LEA ma assume anche la responsabilità di fissare le 'disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali'. Le Regioni assumono la piena responsabilità nella programmazione e organizzazione dei servizi sanitari.
Si introduce inoltre la 'clausola di supremazia' dello Stato che gli consente di intervenire sulle materie non di sua competenza esclusiva quando lo richiedano l'unità giuridica, economica o gli interessi nazionali.
Questa clausola la si può interpretare erroneamente come una svolta “neocentrista”. Ma solo se ci si ferma a guardare con il bilancino astratto della distribuzione dei poteri specifici tra Stato e Regioni, trascurando il nuovo assetto complessivo che proietta le Regioni nel cuore dello Stato, con il Senato delle autonomie locali.
Inoltre se si pensa al diritto alla salute dell’Art. 32 e si mette al centro il cittadino, si comprende che è obbligo dello Stato non lasciare nessuno indietro e intervenire laddove i governi regionali, nella loro azione di programmazione e organizzazione siano carenti nel garantire questo diritto.
Per questo più significativamente dovremmo chiamarla Clausola di Unità Nazionale perché stabilisce uguale diritto per tutti i cittadini. E in sanità assume un rilievo speciale.
Cambia finalmente quella riforma del Titolo V del 2001 che oggi è considerata disastrosa anche da chi l’ha scritta e voluta.
Nessun rimpianto potrà esserci se si pensa ai problemi della sanità imputabili in misura non trascurabile a quella riforma, che ha delegato di fatto completamente la sanità alle Regioni.
Basti pensare agli scandali che hanno coinvolto (chi più, chi meno) pressoché tutte le regioni italiane. Oppure ai LEA che oggi sono garantiti solo in 10 regioni (e con i nuovi LEA, appena approvati, la situazione non potrebbe che peggiorare). O al fatto che 8 regioni sono ancora in deficit di bilancio (con 2 appena rientrate), e 31 Aziende Sanitarie su 108 hanno bilanci in rosso.
Insomma un sistema disfunzionale e iniquo strutturato sul corto circuito dell'autoreferenzialitá delle regioni che ci ha regalato 21 diversi sistemi sanitari regionali. Con quasi la metà dei cittadini italiani a cui non viene garantito appieno il diritto alla salute.
E paradossalmente chiamati anche a pagare di più attraverso incrementi IRPEF, IRES, Ticket, e la contrazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie. Oltre al danno la beffa: si paga di più e si hanno meno servizi.
Ora tutto questo non sarà superato con il SÌ al referendum come se fosse una bacchetta magica.
Riteniamo tuttavia che con il SÌ si semplifichi e si velocizzi in generale l’iter legislativo, con la possibilità di adeguare più rapidamente le regole alle mutate esigenze. E di questo c’è bisogno in sanità e ovunque.
Nella sanità in particolare, si pongono i presupposti istituzionali per ricucire la frammentazione regionale del SSN e garantire la stessa qualità di cure e lo stesso diritto alla salute a tutti i cittadini, in maniera uniforme, in qualunque luogo del Paese essi vivano. Un’occasione anche per la sanità, da non sprecare.
PS. Con l’occasione e per opportuna conoscenza dei suoi lettori, che finora hanno letto i miei interventi come “Responsabile Nazionale medicina convenzionata e membro della Segreteria Nazionale della FP CGIL Medici”, Le comunico che mi sono dimesso dalla carica nel maggio scorso con una lettera inviata al segretario nazionale della FP CGIL Medici, Massimo Cozza, con la quale spiego le mie motivazioni.
In sintesi, dopo 15 anni in questo ruolo di responsabilità ho ritenuto di prendere questa decisione, molto sofferta, perché non ho condiviso e non condivido la linea politica generale della CGIL (non della fp cgil medici) di contrapposizione al Governo Renzi. Una opposizione ideologica pregiudiziale, tutta politica, di cui non vedo esiti positivi e che a mio avviso travalica la naturale e giusta dialettica sindacale. Anche la scelta della CGIL nel Referendum Costituzionale, per quanto detto sopra, rafforza ulteriormente questa mia convinzione e decisione.
Pertanto non potendo più svolgere efficacemente il mio ruolo nel sindacato con la passione che deriva dalla coerenza con le proprie idee, ho deciso di lasciare l’incarico.
Rimango grato alla CGIL, alla CGIL FP e alla CGIL Medici, per avermi consentito questa esperienza e per aver sempre ricambiato il mio impegno con fiducia, affetto e stima.
Nicola Preiti
Coordinatore Comitato Umbria Sanità per il SI
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