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Lunedì 26 SETTEMBRE 2016
Tumore al seno. Schittulli (Lilt): “Nel 2016 48mila casi e il 30% in donne sotto i 50 anni che non hanno diritto agli screening gratuiti. Per questo la soglia di accesso va abbassata”

Per il presidente della Lega italiana per la lotta ai tumori è questa l'unica strada per scongiurare la crescita dei casi tra donne sempre più giovani. Anche perché il cancro al seno tra le quarantenni non è più un evento raro. "È evidente che ampliare la fascia di età coinvolta nello screening è un investimento. Si potrebbeanche pensare di introdurre modelli di compartecipazione, riservando la gratuità ai redditi più bassi. Le soluzioni si trovano, ma bisogna volerlo". Oggi al via la nuova campagna Lilt

“La prevenzione è un messaggio per tutte noi”. E’ questo il claim che caratterizzerà la XXIV edizione della campagna “LILT for Women – Campagna Nastro Rosa 2016” presentata oggi dalla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori e in programma per tutto il mese d’ottobre. Se il tumore alla mammella continua ad essere sempre più frequente tra le donne, registrando un aumento di oltre il 15% nell’ultimo quinquennio, è infatti anche vero che una diagnosi precoce può portare alla guarigione in oltre il 95% dei casi. Tuttavia oggi la percentuale di donne che riesce a vincere questa neoplasia è ferma all’80-85%. Una soglia che, pur molto alta, resta comunque al di sotto delle sue potenzialità, soprattutto a causa delle diagnosi tardive che caratterizzano alcuni casi, specie nel Mezzogiorno d’Italia.
 
Per questo la Lilt torna a sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione. Un messaggio che deve arrivare forte anche alle giovani perché, come spiega il presidente della Lega, prof. Francesco Schittulli, senologo-chirurgo in questa intervista, “l’incidenza tra le giovani sta crescendo, e questo trend preoccupante va fermato prima che il numero delle vittime diventi drammatico”.
 
Professor Schittulli, il tumore alla mammella è da sempre il più frequente tra le donne. Gli ultimi dati che trend di incidenza segnalano?
I casi continuano ad aumentare, registrando un incremento di oltre il 15% nell’ultimo quinquennio. Si stima che nel 2016 saranno circa 48mila le donne che riceveranno una nuova diagnosi di tumore alla mammella e che nel 2017 saranno oltre 50mila. Il 30% di questi casi riguarderanno donne di età inferiore ai 50 anni, dunque escluse dai programmi gratuiti di screening del Servizio Sanitario Nazionale, riservati alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni.
 
In questo 30% rientrano anche casi di donne molto giovani?
Stiamo effettuando degli approfondimenti per avere dati certi, ma posso dirle per mia stessa esperienza che il cancro alla mammella non è più un evento raro tra le quarantenni. Nel solo mese di settembre io stesso ho effettuato 5 interventi di cancro al seno e in tre casi si trattava di donne rispettivamente di 31 e 32 e 38 anni. È un fenomeno molto allarmante di cui dobbiamo tutti farci carico: cittadini, operatori sanitari e istituzioni. Non possiamo aspettare che il numero delle vittime salga a livelli severi per mettere in campo azioni efficaci di prevenzione.
 
I programmi di screening gratuiti si rivolgono oggi solo alle donne sopra i 50 anni di età. Ritiene che la fascia di età coinvolta dovrebbe essere allargata fino ad includere le più giovani? E questo come potrebbe realizzarsi considerati i problemi di sostenibilità economico-finanziari del Servizio Sanitario Nazionale?
Le considerazioni economiche dovrebbero anche tenere conto delle conseguenze di determinate scelte. Se io mantengo la donna in un buono stato di salute nel corso della vita, ella sarà una risorsa economica e sociale per il Paese e per la propria famiglia. I costi a carico del SSN per mantenere una donna in salute saranno peraltro più contenuti di quelli necessari ad assisterla qualora si ammalasse. Si tratta di avere uno sguardo ampio e di lungo respiro sulle ripercussioni che la malattia ha sul sistema sanitario, sul Paese e sulle famiglie. Se applica questo sguardo, diventa evidente che ampliare la fascia di età coinvolta nello screening è un investimento. Si potrebbe inoltre pensare di introdurre modelli di compartecipazione, riservando la gratuità ai redditi più bassi. Le soluzioni si trovano, ma bisogna volerlo.
 
Quali sono le cause dell’aumento del tumore alla mammella?
Sicuramente l’aumento dell’aspettativa di vita delle donne e dei fattori di rischio quali fumo, sovrappeso, diabete, ipertensione, sedentarietà e cattiva alimentazione. Nel caso delle neoplasie femminili entra inoltre in gioco anche l’attività riproduttiva, l’età del menarca, che negli anni si è progressivamente abbassata, l’allungamento dell’età della prima gravidanza, il ridotto numero di figli, la menopausa tardiva. Elementi tutti che aumentano i rischi di sviluppare il cancro al seno, così come l’abbandono o la riduzione della pratica dell’allattamento al seno.
 
