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Martedì 07 GIUGNO 2016
Reti oncologiche, Pdta e dati di real life per garantire l’innovazione terapeutica
Ma anche attivazione di sistemi informativi che leghino dati di appropriatezza prescrittiva ed efficienza economica all’esito delle terapie. Si è svolto a Napoli il secondo di una serie di incontri che vedono istituzioni, oncologi, farmacisti e anatomopatologi a confronto sui modelli di governo dell’innovazione farmaceutica.
Diffusione delle reti oncologiche, definizione dei Percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali (Pdta), selezione dei Centri prescrittori, attivazione di sistemi informativi che “parlino la stessa lingua” e leghino i dati di appropriatezza prescrittiva e di efficienza economica all’esito delle terapie. E ancora, ricorso alla Hta, coinvolgimento di gruppi di lavoro di valutazione del farmaco in seno alle Commissioni terapeutiche regionali, individuazione delle Unità farmaci antitumorali centralizzate (Ufa) e poi diffusione dei dati real life, ricorso al Vial sharing, attuazione del Drug day e inserimento del Test diagnostico di selezione biomolecolare all’interno del Pdta.
Sono questi solo alcuni dei molti strumenti che le Regioni potrebbero adottare per garantire da un lato il governo della spesa per l’assistenza farmaceutica, quindi sostenibilità ed equità d’accesso alle cure, dall’altro innovazione e sperimentazione di nuovi farmaci che migliorino esiti e qualità dell’offerta sanitaria. Per aprire le porte anche alla sostenibilità delle innovazioni terapeutiche che si affacceranno nei prossimi anni.
Ma il cammino è ancora accidentato. I percorsi da seguire non sono stati delineati in tutte le Regioni come dimostrano i risultati preliminari del progetto di ricerca “La governance dell’innovazione farmaceutica in Italia” della Scuola Superiore Sant’Anna, presentati nel corso del workshop “Il governo dell’innovazione farmaceutica: modelli di gestione sostenibile dei farmaci oncologici innovativi ad alto costo” organizzato nei giorni scorsi da Motore Sanità a Napoli, nella sede della giunta regionale. Il secondo di una serie di incontri che si terranno nelle principali città italiane per capire come sostenere l’innovazione farmaceutica alla luce della difficile sfida della sostenibilità economica.
La ricerca - condotta dal Laboratorio management e sanità Istituto di Management Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con il Dipartimento di scienze biomediche e neuro motorie Alma Mater Studiorum (Bologna) e il supporto non non condizionate di Msd che si concluderà alla fine del 2016 - ha mappato i diversi modelli di governance dell’innovazione farmaceutica in 10 Regioni italiane con l’obiettivo di rilevare le best practice e i modelli digovernance virtuosi idonei a favorire la diffusione e garantire sostenibilità, equità e qualità nell’accesso ai nuovi farmaci oncologici ad alto costo. Lo scenario emerso è ad alta variabilità con differenze anche importanti tra le varie Regioni (vedi approfondimento). Solo il 50% delle Regioni sotto la lente è supportata dalle reti oncologiche, il restante si affida nelle scelte da una rete professionale senza un mandato preciso o ad una rete auto-organizzata. E anche per i sistemi informativi senza i quali non esiste un governance per valutazione, costi, rischi e performance le differenza sono elevate.
Gli scenari in Campania. La Regione sta rimettendo in moto la macchina e gli scenari sono complessi. Il Piano ospedaliero regionale che contiene indicazioni importanti per la rete oncologica è stato tradotto in decreto commissariale e trasmesso alla fine del mese di maggio ai ministeri della Salute ed Economia per il via libera definitivo. Sul fronte delle malattie in oncologiche l’allerta è alta: come emerge dal Por, c’è un trend in aumento di alcuni tumori quali mammella, colon retto, tiroide, prostata, seppure in linea con i corrispettivi trend rilevati a livello nazionale e soprattutto il persistere di una minore sopravvivenza oncologica. In particolare su quest’ultimo aspetto pesano: una perdurante bassa compliance degli screening; difficoltà di accesso alle strutture sanitarie di diagnosi e cura da parte delle fasce di popolazioni più deboli e a rischio; un frazionamento dei percorsi sanitari (migrazione sanitaria, notevole presenza di strutture sanitarie private convenzionate) in assenza di uno standard di qualità di riferimento, sia di tipo diagnostico che terapeutico. Un aspetto quest’ultimo che impedisce, tra l’altro, la realizzazione di una analisi, oltre che dei costi, anche della qualità delle prestazioni rese. Insomma per la Regione la costruzione della rete oncologica non è più procrastinabile.
