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Lunedì 16 MAGGIO 2011
Vendita farmacie. I  licenziamenti dei collaboratori sono nulli anche in caso di cessione dell’azienda

La Cassazione conferma il reintegro, da parte del nuovo proprietario della farmacia, di una collaboratrice licenziata senza giusta causa dall’affittuario della stessa farmacia prima della vendita dell’esercizio. Motivo: l’affitto non interrompe la continuità dei diritti dei lavoratori rispetto alla proprietà dell’azienda.

In caso di trasferimento di azienda, i rapporti di lavoro in atto prescindono dall’esistenza di un rapporto contrattuale tra l’imprenditore uscente e quello che subentra nella gestione dell’azienda, mentre assume rilievo la circostanza che vi sia continuità nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Questo è quanto viene stabilito dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 10340 dello scorso 11 maggio 2011.
La fattispecie presa in esame, riguarda il caso di una dipendente di una farmacia che esponeva di aver prestato servizio come commessa alle dipendenze del titolare cedente dell’attività, e poi di essere stata licenziata dal farmacista cessionario. Dopo aver fatto riferimento anche a uno scambio di lettere avvenuto successivamente tra lei e il cessionario, deduceva che il rapporto doveva ritenersi non risolto a causa di una successiva revoca del licenziamento e che, comunque, era configurabile la nullità o l’illegittimità del provvedimento espulsivo. Conseguentemente, chiedeva la condanna del datore di lavoro che aveva comminato il licenziamento al pagamento delle dovute retribuzioni e alla restituzione dell’indennità di mancato preavviso, nonché la condanna in solido di entrambi i datori di lavoro al pagamento di una serie di spettanze relative al periodo precedente al trasferimento d’azienda.

Il datore di lavoro che aveva licenziato la dipendente sosteneva l’infondatezza delle domande, e non vedeva accolta la sua richiesta di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo soggetto che era stato affittuario della farmacia per un certo periodo precedente al trasferimento d’azienda, e che a detta del datore di lavoro doveva essere ritenuto vero titolare del rapporto di lavoro, al fine evidentemente di esserne manlevato.
I giudici della Corte d’Appello, ritenendo che la disciplina del trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c. fosse applicabile anche nel caso di affitto d’azienda hanno ravvisato, nel caso in esame, due ipotesi di trasferimento di azienda: dall’affittuario di fatto della farmacia al primo acquirente farmacista e poi da quest’ultimo, in qualità di cedente, al definitivo cessionario che ha comminato il licenziamento.
Con riferimento alla risoluzione o permanenza del rapporto, i giudici di merito hanno ritenuto che non vi fosse una prova adeguata né del licenziamento né delle dimissioni, pertanto il rapporto di lavoro si doveva ritenere ancora giuridicamente in essere. Non vi erano quindi i presupposti per un’indennità sostitutiva del preavviso e neppure era dovuta la retribuzione per il periodo successivo al licenziamento, per il principio di corrispettività in mancanza di prestazioni lavorative, ma spettava invece, a titolo di indennità risarcitoria, la retribuzione dal momento della costituzione in mora del creditore.

Nel suo ricorso per Cassazione, il farmacista che ha comminato il licenziamento poneva come principale motivo la violazione dell’art. 2112 c.c., sostenendo che non era applicabile la disciplina del trasferimento d’azienda nel passaggio della gestione tra l’affittuario della farmacia e il primo acquirente farmacista, dato che il contratto di affitto era simulato in quanto inteso a dare una copertura giuridica alla gestione diretta della farmacia da parte del soggetto affittuario, radicalmente nulla perché in violazione delle norme di legge che consentono solo in alcune ipotesi specifiche – non ricorrenti in questo caso – la deroga alla regola della gestione diretta e personale della farmacia da parte del titolare.
Inoltre, il ricorrente lamentava il mancato esame, da parte dei giudici di merito, della tesi relativa alla dedotta nullità del contratto d’affitto ribadendo che tale nullità comportava la non configurabilità del trasferimento d’azienda.
La Suprema Corte ha ritenuto le suddette motivazioni infondate, dal momento che l’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 2112 c.c. circa l’incidenza del trasferimento d’azienda sui rapporti di lavoro prescinde dall’esistenza di un rapporto contrattuale tra l’imprenditore uscente e quello subentrante nella gestione aziendale, assumendo rilievo, invece, la circostanza che vi sia continuità nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, restando adeguatamente conservato il complesso organizzato dei beni dell’impresa e l’oggetto di quest’ultima.
Per i giudici della Corte di Cassazione, la sentenza della Corte d’Appello è rispettosa di questi principi, precisando che, ai fini della disciplina dei rapporti di lavoro, non può assumere rilievo il fatto che sia intervenuto un affitto d’azienda non consentito dalla disciplina amministrativa sulle facoltà dei titolari delle farmacie.
          
Avv. Paolo Leopardi
 

 

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