A cosa va, invece, il merito della ridotta mortalità?
All’introduzione di una diagnostica strumentale sempre più sofisticata, attenta, precisa, puntuale. La rivoluzione dell’imaging ci consente oggi di scoprire lesioni del seno anche di pochi millimetri, cioè quando l’indice di malignità, il grado di aggressività del tumore è ancora molto basso e il processo di metastatizzazione pressoché nullo. Questo significa che su quella lesione si può intervenire in modo non invasivo, senza deturpare il seno, garantendo alla paziente una possibilità di guarigione che supera il 90%. Questi aspetti vanno evidenziati e comunicati nel modo più ampio possibile, perché le altissime possibilità di guarigione e di conservazione totale del seno, dunque del simbolo della propria femminilità, possono rappresentare un incentivo importante per l’adesione delle donne a uno stile di vita incentrato sulla prevenzione.
A permettere la riduzione della mortalità è stata anche l’introduzione di farmaci intelligenti a bersaglio, che colpiscono cioè le cellule tumorali senza intaccare quelle sane.
È inoltre cresciuta la cultura della prevenzione come metodo di vita, su cui bisogna insistere. E’ comunque innegabile che questa cultura abbia compiuto negli ultimi anni passi da gigante. Anche grazie al coraggio di molte donne, famose e non, che si sono esposte e hanno raccontato la loro storia, comunicando al mondo quanto la prevenzione e la diagnosi precoce siano importanti per vincere la battaglia contro il cancro al seno.
Questo lavoro di comunicazione, come detto, deve continuare, e coinvolgere anche gli uomini, affinché si facciano difensori della salute delle loro donne, delle loro figlie, delle loro madri.
 
Le campagne di sensibilizzazione quindi danno i loro frutti…
Assolutamente. La partecipazione delle donne è sempre più ampia e le donne hanno ancora una volta dimostrato davvero di avere una marcia in più: coraggio e determinazione. Hanno abbattuto i tabù e gli stigma, sono informate e vogliono esserlo sempre di più, hanno portato nelle piazze e hanno messo il proprio volto a disposizione di tematiche su cui 20 anni fa regnava una sorta di oscurantismo, di scaramantico silenzio, vergogna o pietismo. Oggi le donne non si vergognano più di parlare di tumore al seno. Sanno di poterlo sconfiggere, e in questa battaglia non si sentono meno femminili delle altre donne, né più deboli. Anzi.
 
L’autopalpazione può essere considerata importante nell’ambito della prevenzione?

Certo. Come Lilt abbiamo anche l’obiettivo di creare sinergie con le scuole secondarie per poter promuovere programmi di prevenzione e di formazione sull’autopalpazione tra le ragazze. L’autopalpazione rappresenta una preziosa forma di educazione, per avvicinare le ragazze alla problematica e per invitarle a conoscere ogni centimetro del proprio seno.
Attenzione, però, l’autopalpazione non deve mai sostituire le visite di controllo e l’esame clinico specialistico. Non è un mezzo diagnostico. Questo va detto chiaramente per evitare che una donna sia convita di stare bene anche se così non è. Ciò non toglie che, conoscendo bene il proprio seno, una donna possa anche accorgersi di eventuali cambiamenti rispetto ai mesi precedenti e dunque rivolgersi al proprio medico per gli eventuali approfondimenti e accertamenti.
 
Ad una donna o ragazza che non abbia mai avuto casi di tumore alla mammella in famiglia, quali controlli consiglierebbe di fare?
L’autopalpazione deve cominciare durante l’adolescenza. A partire dai 25 anni di età consiglierei di effettuare ogni anno una visita senologica e una ecografia, a cui aggiungere – a partire dai 40 anni – la mammografia.
 
Ottobre sarà il mese della campagna Lilt. Qual è il messaggio che rivolgerete alle istituzioni in questa occasione?
La guaribilità del cancro al seno si attesta oggi intorno all’80-85% dei casi. Il che comunque significa che il 15-20% circa delle pazienti che affronta la malattia non riesce a superarla, soprattutto a causa di una diagnosi tardiva. Dobbiamo intervenire per salvare quel 15-20% di donne. La Lilt deve fare la propria parte, e le istituzioni devono fare di più, ampliando i programmi di screening e incrementando l’adesione delle donne agli stessi, ma anche garantendo una rete di strutture specialistiche “dedicate” alla senologia e di professionalità specializzate al trattamento di questa specifica patologia. Salvare quelle vite è una nostra comune responsabilità.
 
Lucia Conti

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