“Per cambiare la programmazione – ha detto Joseph Polimeni, Commissario ad Acta per l’attuazione del Piano di Rientrodai disavanzi del Settore Sanitario della Regione Campania– il sistema sanitario deve avere un approccio complessivo su diversi ambiti: ospedaliero, preventivo, territoriale e culturale. E per dare accesso ai farmaci innovativi bisogna capire bene quali sono quelli realmente innovativi, cercando di mettere in campo azioni che traducano l’accessibilità in modo chiaro e esplicito alle aziende. Bisogna quindi puntare sull’appropriatezza prescrittiva (indicazioni timing) e sull’efficienza prescrittiva (scelta della molecola per la terapia del paziente) e su politiche giuste di valorizzazione delle aziende: payment by result e risk sharing.Così come va incentiva la ricerca clinica. Anche per quanto riguarda la sostenibilità – ha aggiunto – bisogna trovare indirizzi, a livello nazionale, che vadano nella direzione di responsabilizzazione delle aziende produttrici”. E ancora, per Polimeni bisogna agire sul fronte dei flussi informativi: “Sono essenziali per poter governare e monitorare i processi e la regione Campania non è delle migliori in questo ambito. Abbiamo i dati ma non le informazioni utili per i clinici e i farmacisti necessarie ad assumere le decisioni giuste”.
E la Regione si sta preparando alle grandi sfide ha assicurato Claudio D’Amario, Sub commissario alla sanità. “In Regione c’è ancora molto da fare ma stiamo lavorando – ha affermato – abbiamogià inserito nel piano nazionale ospedaliero una bozza di rete oncologica per passare all’operativa e attivare un Pdta che abbia un approccio globale. Dobbiamo agire su più fronti dalla presa in carico dei pazienti oncologici fino alla terapia migliore da adottare. Poi c’è la parte di controllo di gestione con la centralizzazione degli acquisti che consente di evitare sprechi e dispersione di risorse. Bisogna ridurre i magazzini. Occorre un sistema di tipo budgetario che possa dare qualità ed efficienza al sistema sanitario campano. Un sistema che deve migliorare la gestione piuttosto che implementare le risorse”.
Nonostante le molte lacune esistenti, i professionisti campani sono un fiore all’occhiello del sistema, ha ricordato Paolo Ascierto, Presidente della Fondazione Melanoma dell’Uo Medica e Terapie Innovative Irccs Fondazione Pascale: “La Campania ogni anno aggiorna le linee guida per le varie patologie creando basi solide per l’attivazione di percorsi diagnostico terapeutici – ha detto – non solo, sul fronte dell’innovatività e dell’immunoterapia siamo stati una delle prime Regioni ad utilizzare queste terapie trattando fino a 500/600 pazienti. Abbiamo quindi basi solide e competenze per la realizzazione di Pdta. Dobbiamo puntare su Centri di eccellenza non accentrando le cure in un unico centro come ha fatto, per il melanoma, il Veneto. La regione Campania ha individuato più Centri prescrittori, per esempio la struttura di Napoli ha trattato nel 2015 il 94% dei pazienti con melanoma a fronte di una spesa di 7 milioni di euro. Con il Drug day siamo arrivati a un importante risparmio: un paziente su cinque è stato curato gratuitamente”.
E' anche fondamentale per Ascierto la rete oncologica insista sulla multidisciplinarietà e risolva difficoltà logistiche che non consentono ai pazienti un accesso alle cure: “Abbiamo i farmaci, ma non i posti dove trattarli. Quella che abbiamo attivato è una rete virtuale e dobbiamo ora tradurla in un sistema a regime”. Ma la scommessa di oggi è trovare il modo per permettersi le cure conquistate. In Campania i farmaci innovativi sono rimborsati solo al 70%. “Non si scappa da questa necessità – ha aggiunto – la sostenibilità economica delle cure è di sicuro un problema serio, ma non si può ragionare in termini economicistici: il rischio è che si arrivi a decidere se approvare oppure no un farmaco esclusivamente sulla base delle disponibilità economiche di un Paese o di una Regione; si pensi in questo senso a quello che è successo recentemente con i farmaci contro l’epatite C. Forse sarebbe necessario che i Governi siglassero degli accordi con le companies del farmaco in modo da permettere l’aumento degli investimenti in ricerca di queste aziende, garantendo al tempo stesso, una spesa sanitaria sostenibile a fronte, ad esempio, di un accesso più rapido alle cure. Comunque il problema è serio e fino a quando il prezzo dei farmaci non verrà controllato in qualche modo, la soluzione non sarà facile. Prima del 2011 un paziente con melanoma arrivava a 6-9 mesi di sopravvivenza – ha concluso – oggi il 20% dei soggetti colpiti da melanoma può essere cronicizzato. E possiamo affermare che i nuovi immunoterapici ci fanno sperare che quel 20% possa aumentare, sino addirittura a raddoppiare”.
Per Luigi Riccio, Dirigente Uod 11 Programmazione/Pianificazione sanitaria “occorre rivalutare la spesa produttiva e premiare l’innovazione reale, quella che fa la differenza nella salute delle persone: uno strumento efficace per premiare l’innovazione è il modello di determinazione dei prezzi che si fonda sul valore percepito (value-based pricing) e stimato nell’uso dei farmaci, più che sul mero costo del prodotto. Un valore da proiettare nel tempo perché il ciclo di vita dei farmaci oncologici innovativi ha un’estensione di gran lunga superiore rispetto al ciclo medio di mercato e il vero valore del farmaco emerge dal suo utilizzo nel lungo periodo, e non solo dai risultati dei trial clinici valutati al momento dell’immissione in commercio. Bisogna individuare i centri prescrittori e arrivare alla copertura dei farmaci al 100%. Il Pascale è stato per la cura del melanoma un centro di eccellenza ed è stato un centro di riferimento per il meridione”.
Ha puntato i riflettori sul problema della mancanza di una regolamentazione chiara sulla rimborsabilità delle indagini molecolari dei test diagnostici e sull’importanza del biomarcatore in grado di selezionare la popolazione in maniera accurata e di individuare chi ha veramente bisogno di un farmaco ad alto costo, Elena Vigliar, Anatomopatologo del Laboratorio di Biologia molecolare Università degli Studi di Napoli Federico II.
“Nell’ambito delle problematiche connesse alla validazione ed ottimizzazione delle reti oncologiche regionali e dei Pdta, un momento critico legato alla stessa “presa in carico” del paziente oncologico riguarda la attività diagnostica oncologica – ha spiegato – oggi questo momento non è solo inteso come un corretto percorso clinico corredato da una precisa diagnosi anatomopatologica, basata su consolidati parametrici istologici, ma è anche considerato come integrato dalla valutazione molecolare della neoplasia, studio imprescindibile per l’identificazione di biomarcatori predittivi di risposta a terapie con farmaci innovativi e per l’avvio del paziente a trattamenti mirati e personalizzati, più efficaci e tollerati”. Una stretta integrazione tra la tradizionale valutazione anatomo-patologica e l’innovativo profilo molecolare che ha contraddistinto la diagnostica oncologica svolta alla Federico II.
“Laboratori affiancati e coordinati di istopatologia e di biologia molecolare, all’avanguardia nella implementazione di tecnologie avanzate – ha aggiunto – consentono una valutazione integrata evitando la frammentazione del processo diagnostico, garantendo in tempi rapidi una sempre più precisa selezione dei pazienti che possano realmente beneficiare di una terapia target. Investire sulla qualità della diagnosi permette, certamente, di ottimizzare i livelli di appropriatezza terapeutica. Abbiamo gestito elevati flussi di lavoro, pur in assenza di chiare politiche regionali di rimborso delle prestazioni erogate. Eppure la gestione delle risorse economiche in campo diagnostico è cruciale: se è vero che per i farmaci innovativi ad alto costo è prevista una rimborsabilità pari al 70%, ad oggi – ha chiosato – non esiste una regolamentazione chiara relativa alla rimborsabilità delle indagini molecolari per la predizione di risposta a questi farmaci. Risposte in tal senso sono necessarie per la corretta programmazione terapeutica dei pazienti oncologici”.
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